Il film realizzato da Debord nel 1973, a partire dal suo libro La Société du spectacle, pubblicato sei anni prima, pone l’immagine di Marilyn esattamente al centro della sequenza dedicata al feticismo della merce. Il testo che accompagna le immagini è costituito da un montaggio di frammenti ripresi dal secondo e dal terzo capitolo del libro, ovvero rispettivamente, “La merce come spettacolo” e “Unità e divisione nell’apparenza”. “Marilyn, più volte”: questa breve nota di regia nella sceneggiatura del film, si presta bene a descrivere il fenomeno estremo di moltiplicazione della visibilità di cui Marilyn fu protagonista nel corso della sua vita e che Debord assume come espressione della sussunzione della vita allo spettacolo, da lui inteso come "il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine". Per Debord la vedette è sempre anche una apologia del consumo, poiché la sua funzione è quella di rappresentare una pura apparenza: essa è “senza profondità”. Ciò non vuol dire che goda concretamente della vita privilegiata che mette in scena. Al contrario, ciò significa solo che non le resta altro che questa messa in scena.
M. Dall'Asta, G.Z. (2015). Marilyn, più volte. Divismo e immagine in La société du spectacle di Guy Debord. LA VALLE DELL'EDEN, 28-29(Miti d'oggi. L'immagine di Marilyn, a cura di Giulia Carluccio e Mariapaola Pierini), 33-39.
Marilyn, più volte. Divismo e immagine in La société du spectacle di Guy Debord
DALL'ASTA, MONICA
2015
Abstract
Il film realizzato da Debord nel 1973, a partire dal suo libro La Société du spectacle, pubblicato sei anni prima, pone l’immagine di Marilyn esattamente al centro della sequenza dedicata al feticismo della merce. Il testo che accompagna le immagini è costituito da un montaggio di frammenti ripresi dal secondo e dal terzo capitolo del libro, ovvero rispettivamente, “La merce come spettacolo” e “Unità e divisione nell’apparenza”. “Marilyn, più volte”: questa breve nota di regia nella sceneggiatura del film, si presta bene a descrivere il fenomeno estremo di moltiplicazione della visibilità di cui Marilyn fu protagonista nel corso della sua vita e che Debord assume come espressione della sussunzione della vita allo spettacolo, da lui inteso come "il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine". Per Debord la vedette è sempre anche una apologia del consumo, poiché la sua funzione è quella di rappresentare una pura apparenza: essa è “senza profondità”. Ciò non vuol dire che goda concretamente della vita privilegiata che mette in scena. Al contrario, ciò significa solo che non le resta altro che questa messa in scena.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


