La domanda «… dov’è custodito il bello?» sembra privilegiare l’analisi dei contesti, dei luoghi d’esperienza e delle dimensioni entro cui il bello è possibile oggetto di custodia, prima ancora che il riferimento ai soggetti, agli individui che sono chiamati ad esercitare l’atto stesso del custodire. È una domanda socialmente diffusa che un educatore – sia esso genitore o insegnante, operatore sociosanitario o diacono o animatore – non può non porsi, nel momento in cui è chiamato a scegliere per … i propri figli, allievi, utenti, pazienti, o per le proprie ‘anime’ più o meno da curare o da coltivare. E così, quel genitore, quell’educatore li destinano ad alcuni contesti, piuttosto che ad altri: in alcuni casi, sono tranquilli e addirittura felici della scelta compiuta; in altri, temono che la loro fiducia sia stata mal riposta. È per evitare che questo accada che molti si accaniscono a esigere un insegnante, un medico, un sacerdote, sperando di non sbagliare. In effetti, non vi è custodia senza responsabilità, e la responsabilità comporta una disposizione fondamentale a ‘essere-per-l’altro’, direbbe Levinas, che, per quanto socialmente condivisa, non può esimere colui che la vive dal prendersi cura, più o meno direttamente e in prima persona, di coloro che incarnano tale alterità. Non vi è custodia possibile senza la cura di un’alterità che abbia a cuore il destinatario della cura medesima.
Fabbri, M. (2016). Dimensioni dell’umano da riscoprire: dov’è custodito il bello?. Milano : Vita e Pensiero.
Dimensioni dell’umano da riscoprire: dov’è custodito il bello?
FABBRI, MAURIZIO
2016
Abstract
La domanda «… dov’è custodito il bello?» sembra privilegiare l’analisi dei contesti, dei luoghi d’esperienza e delle dimensioni entro cui il bello è possibile oggetto di custodia, prima ancora che il riferimento ai soggetti, agli individui che sono chiamati ad esercitare l’atto stesso del custodire. È una domanda socialmente diffusa che un educatore – sia esso genitore o insegnante, operatore sociosanitario o diacono o animatore – non può non porsi, nel momento in cui è chiamato a scegliere per … i propri figli, allievi, utenti, pazienti, o per le proprie ‘anime’ più o meno da curare o da coltivare. E così, quel genitore, quell’educatore li destinano ad alcuni contesti, piuttosto che ad altri: in alcuni casi, sono tranquilli e addirittura felici della scelta compiuta; in altri, temono che la loro fiducia sia stata mal riposta. È per evitare che questo accada che molti si accaniscono a esigere un insegnante, un medico, un sacerdote, sperando di non sbagliare. In effetti, non vi è custodia senza responsabilità, e la responsabilità comporta una disposizione fondamentale a ‘essere-per-l’altro’, direbbe Levinas, che, per quanto socialmente condivisa, non può esimere colui che la vive dal prendersi cura, più o meno direttamente e in prima persona, di coloro che incarnano tale alterità. Non vi è custodia possibile senza la cura di un’alterità che abbia a cuore il destinatario della cura medesima.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.