Nel perdurante silenzio del legislatore sulla prima parte del d.lgs. 231/2001, la giurisprudenza prosegue nel suo percorso interpretativo volto a ricostruire il volto attuale dell’illecito amministrativo dell’ente, del quale ormai è pacifica l’alterità rispetto al reato e all’illecito amministrativo comune. In questa prospettiva, una recente ordinanza emessa nel procedimento veneziano per i fatti di corruzione avvenuti nell’ambito della realizzazione del MOSE offre una preziosa occasione di riflessione su un tema scarsamente affrontato in letteratura: il rapporto tra forme di manifestazione del reato e responsabilità degli enti collettivi. A fronte di una previsione espressa della disciplina del tentativo e della pluralità di illeciti, il decreto 231 non menziona né le circostanze del reato, né il concorso di persone nel reato. A parere dei giudici di Venezia, stante il principio di stretta legalità che regola la responsabilità delle persone giuridiche, introdurre in via interpretativa un istituto volto ad estendere la responsabilità degli enti al di fuori dell’ambito espressamente regolato dal decreto 231 si traduce in una violazione del divieto di analogia in malam partem. Una impostazione che rafforza un filone ermeneutico innovativo, che contribuisce all’elaborazione di una dogmatica autonoma dell’illecito dell’ente, ormai definitivamente pronto ad affrancarsi dai modelli di origine.

Autonomia della responsabilità dell'ente e concorso di persone giuridiche nell'illecito amministrativo da reato

GUERINI, TOMMASO
2017

Abstract

Nel perdurante silenzio del legislatore sulla prima parte del d.lgs. 231/2001, la giurisprudenza prosegue nel suo percorso interpretativo volto a ricostruire il volto attuale dell’illecito amministrativo dell’ente, del quale ormai è pacifica l’alterità rispetto al reato e all’illecito amministrativo comune. In questa prospettiva, una recente ordinanza emessa nel procedimento veneziano per i fatti di corruzione avvenuti nell’ambito della realizzazione del MOSE offre una preziosa occasione di riflessione su un tema scarsamente affrontato in letteratura: il rapporto tra forme di manifestazione del reato e responsabilità degli enti collettivi. A fronte di una previsione espressa della disciplina del tentativo e della pluralità di illeciti, il decreto 231 non menziona né le circostanze del reato, né il concorso di persone nel reato. A parere dei giudici di Venezia, stante il principio di stretta legalità che regola la responsabilità delle persone giuridiche, introdurre in via interpretativa un istituto volto ad estendere la responsabilità degli enti al di fuori dell’ambito espressamente regolato dal decreto 231 si traduce in una violazione del divieto di analogia in malam partem. Una impostazione che rafforza un filone ermeneutico innovativo, che contribuisce all’elaborazione di una dogmatica autonoma dell’illecito dell’ente, ormai definitivamente pronto ad affrancarsi dai modelli di origine.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/598056
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