In linea di principio Galileo è un convinto sostenitore di una netta separazione tra scienza e letteratura, trattandosi per lui di due stili di pensiero antitetici, che si esprimono con due tipi di linguaggio diversi, quello scientifico di tipo denotativo, quello letterario di tipo connotativo. Sul piano concreto la realtà è però molto diversa perché Galileo ha mostrato durante tutta la vita di scienziato di essere sempre stato molto sensibile al valore anche estetico dei suoi scritti. A indirizzarlo verso la letteratura, anche quando faceva scienza, furono lo straordinario entusiasmo con cui voleva diffondere le nuove scoperte e il conseguente sforzo di fare sempre nuovi proseliti. Per ricorrere a una sua dichiarazione, molto moderna ed efficace, l’intento era quello di «rifar i cervelli degli uomini», e per ottenere questa radicale rivoluzione mentale non era sufficiente l’arida logica delle dimostrazioni scientifiche, ma si richiedevano strumenti più persuasivi, specie se i destinatari privilegiati non erano gli addetti ai lavori, ovvero gli scienziati di professione. Il carattere «inesorabile» con cui opera la natura, e il conseguente linguaggio rigorosamente denotativo, mal si conciliava con il tipo di lettori cui pensava Galileo, costituito da un ceto di dilettanti colti e raffinati, distinti ed eleganti, simili a quel Sagredo e a quel Salviati che sono i personaggi positivi dei Massimi sistemi. A costoro egli poteva rivolgersi soltanto con la «placidità» di un linguaggio e uno stile «addolcito», accessibile e letterariamente molto curato, senza troppe formule matematiche e attento non solo al docere, ma anche al delectare. La sensibilità letteraria di Galileo non è quindi soltanto un dono naturale, ma anche il mezzo da lui perseguìto consapevolmente per fare accettare presso un pubblico alternativo a quello dei professori universitari il nuovo paradigma della scienza moderna.
«Inesorabilità» della scienza e «placidità» della letteratura in Galileo
Battistini, A.
2017
Abstract
In linea di principio Galileo è un convinto sostenitore di una netta separazione tra scienza e letteratura, trattandosi per lui di due stili di pensiero antitetici, che si esprimono con due tipi di linguaggio diversi, quello scientifico di tipo denotativo, quello letterario di tipo connotativo. Sul piano concreto la realtà è però molto diversa perché Galileo ha mostrato durante tutta la vita di scienziato di essere sempre stato molto sensibile al valore anche estetico dei suoi scritti. A indirizzarlo verso la letteratura, anche quando faceva scienza, furono lo straordinario entusiasmo con cui voleva diffondere le nuove scoperte e il conseguente sforzo di fare sempre nuovi proseliti. Per ricorrere a una sua dichiarazione, molto moderna ed efficace, l’intento era quello di «rifar i cervelli degli uomini», e per ottenere questa radicale rivoluzione mentale non era sufficiente l’arida logica delle dimostrazioni scientifiche, ma si richiedevano strumenti più persuasivi, specie se i destinatari privilegiati non erano gli addetti ai lavori, ovvero gli scienziati di professione. Il carattere «inesorabile» con cui opera la natura, e il conseguente linguaggio rigorosamente denotativo, mal si conciliava con il tipo di lettori cui pensava Galileo, costituito da un ceto di dilettanti colti e raffinati, distinti ed eleganti, simili a quel Sagredo e a quel Salviati che sono i personaggi positivi dei Massimi sistemi. A costoro egli poteva rivolgersi soltanto con la «placidità» di un linguaggio e uno stile «addolcito», accessibile e letterariamente molto curato, senza troppe formule matematiche e attento non solo al docere, ma anche al delectare. La sensibilità letteraria di Galileo non è quindi soltanto un dono naturale, ma anche il mezzo da lui perseguìto consapevolmente per fare accettare presso un pubblico alternativo a quello dei professori universitari il nuovo paradigma della scienza moderna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.