La comunicazione della scienza e delle sue recenti conquiste, sbilanciata verso il sensazionale e la sottolineatura del primato, desta un misto di ammirazione e diffidenza, contribuisce a creare un'immagine distorta dello scienziato e allontana i cittadini dai metodi e dal linguaggio della scienza vissuta. Se i giornalisti e gli scienziati hanno mentalità diverse, non è detto che il dialogo sia impossibile; occorre impegnarsi di più. Per fortuna, qualcosa si muove, anche in Italia. Oltre alle iniziative della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Scienze e Tecnologie, un sintomo di una maggiore attenzione al problema è stata la pubblicazione, dal 2004 ad oggi, di numerosi libri dedicati al tema della comunicazione scientifica (Lanzavecchia, 2004; Carrada, 2005; Donghi, 2006). Quello di Carrada, nato proprio dalla Conferenza dei Presidi, reca il sottotitolo “kit di sopravvivenza per ricercatori” quasi a testimoniare, seppure in tono ironico, la gravità del problema. Fresco di stampa è “Come si comunica la scienza?”, opera di Castelfranchi, fisico teorico, divulgatore e giornalista e di Pitrelli, responsabile del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste, con la quale collabora anche l’altro autore. Il libro è diviso in quattro capitoli. Nel primo si tenta di capire la scienza di oggi e in che cosa si differenzia da quella che si è appresa a scuola. Nel secondo e nel terzo si affronta storicamente il tema dei rapporti fra scienza e società e il loro intreccio con la comunicazione. Il quarto è dedicato al dialogo fra scienza, politica, mezzi di comunicazione, società civile, mercato e industria, mentre nell’ultimo si cerca di capire cosa c'entra tutto ciò con il governo della democrazia e la vita dei cittadini
M. Taddia (2007). Come si comunica la scienza? di Y. Castelfranchi, N. Pitrelli. LA CHIMICA E L'INDUSTRIA, 89(6), 141-141.
Come si comunica la scienza? di Y. Castelfranchi, N. Pitrelli
TADDIA, MARCO
2007
Abstract
La comunicazione della scienza e delle sue recenti conquiste, sbilanciata verso il sensazionale e la sottolineatura del primato, desta un misto di ammirazione e diffidenza, contribuisce a creare un'immagine distorta dello scienziato e allontana i cittadini dai metodi e dal linguaggio della scienza vissuta. Se i giornalisti e gli scienziati hanno mentalità diverse, non è detto che il dialogo sia impossibile; occorre impegnarsi di più. Per fortuna, qualcosa si muove, anche in Italia. Oltre alle iniziative della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Scienze e Tecnologie, un sintomo di una maggiore attenzione al problema è stata la pubblicazione, dal 2004 ad oggi, di numerosi libri dedicati al tema della comunicazione scientifica (Lanzavecchia, 2004; Carrada, 2005; Donghi, 2006). Quello di Carrada, nato proprio dalla Conferenza dei Presidi, reca il sottotitolo “kit di sopravvivenza per ricercatori” quasi a testimoniare, seppure in tono ironico, la gravità del problema. Fresco di stampa è “Come si comunica la scienza?”, opera di Castelfranchi, fisico teorico, divulgatore e giornalista e di Pitrelli, responsabile del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste, con la quale collabora anche l’altro autore. Il libro è diviso in quattro capitoli. Nel primo si tenta di capire la scienza di oggi e in che cosa si differenzia da quella che si è appresa a scuola. Nel secondo e nel terzo si affronta storicamente il tema dei rapporti fra scienza e società e il loro intreccio con la comunicazione. Il quarto è dedicato al dialogo fra scienza, politica, mezzi di comunicazione, società civile, mercato e industria, mentre nell’ultimo si cerca di capire cosa c'entra tutto ciò con il governo della democrazia e la vita dei cittadiniI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.