Considerata alla luce degli studi etologici e di quelli sull’attaccamento, l’aggressività umana perde la propria connotazione negativa assumendo un significato utile per l’evoluzione e la sopravvivenza della specie. Dietro a un comportamento ostile, violento, apparentemente irrazionale o distruttivo, infatti, si possono individuare strategie difensive relative alla protezione dai pericoli, al proprio ruolo sociale e alle funzioni svolte nei confronti del partner e della prole. Tale visione concorda sostanzialmente con quella della psicoanalisi classica che vede l’aggressività come una pulsione innata, ma mentre per Freud l’aggressività è al servizio della pulsione di morte e deve essere repressa, per Lorenz è al servizio della vita. Seguendo questa prospettiva le ragioni di un comportamento aggressivo possono essere ricondotte a quattro ambiti fondamentali: 1) un’esperienza infantile di deprivazione materna e di mancanza di cure genitoriali; 2) un comportamento di protesta teso a evitare la separazione e ottenere protezione da parte della figura di attaccamento; 3) una carente capacità di mentalizzazione e un atteggiamento di difesa conseguenti a traumi, abusi, maltrattamenti o scarsa sensibilità genitoriale; 4) lo sviluppo di un attaccamento insicuro distanziante o preoccupato. Lo studio delle funzioni adattive svolte dai comportamenti aggressivi apre nuove prospettive nella psicoterapia non solo dei pazienti antisociali e violenti, ma di tutti quelli che manifestano problemi di controllo degli impulsi, di strutturazione del sé e di regolazione emozionale (attacchi di panico, disturbi di personalità), nei disturbi del comportamento di malattia (somatizzazioni, disturbi funzionali, ipocondria) e nei disturbi dissociativi e post traumatici.
Aggressività, attaccamento e mentalizzazione.
BALDONI, FRANCO
2015
Abstract
Considerata alla luce degli studi etologici e di quelli sull’attaccamento, l’aggressività umana perde la propria connotazione negativa assumendo un significato utile per l’evoluzione e la sopravvivenza della specie. Dietro a un comportamento ostile, violento, apparentemente irrazionale o distruttivo, infatti, si possono individuare strategie difensive relative alla protezione dai pericoli, al proprio ruolo sociale e alle funzioni svolte nei confronti del partner e della prole. Tale visione concorda sostanzialmente con quella della psicoanalisi classica che vede l’aggressività come una pulsione innata, ma mentre per Freud l’aggressività è al servizio della pulsione di morte e deve essere repressa, per Lorenz è al servizio della vita. Seguendo questa prospettiva le ragioni di un comportamento aggressivo possono essere ricondotte a quattro ambiti fondamentali: 1) un’esperienza infantile di deprivazione materna e di mancanza di cure genitoriali; 2) un comportamento di protesta teso a evitare la separazione e ottenere protezione da parte della figura di attaccamento; 3) una carente capacità di mentalizzazione e un atteggiamento di difesa conseguenti a traumi, abusi, maltrattamenti o scarsa sensibilità genitoriale; 4) lo sviluppo di un attaccamento insicuro distanziante o preoccupato. Lo studio delle funzioni adattive svolte dai comportamenti aggressivi apre nuove prospettive nella psicoterapia non solo dei pazienti antisociali e violenti, ma di tutti quelli che manifestano problemi di controllo degli impulsi, di strutturazione del sé e di regolazione emozionale (attacchi di panico, disturbi di personalità), nei disturbi del comportamento di malattia (somatizzazioni, disturbi funzionali, ipocondria) e nei disturbi dissociativi e post traumatici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.