La Direttiva 2011/24/UE, approvata il 9 marzo 2011 ed entrata in vigore il 25 ottobre 2013, recependo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, ha riconosciuto il diritto dei pazienti europei di recarsi all’estero per fruire di prestazioni sanitarie. In particolare. La Direttiva, almeno nella sua versione originaria, era rivolta ad abrogare l’istituto della previa autorizzazione necessaria per recarsi all’estero, in quanto ritenuta una ingiustificata barriera alla libertà di movimento. In un contesto di vincoli alla spesa sanitaria, recentemente, la Corte di giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, da un lato, confermando la (relativa) libertà di movimento dei cittadini-pazienti e, dall’altro, ribadendo la necessità che i singoli sistemi sanitari nazionali assicurino i servizi sanitari (minimi) alla comunità. Alla luce del contesto sopra tratteggiato, l’articolo intende confrontare la compatibilità tra l’esigenza di assicurare i diritti individuali e quella di promuovere i diritti sociali nei contesti sanitari nazionali, allo scopo di comprendere se vi siano i margini per ipotizzare un approccio ai servizi sanitari maggiormente integrato e coordinato tra singoli Paesi membri ovvero se, al contrario, non sia necessario, medio tempore, ricorrere ad un approccio più pragmatico che consenta (almeno) di assicurare un livello minimo di prestazioni sanitarie e di diritti sociali nei singoli Stati Membri.
Santuari, A. (In stampa/Attività in corso). Il diritto (transfrontaliero) alla salute e la crisi del welfare state. Diritti individuali versus equità e solidarietà dei sistemi sanitari nazionali?. RIVISTA DEL DIRITTO DELLA SICUREZZA SOCIALE, 4/2016, 657-684.
Il diritto (transfrontaliero) alla salute e la crisi del welfare state. Diritti individuali versus equità e solidarietà dei sistemi sanitari nazionali?
SANTUARI, ALCESTE
In corso di stampa
Abstract
La Direttiva 2011/24/UE, approvata il 9 marzo 2011 ed entrata in vigore il 25 ottobre 2013, recependo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, ha riconosciuto il diritto dei pazienti europei di recarsi all’estero per fruire di prestazioni sanitarie. In particolare. La Direttiva, almeno nella sua versione originaria, era rivolta ad abrogare l’istituto della previa autorizzazione necessaria per recarsi all’estero, in quanto ritenuta una ingiustificata barriera alla libertà di movimento. In un contesto di vincoli alla spesa sanitaria, recentemente, la Corte di giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, da un lato, confermando la (relativa) libertà di movimento dei cittadini-pazienti e, dall’altro, ribadendo la necessità che i singoli sistemi sanitari nazionali assicurino i servizi sanitari (minimi) alla comunità. Alla luce del contesto sopra tratteggiato, l’articolo intende confrontare la compatibilità tra l’esigenza di assicurare i diritti individuali e quella di promuovere i diritti sociali nei contesti sanitari nazionali, allo scopo di comprendere se vi siano i margini per ipotizzare un approccio ai servizi sanitari maggiormente integrato e coordinato tra singoli Paesi membri ovvero se, al contrario, non sia necessario, medio tempore, ricorrere ad un approccio più pragmatico che consenta (almeno) di assicurare un livello minimo di prestazioni sanitarie e di diritti sociali nei singoli Stati Membri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.