If one examines the numerous treatises of the period between the 16th and the 17th centuries, dedicated to the personality of a perfect military chief, one will see an ideal portrait attributing to the military commander not only a high level of competence in the art of war, but also a solid technical-scientific, as well as humanist culture. However, a number of historical examples show us military chiefs who, being extremely well-versed in war techniques, possessed a much poorer competence in culture. A long-lasting inversion of the tendency in question can be observed starting from the 17th century. Taking as a model the figure of Plutarch’s Coriolanus, as well as the examples of Sparta, Rome and Carthage, Alessandro Tassoni, Virgilio Malvezzi, Giambattista Vico establish an inversely proportional relation between culture and war competence. This trend can still be perceived at the beginning of the 19th century in Francesco Lomonaco, the author of Vite de’ famosi capitani.

Attraverso l’esame dei molti trattati che tra Cinque e Seicento sono dedicati alla figura del perfetto capitano si ricava un ritratto ideale che segue il parametro dell’inclusività, ossia che gli attribuisce non solo le competenze dell’arte della guerra, ma anche una solida cultura, tanto tecnico-scientifica quanto umanistica. Nel tempo però la professionalizzazione dell’uomo d’arme rende sempre più utopica una sintesi armoniosa di tipo enciclopedico. Non solo, ma gli esempi storici mostrano condottieri che, validissimi nel cimento bellico, non lo erano altrettanto in fatto di cultura. Dal Seicento, seguendo una logica di lunga durata, si nota allora un’inversione di tendenza che, avendo a modello la figura di Coriolano descritto da Plutarco e gli esempi di Sparta, Roma e Cartagine, rivede l’equazione tra cultura e capacità guerresche stabilendo tra loro addirittura un rapporto inversamente proporzionale, riscontrabile nelle posizioni di Alessandro Tassoni, Virgilio Malvezzi, Giambattista Vico, per prolungarsi fino ai primi dell’Ottocento con il Fabrizio Lomonaco autore delle Vite de’ famosi capitani.

Battistini, A. (2016). Quanto nuoce la cultura al comandante di un esercito? Un dibattito umanistico tra Cinque e Settecento. RILUNE, 10, 18-30 [10.17457/RIL10_2016.BAT].

Quanto nuoce la cultura al comandante di un esercito? Un dibattito umanistico tra Cinque e Settecento

BATTISTINI, ANDREA
2016

Abstract

If one examines the numerous treatises of the period between the 16th and the 17th centuries, dedicated to the personality of a perfect military chief, one will see an ideal portrait attributing to the military commander not only a high level of competence in the art of war, but also a solid technical-scientific, as well as humanist culture. However, a number of historical examples show us military chiefs who, being extremely well-versed in war techniques, possessed a much poorer competence in culture. A long-lasting inversion of the tendency in question can be observed starting from the 17th century. Taking as a model the figure of Plutarch’s Coriolanus, as well as the examples of Sparta, Rome and Carthage, Alessandro Tassoni, Virgilio Malvezzi, Giambattista Vico establish an inversely proportional relation between culture and war competence. This trend can still be perceived at the beginning of the 19th century in Francesco Lomonaco, the author of Vite de’ famosi capitani.
2016
Battistini, A. (2016). Quanto nuoce la cultura al comandante di un esercito? Un dibattito umanistico tra Cinque e Settecento. RILUNE, 10, 18-30 [10.17457/RIL10_2016.BAT].
Battistini, Andrea
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