La progettualità è nel rapporto complementare della struttura della propria identità che si definisce tramite l’Altro, ma se all’impegno dello scambio non corrisponde il riconoscimento, “se il volto della madre è poco responsivo, allora uno specchio sarà una cosa da guardare ma non un cosa in cui guardare” , allora si genera il vuoto, è il misconoscimento. Viceversa, prendersi cura di sé e anche dell’altro significa, nella relazione adulto-bambino, vivere un rapporto sempre nuovo come l’infanzia della vita, che non ripete le esperienze, semmai le inventa; così, il prendersi cura nella relazione terapeutica, fa nascere la possibilità di scrivere ogni volta una storia, poi un’altra, sempre diversa e favorisce un pensiero che può interrogare la prassi quotidiana, le abitudini, le idee pietrificate e le risposte precostituite. Non abitua alla dipendenza e sostiene l’autonomia, in nome della “natalità”. La cura per la vita (…) vuol dire aver cura di un oggetto proprio perché quell’oggetto ha la qualità di essere vivo (…) Vuol dire avere intensa curiosità per quelle qualità che costituiscono ciò che noi riconosciamo come vita ed avere un intenso desiderio di capirle (…) cura per la vita vuol dire che una persona deve avere rispetto per se stesso e, a fortori, per gli altri (…) il mio desiderio è di portare l’attenzione, perché è una significativa questione psicoanalitica, al grado in cui qualsiasi analizzando mostra cura per la verità e per la vita e cura per la verità e la vita congiunte assieme. Per sviluppare questo atteggiamento, che agevola la crescita del genitore-terapeuta e del figlio-paziente, è di primaria importanza non credere di possedere risposte giuste, ma analizzare attentamente in che cosa ciascuno possa contribuire allo sviluppo dell’altro, consapevoli che la parte messa in gioco dal figlio non è indipendente da quella giocata dal genitore e viceversa. È necessario mettersi nei panni dell’altro; una relazione autentica deve permettere di vedere e di vedersi, di osservare il punto in cui siamo noi e quello in cui è l’altro. Accanto al rischio di non riconoscere nel figlio - esterno, reale, piccolo - l’altro come portatore di risorse oltre che di bisogni, si insinua una situazione drammatica altrettanto inquietante: quella del figlicidio personale che ognuno commette su se stesso quando non coglie le occasioni e le possibilità che la vita gli offre.

Monti F., Rossi S., Cavallero P. (2007). Semplicità e complessità della psicoterapia progettuale. L' EDUCAZIONE SENTIMENTALE, 10, 2, 42-51.

Semplicità e complessità della psicoterapia progettuale.

MONTI, FIORELLA;
2007

Abstract

La progettualità è nel rapporto complementare della struttura della propria identità che si definisce tramite l’Altro, ma se all’impegno dello scambio non corrisponde il riconoscimento, “se il volto della madre è poco responsivo, allora uno specchio sarà una cosa da guardare ma non un cosa in cui guardare” , allora si genera il vuoto, è il misconoscimento. Viceversa, prendersi cura di sé e anche dell’altro significa, nella relazione adulto-bambino, vivere un rapporto sempre nuovo come l’infanzia della vita, che non ripete le esperienze, semmai le inventa; così, il prendersi cura nella relazione terapeutica, fa nascere la possibilità di scrivere ogni volta una storia, poi un’altra, sempre diversa e favorisce un pensiero che può interrogare la prassi quotidiana, le abitudini, le idee pietrificate e le risposte precostituite. Non abitua alla dipendenza e sostiene l’autonomia, in nome della “natalità”. La cura per la vita (…) vuol dire aver cura di un oggetto proprio perché quell’oggetto ha la qualità di essere vivo (…) Vuol dire avere intensa curiosità per quelle qualità che costituiscono ciò che noi riconosciamo come vita ed avere un intenso desiderio di capirle (…) cura per la vita vuol dire che una persona deve avere rispetto per se stesso e, a fortori, per gli altri (…) il mio desiderio è di portare l’attenzione, perché è una significativa questione psicoanalitica, al grado in cui qualsiasi analizzando mostra cura per la verità e per la vita e cura per la verità e la vita congiunte assieme. Per sviluppare questo atteggiamento, che agevola la crescita del genitore-terapeuta e del figlio-paziente, è di primaria importanza non credere di possedere risposte giuste, ma analizzare attentamente in che cosa ciascuno possa contribuire allo sviluppo dell’altro, consapevoli che la parte messa in gioco dal figlio non è indipendente da quella giocata dal genitore e viceversa. È necessario mettersi nei panni dell’altro; una relazione autentica deve permettere di vedere e di vedersi, di osservare il punto in cui siamo noi e quello in cui è l’altro. Accanto al rischio di non riconoscere nel figlio - esterno, reale, piccolo - l’altro come portatore di risorse oltre che di bisogni, si insinua una situazione drammatica altrettanto inquietante: quella del figlicidio personale che ognuno commette su se stesso quando non coglie le occasioni e le possibilità che la vita gli offre.
2007
Monti F., Rossi S., Cavallero P. (2007). Semplicità e complessità della psicoterapia progettuale. L' EDUCAZIONE SENTIMENTALE, 10, 2, 42-51.
Monti F.; Rossi S.; Cavallero P.
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