Nell'estate del 2014 sono stato invitato a firmare una dichiarazione intitolata «La Comunità Internazionale ponga fine alla punizione collettiva della popolazione civile nella Striscia di Gaza». Con questo documento prendono la parola «accademici e studiosi di diritto internazionale e penale, difensori dei diritti umani, giuristi e cittadini che credono fermamente nello stato di diritto». Ricevuta notizia dell’adesione di alcuni amici e colleghi, ero sul punto di unirmi a loro. Di primo acchito la denuncia mi è parsa condivisibile; poi qualcosa mi ha distolto dall’intento, inizialmente solo un dettaglio, che ha però innescato una fuga di cattivi pensieri. Non ho firmato. Perché vorrei poter credere – come sembrano fare i firmatari della dichiarazione – che esista in qualche luogo un diritto internazionale capace di arginare ciò che è «moralmente inaccettabile» (sono parole tratte dal documento), se solo fosse applicato secondo i dettami di una retta ragione giuridica di cui gli esperti della materia sarebbero i garanti. Credo tuttavia che il diritto internazionale, le sue norme, le architetture istituzionali e i processi decisionali che esso costituisce e disciplina, siano parte del problema molto più di quanto non possano contribuire alla ricerca di una soluzione.

A proposito di un appello per Gaza lanciato da esperti di diritto internazionale

GRADONI, LORENZO
2014

Abstract

Nell'estate del 2014 sono stato invitato a firmare una dichiarazione intitolata «La Comunità Internazionale ponga fine alla punizione collettiva della popolazione civile nella Striscia di Gaza». Con questo documento prendono la parola «accademici e studiosi di diritto internazionale e penale, difensori dei diritti umani, giuristi e cittadini che credono fermamente nello stato di diritto». Ricevuta notizia dell’adesione di alcuni amici e colleghi, ero sul punto di unirmi a loro. Di primo acchito la denuncia mi è parsa condivisibile; poi qualcosa mi ha distolto dall’intento, inizialmente solo un dettaglio, che ha però innescato una fuga di cattivi pensieri. Non ho firmato. Perché vorrei poter credere – come sembrano fare i firmatari della dichiarazione – che esista in qualche luogo un diritto internazionale capace di arginare ciò che è «moralmente inaccettabile» (sono parole tratte dal documento), se solo fosse applicato secondo i dettami di una retta ragione giuridica di cui gli esperti della materia sarebbero i garanti. Credo tuttavia che il diritto internazionale, le sue norme, le architetture istituzionali e i processi decisionali che esso costituisce e disciplina, siano parte del problema molto più di quanto non possano contribuire alla ricerca di una soluzione.
2014
Lorenzo, Gradoni
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