Il contributo è inserito all'interno di un volume della rivista intitolato "Immagine, meditazione, visione", a cura di Lauro Magnani. Nel contributo viene presa in considerazione e ampiamente discussa l'attribuzione di due pale d’altare oggi conservate, una a Cotignola (Ravenna), nella chiesa di Santo Stefano, l'altra a Casteldebole (Bologna), nella chiesa dei Santi Giovanni Battista e Gemma Galgani. Le due pale, un tempo riferite a Pittore sconosciuto del XVIII secolo, vengono ricondotte ai rispettivi autori, Mariano Collina e Antonio Magnoni, attivi a Bologna nel Settecento. Tale attribuzione, già avanzata in precedenza da parte di chi scrive all'interno di brevi note in contributi dedicati alla figura della Vigri, viene argomentata criticamente sulla base di confronti stilistici con opere appartenenti alla produzione certa dei due artisti, e riscontri con le fonti bibliografiche (principalmente i manoscritti di Marcello Oretti alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna). Il contributo offre inoltre lo spunto per attraversare la fortuna del culto e dell’iconografia di Caterina Vigri dopo la sua canonizzazione, conclusasi nel 1712, ripercorrendone la diffusione nel territorio, fra Emilia e Romagna. In entrambe le pale è raffigurata una delle visioni più celebri vissute dalla monaca clarissa, scrittrice e miniatrice, venerata nel monastero del Corpus Domini di Bologna: narrata dalla biografa e consorella, Illuminata Bembo, la tenerissima esperienza mistica durante la quale Caterina riceve fra le braccia il Bambin Gesù diviene uno dei soggetti fondamentali della sua iconografia. Le due pale, che vengono pubblicate in occasione del presente studio, vengono commentate adottando una metodologia critica innovativa, attenta agli specifici percorsi di preghiera e contemplazione coltivati nell’ambito della vita delle comunità monastiche, da cui si irradia il culto della Santa. Il saggio si caratterizza per l'interdisciplinarietà della ricerca. Per comprendere le ragioni delle scelte linguistiche operate da Collina e Magnoni in relazione alla rappresentazione del soggetto, legato appunto al culto della Santa, è necessario adottare una metodologia critica attenta agli specifici percorsi di preghiera e contemplazione coltivati nell’ambito della vita delle comunità monastiche, da cui si è irradiata la devozione per Caterina Vigri. Il caso più emblematico è rappresentato dal monastero bolognese del Corpus Domini - preso in considerazione nel saggio - che con gli affreschi di Marcantonio Franceschini offre il modello agli altri due pittori.Nelle pitture di Franceschini, purtroppo in larga parte andate perdute durante i bombardamenti del Secondo conflitto mondiale, ma note attraverso le riproduzioni fotografiche, il "Pittore della Santa" formula un linguaggio casto e dalle forme depurate, idoneo ad interpretare le esigenze della committenza, al punto da suscitare il plauso generale al momento del loro scoprimento. La sua è una pittura giudicata dai contemporanei come il frutto di una diretta contemplazione del Cielo. Lo si evince dal commento riportato dalle memorie dell'epoca: "Tutti ad una voce conclusero essere questi pittori (n.d.r.: Franceschini insieme al quadraturista) in cielo e non in terra quando dipingevano"; una pittura in pratica derivata da un'esperienza mistica, analoga a quella vissuta dalla Vigri e raccomandata alle sue consorelle per le loro meditazioni. La lettura del complesso decorativo del Corpus Domini, e delle pale derivate in vario modo dalle invenzioni di Franceschini, pretende dunque una metodologia interdisciplinare, che sappia integrare la storia dell'arte con la storia della "pietà", lo studio dell'attività degli artisti con la storia del sentimento religioso del loro tempo.
Graziani I. (2016). La visione della notte di Natale di Caterina Vigri: due pale d’altare e la diffusione del culto della Santa dopo il processo di canonizzazione. ARCHIVIO ITALIANO PER LA STORIA DELLA PIETÀ, 29, 205-220.
