Vedere una ceppaia abbandonata di un grosso albero non è certamente una cosa rara. Se ne incontrano anche in luoghi urbani dove diventano, purtroppo, contenitori occasionali di rifiuti, come se fossero delle pattumiere. Ma le ceppaie su cui ci soffermiamo in queste poche righe sono quelle che possono costituire una fonte pericolosa d’inoculo per un genere di funghi fitopatogeni del genere Armillaria (in Italia questo genere comprende essenzialmente 5 specie: A. mellea, A. ostoyae, A. gallica, A. cepistipes e A. tabescens), responsabili di seri problemi alle foreste ed ai frutteti di tutta Europa provocando il così detto “marciume radicale”. L’Armillaria instaura con la pianta un rapporto di parassitismo (finché l’organismo è vivo), ma che si trasforma in saprofitismo alla morte dell’ospite. Chi raccoglie funghi mangerecci nei boschi nota spesso, infatti, che i “chiodini” dell’Armillaria crescono sia su piante vive, sia su ceppaie. Non esistono in commercio fungicidi capaci di combattere questo patogeno, per cui è importante saper riconoscere precocemente i sintomi del “marciume radicale” al fine di effettuare un efficace intervento agronomico preventivo. L’Armillaria, infatti, permane come saprofita all’interno di radici e rami in decomposizione e ivi può sopravvivere anche per parecchi anni, pronta ad attaccare radici di piante sensibili con cui viene successivamente in contatto. Un facile verifica Se con un coltellino si asporta la corteccia da una ceppaia lasciata in loco, si nota la presenza del suo micelio di colore biancastro, tipicamente a ventaglio, che poi produce rizomorfe: strutture composte da ife strettamente compattate a formare un cordone resistente, attraverso cui il fungo può muoversi nel terreno e penetrare nelle radici delle piante ospiti limitrofe. Cosa fare? Le piante infette da Armillaria devono essere prontamente rimosse ed eliminate, ceppaie comprese; il suolo deve essere lavorato in profondità rimuovendo accuratamente ogni residuo radicale. L’area dovrebbe essere lasciata a riposo per un periodo minimo di almeno 3 anni in modo che l’inoculo del patogeno possa ridursi in maniera significativa. Una curiosità Armillaria spp. si può considerare l’organismo più grande e più vecchio esistente in natura. Infatti, è stata scoperta nel Nord America la presenza di un micelio che si propaga da una pianta all’altra arrivando a ricoprire la superficie di circa 1000 ettari e l’età stimata di questo micelio si aggira fra i 2000 ed i 9000 anni.
Bellardi, M.G. (2016). UNA CEPPAIA PERICOLOSA. GIARDINI, 277(marzo), 86-86.
UNA CEPPAIA PERICOLOSA
BELLARDI, MARIA GRAZIA
2016
Abstract
Vedere una ceppaia abbandonata di un grosso albero non è certamente una cosa rara. Se ne incontrano anche in luoghi urbani dove diventano, purtroppo, contenitori occasionali di rifiuti, come se fossero delle pattumiere. Ma le ceppaie su cui ci soffermiamo in queste poche righe sono quelle che possono costituire una fonte pericolosa d’inoculo per un genere di funghi fitopatogeni del genere Armillaria (in Italia questo genere comprende essenzialmente 5 specie: A. mellea, A. ostoyae, A. gallica, A. cepistipes e A. tabescens), responsabili di seri problemi alle foreste ed ai frutteti di tutta Europa provocando il così detto “marciume radicale”. L’Armillaria instaura con la pianta un rapporto di parassitismo (finché l’organismo è vivo), ma che si trasforma in saprofitismo alla morte dell’ospite. Chi raccoglie funghi mangerecci nei boschi nota spesso, infatti, che i “chiodini” dell’Armillaria crescono sia su piante vive, sia su ceppaie. Non esistono in commercio fungicidi capaci di combattere questo patogeno, per cui è importante saper riconoscere precocemente i sintomi del “marciume radicale” al fine di effettuare un efficace intervento agronomico preventivo. L’Armillaria, infatti, permane come saprofita all’interno di radici e rami in decomposizione e ivi può sopravvivere anche per parecchi anni, pronta ad attaccare radici di piante sensibili con cui viene successivamente in contatto. Un facile verifica Se con un coltellino si asporta la corteccia da una ceppaia lasciata in loco, si nota la presenza del suo micelio di colore biancastro, tipicamente a ventaglio, che poi produce rizomorfe: strutture composte da ife strettamente compattate a formare un cordone resistente, attraverso cui il fungo può muoversi nel terreno e penetrare nelle radici delle piante ospiti limitrofe. Cosa fare? Le piante infette da Armillaria devono essere prontamente rimosse ed eliminate, ceppaie comprese; il suolo deve essere lavorato in profondità rimuovendo accuratamente ogni residuo radicale. L’area dovrebbe essere lasciata a riposo per un periodo minimo di almeno 3 anni in modo che l’inoculo del patogeno possa ridursi in maniera significativa. Una curiosità Armillaria spp. si può considerare l’organismo più grande e più vecchio esistente in natura. Infatti, è stata scoperta nel Nord America la presenza di un micelio che si propaga da una pianta all’altra arrivando a ricoprire la superficie di circa 1000 ettari e l’età stimata di questo micelio si aggira fra i 2000 ed i 9000 anni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


