All’interno di una partitura, quella del "Prophète" di Meyerbeer, che ha sempre trovato qualche difficoltà a imporsi nei teatri, la parte di Fidès – prediletta dai contralti del secondo Ottocento specialmente nella sua traduzione italiana – ha contribuito non poco alla sopravvivenza dell’opera sulle scene, fino alla scomparsa dei “veri” contralti dalla scena canora. Ma chi furono i “veri” contralti, o meglio cosa furono? Se prendiamo la parte di Fidès / Fede come parametro per la definizione del contralto operistico, ne uscirà una tipologia vocale assai diversa dal contralto delle comuni definizioni enciclopediche: un alto che deve essere contemporaneamente anche il suo contrario, vale a dire un soprano, magari con inclinazione al leggero. A tale ambiguità di scrittura, specchio di un’ambiguità psicologica, i contralti ottocenteschi hanno fatto fronte con un’impostazione vocale di cui tendono oggi a sfuggirci i termini precisi, ma della quale riusciamo a recuperare qualche tratto sonoro leggendo con attenzione le cronache dell’epoca e ascoltando senza pregiudizi alcune registrazioni discografiche d’inizio Novecento.
Beghelli, M. (2016). Fidès / Fede: aspetti di una vocalità androgina. Turnhout : Brepols.
Fidès / Fede: aspetti di una vocalità androgina
BEGHELLI, MARCO
2016
Abstract
All’interno di una partitura, quella del "Prophète" di Meyerbeer, che ha sempre trovato qualche difficoltà a imporsi nei teatri, la parte di Fidès – prediletta dai contralti del secondo Ottocento specialmente nella sua traduzione italiana – ha contribuito non poco alla sopravvivenza dell’opera sulle scene, fino alla scomparsa dei “veri” contralti dalla scena canora. Ma chi furono i “veri” contralti, o meglio cosa furono? Se prendiamo la parte di Fidès / Fede come parametro per la definizione del contralto operistico, ne uscirà una tipologia vocale assai diversa dal contralto delle comuni definizioni enciclopediche: un alto che deve essere contemporaneamente anche il suo contrario, vale a dire un soprano, magari con inclinazione al leggero. A tale ambiguità di scrittura, specchio di un’ambiguità psicologica, i contralti ottocenteschi hanno fatto fronte con un’impostazione vocale di cui tendono oggi a sfuggirci i termini precisi, ma della quale riusciamo a recuperare qualche tratto sonoro leggendo con attenzione le cronache dell’epoca e ascoltando senza pregiudizi alcune registrazioni discografiche d’inizio Novecento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.