L’articolo prende in esame gli intensi e numerosi testi autobiografici dei soldati trentini inquadrati nei cosiddetti “battaglioni degli italiani”, impegnati sul fronte orientale e impiegati per lo più nel pattugliamento delle retrovie, finché non furono trasferiti, dalla primavera del 1918, lungo la frontiera tra la Galizia e l’Ucraina e della Valacchia rumena. La guerra diviene “una fucina di scrittura” e un vero e proprio “laboratorio sociale”: gli eventi bellici resero la vita dei commilitoni degna di essere raccontata in quanto “vita-di-guerra”. Dalle testimonianze autobiografiche dei soldati trentini, emergono motivi di disagio, di disorientamento, di dolore e di solitudine, a partire dall’incomprensione linguistica, intramezzati, in rari casi, da momenti in cui i soldati riuscivano ad instaurare rapporti migliori con i graduati di altre nazionalità soprattutto quando potevano farsi capire verbalmente. Una parte importante di questi scritti riguarda i contatti in Ungheria tra i soldati trentini e la popolazione ungherese. Purtroppo, all’operato dei militari trentini durante il conflitto non venne riconosciuto alcun valore né le loro sofferenze furono prese nella dovuta considerazione. In effetti, il destino di quei soldati, malvisti dagli austriaci e successivamente guardati con sospetto dagli italiani, non importava a nessuno.
Carla Corradi Musi, (2017). L’Ungheria e gli ungheresi negli scritti dei soldati trentini della Grande Guerra. Budapest : Research Centre for the Humanities of the Hungarian Academy of Sciences.
L’Ungheria e gli ungheresi negli scritti dei soldati trentini della Grande Guerra
Carla Corradi Musi
2017
Abstract
L’articolo prende in esame gli intensi e numerosi testi autobiografici dei soldati trentini inquadrati nei cosiddetti “battaglioni degli italiani”, impegnati sul fronte orientale e impiegati per lo più nel pattugliamento delle retrovie, finché non furono trasferiti, dalla primavera del 1918, lungo la frontiera tra la Galizia e l’Ucraina e della Valacchia rumena. La guerra diviene “una fucina di scrittura” e un vero e proprio “laboratorio sociale”: gli eventi bellici resero la vita dei commilitoni degna di essere raccontata in quanto “vita-di-guerra”. Dalle testimonianze autobiografiche dei soldati trentini, emergono motivi di disagio, di disorientamento, di dolore e di solitudine, a partire dall’incomprensione linguistica, intramezzati, in rari casi, da momenti in cui i soldati riuscivano ad instaurare rapporti migliori con i graduati di altre nazionalità soprattutto quando potevano farsi capire verbalmente. Una parte importante di questi scritti riguarda i contatti in Ungheria tra i soldati trentini e la popolazione ungherese. Purtroppo, all’operato dei militari trentini durante il conflitto non venne riconosciuto alcun valore né le loro sofferenze furono prese nella dovuta considerazione. In effetti, il destino di quei soldati, malvisti dagli austriaci e successivamente guardati con sospetto dagli italiani, non importava a nessuno.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.