La visione della notte di Natale di Caterina Vigri: due pale d’altare e la diffusione del culto della Santa dopo il processo di canonizzazione
GRAZIANI, IRENE
2016
Abstract
Il contributo è inserito all'interno di un volume della rivista intitolato "Immagine, meditazione, visione", a cura di Lauro Magnani. Nel contributo viene presa in considerazione e ampiamente discussa l'attribuzione di due pale d’altare oggi conservate, una a Cotignola (Ravenna), nella chiesa di Santo Stefano, l'altra a Casteldebole (Bologna), nella chiesa dei Santi Giovanni Battista e Gemma Galgani. Le due pale, un tempo riferite a Pittore sconosciuto del XVIII secolo, vengono ricondotte ai rispettivi autori, Mariano Collina e Antonio Magnoni, attivi a Bologna nel Settecento. Tale attribuzione, già avanzata in precedenza da parte di chi scrive all'interno di brevi note in contributi dedicati alla figura della Vigri, viene argomentata criticamente sulla base di confronti stilistici con opere appartenenti alla produzione certa dei due artisti, e riscontri con le fonti bibliografiche (principalmente i manoscritti di Marcello Oretti alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna). Il contributo offre inoltre lo spunto per attraversare la fortuna del culto e dell’iconografia di Caterina Vigri dopo la sua canonizzazione, conclusasi nel 1712, ripercorrendone la diffusione nel territorio, fra Emilia e Romagna. In entrambe le pale è raffigurata una delle visioni più celebri vissute dalla monaca clarissa, scrittrice e miniatrice, venerata nel monastero del Corpus Domini di Bologna: narrata dalla biografa e consorella, Illuminata Bembo, la tenerissima esperienza mistica durante la quale Caterina riceve fra le braccia il Bambin Gesù diviene uno dei soggetti fondamentali della sua iconografia. Le due pale, che vengono pubblicate in occasione del presente studio, vengono commentate adottando una metodologia critica innovativa, attenta agli specifici percorsi di preghiera e contemplazione coltivati nell’ambito della vita delle comunità monastiche, da cui si irradia il culto della Santa. Il saggio si caratterizza per l'interdisciplinarietà della ricerca. Per comprendere le ragioni delle scelte linguistiche operate da Collina e Magnoni in relazione alla rappresentazione del soggetto, legato appunto al culto della Santa, è necessario adottare una metodologia critica attenta agli specifici percorsi di preghiera e contemplazione coltivati nell’ambito della vita delle comunità monastiche, da cui si è irradiata la devozione per Caterina Vigri. Il caso più emblematico è rappresentato dal monastero bolognese del Corpus Domini - preso in considerazione nel saggio - che con gli affreschi di Marcantonio Franceschini offre il modello agli altri due pittori.Nelle pitture di Franceschini, purtroppo in larga parte andate perdute durante i bombardamenti del Secondo conflitto mondiale, ma note attraverso le riproduzioni fotografiche, il "Pittore della Santa" formula un linguaggio casto e dalle forme depurate, idoneo ad interpretare le esigenze della committenza, al punto da suscitare il plauso generale al momento del loro scoprimento. La sua è una pittura giudicata dai contemporanei come il frutto di una diretta contemplazione del Cielo. Lo si evince dal commento riportato dalle memorie dell'epoca: "Tutti ad una voce conclusero essere questi pittori (n.d.r.: Franceschini insieme al quadraturista) in cielo e non in terra quando dipingevano"; una pittura in pratica derivata da un'esperienza mistica, analoga a quella vissuta dalla Vigri e raccomandata alle sue consorelle per le loro meditazioni. La lettura del complesso decorativo del Corpus Domini, e delle pale derivate in vario modo dalle invenzioni di Franceschini, pretende dunque una metodologia interdisciplinare, che sappia integrare la storia dell'arte con la storia della "pietà", lo studio dell'attività degli artisti con la storia del sentimento religioso del loro tempo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.