Il quadro generale dell’associazionismo femminista italiano è complesso e multiforme. Da un lato si assiste a un indebolimento della forza d’urto, d’impatto sulla società in termini di capitale sociale di tipo bridging da parte delle associazioni di lungo corso, alcune sempre più chiuse in se stesse, autoreferenziali tanto da fornire più che l’impressione di rimanere imbrigliate in dibattiti interni e in una conflittualità non produttiva di spirito civico, ma a difesa dei confini e di posizioni acquisite di potere. D’altro canto, non è possibile affermare che l’associazionismo femminista, i valori veicolati e la cultura e l’impegno civico che ne deriva/ne può derivare siano in via di estinzione. Piuttosto vi è una trasformazione nell’ambito dello spazio pubblico, una maggiore ‘liquidità’ di comportamenti sia per quanto riguarda la scelta delle associazioni più giovani di costituirsi in un tipo di aggregazione informale (che collima con la perdita di fiducia nelle istituzioni e nelle organizzazioni politiche alle quali, istituzionalizzandosi, sarebbero più legate), sia per un maggiore nomadismo, un’apertura a politiche di larghe intese, come indica la costituzione di reti nazionali e internazionali di donne sempre più ampie, come la rete Non una di meno (che si ispira alla coalizione di donne argentine contro la violenza domestica Ni una menos e si riallaccia al lessico politico radicale americano, da cui le parole chiave: inclusive e intersectional).
Capecchi, S. (2017). Le associazioni femministe italiane e la produzione di capitale sociale. PARADOXA, 2/2017, 107-122.
Le associazioni femministe italiane e la produzione di capitale sociale
CAPECCHI, SAVERIA
2017
Abstract
Il quadro generale dell’associazionismo femminista italiano è complesso e multiforme. Da un lato si assiste a un indebolimento della forza d’urto, d’impatto sulla società in termini di capitale sociale di tipo bridging da parte delle associazioni di lungo corso, alcune sempre più chiuse in se stesse, autoreferenziali tanto da fornire più che l’impressione di rimanere imbrigliate in dibattiti interni e in una conflittualità non produttiva di spirito civico, ma a difesa dei confini e di posizioni acquisite di potere. D’altro canto, non è possibile affermare che l’associazionismo femminista, i valori veicolati e la cultura e l’impegno civico che ne deriva/ne può derivare siano in via di estinzione. Piuttosto vi è una trasformazione nell’ambito dello spazio pubblico, una maggiore ‘liquidità’ di comportamenti sia per quanto riguarda la scelta delle associazioni più giovani di costituirsi in un tipo di aggregazione informale (che collima con la perdita di fiducia nelle istituzioni e nelle organizzazioni politiche alle quali, istituzionalizzandosi, sarebbero più legate), sia per un maggiore nomadismo, un’apertura a politiche di larghe intese, come indica la costituzione di reti nazionali e internazionali di donne sempre più ampie, come la rete Non una di meno (che si ispira alla coalizione di donne argentine contro la violenza domestica Ni una menos e si riallaccia al lessico politico radicale americano, da cui le parole chiave: inclusive e intersectional).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.