“Ne sono entusiasta io”. Lucia Lopresti e Bartolomeo Bonascia

Among the multiple “attributions” to which the young Lucia Lopresti applied herself when writing to Roberto Longhi in 1921, a truly surprising appearance is the name of Bartolomeo Bonascia, which she connected to a Crucifixion with a Donor in the Museo di Castelvecchio, Verona, at that time ascribed to the Vivarini or to Jacopo Bellini. Only in recent years has the painting been reassigned to a follower of Piero della Francesca in Modena, precisely within the context of the outstanding Pietà by Bartolomeo Bonascia, signed and dated 1485 (Modena, Galleria Estense). Even if the painting in Verona might be better considered as by Cristoforo da Lendinara, as proposed by Carlo Volpe in 1979, Lopresti’s reading of it is particularly fitting, as well as being inspired by sincere enthusiasm for the then unknown Modenese artist. It is thus surprising that Longhi did not take his fiancée’s suggestion into account, when — first in his Piero della Francesca (1927) and later in the Officina ferrarese (1934) — he was to reassess Bonascia as one of the major proponents of Piero’s legacy in Emilia, together with Cristoforo and Lorenzo da Lendinara.

Tra le molteplici ‘attribuzioni’ nelle quali la giovane Lucia Lopresti si cimenta scrivendo nel 1921 a Roberto Longhi, stupisce trovare il nome di Bartolomeo Bonascia accostato al ‘Crocifisso con un donatore’ del Museo di Castelvecchio a Verona, allora riferito ai Vivarini o a Jacopo Bellini. Solo in anni recenti il dipinto è stato di fatto ricondotto al seguito incontrato da Piero della Francesca a Modena, in un contesto entro il quale spicca appunto la ‘Pietà’ firmata e datata 1485 da Bartolomeo Bonascia (Modena, Galleria Estense). Anche se, a proposito del dipinto ora a Verona, risulta preferibile il riferimento a Cristoforo da Lendinara proposto da Carlo Volpe nel 1979, la lettura di Lucia Lopresti si rivela singolarmente calzante, oltre che animata da un sincero entusiasmo per l’allora misconosciuto artista modenese. Sorprende dunque che Longhi non abbia tenuto conto del suggerimento della fidanzata allorché, prima nel Piero della Francesca (1927) e poi nell’Officina ferrarese (1934), rivaluterà Bonascia come uno dei maggiori interpreti della lezione di Piero della Francesca in Emilia, insieme a Cristoforo e a Lorenzo da Lendinara.