Il saggio affronta il tema del c.d. reddito di cittadinanza in prospettiva eminentemente giuslavoristica, ponendo l’eventuale previsione di una tale misura in diretta connessione con le trasformazioni dell’impresa e del lavoro “ai dintorni” ed anche “nel cuore” del lavoro subordinato. Per l’autore, se la produttività del lavoro contemporaneo è irriducibile a somma di unità di tempo omogeneo, se il lavoro erogato nel tempo della vita non è misurabile in termini orari, allora la forma salario risulta insufficiente, poiché retribuisce soltanto un segmento del lavoro sociale produttivo di valore-utilità. In questa chiave il basic income si profila non solo e non tanto come «misura contro l’esclusione sociale», bensì quale forma di riconoscimento di quelle attitudini e facoltà comuni impiegate all’interno del ciclo produttivo, ma al di fuori del tempo di lavoro in senso stretto: una sorta di compenso forfettario e generalizzato del lavoro sociale svolto da una determinata comunità la quale garantisce valori e qualità non riconducibili al tempo-orario di lavoro del singolo o – se si preferisce – un dividendo sociale sulla ricchezza prodotta dal sistema economico in un determinato contesto
Martelloni, F. (2014). Il reddito di cittadinanza nel discorso giuslavoristico: le interferenze con la disciplina dei rapporti di lavoro. RIVISTA DEL DIRITTO DELLA SICUREZZA SOCIALE, 2, 189-204.
Il reddito di cittadinanza nel discorso giuslavoristico: le interferenze con la disciplina dei rapporti di lavoro
MARTELLONI, FEDERICO
2014
Abstract
Il saggio affronta il tema del c.d. reddito di cittadinanza in prospettiva eminentemente giuslavoristica, ponendo l’eventuale previsione di una tale misura in diretta connessione con le trasformazioni dell’impresa e del lavoro “ai dintorni” ed anche “nel cuore” del lavoro subordinato. Per l’autore, se la produttività del lavoro contemporaneo è irriducibile a somma di unità di tempo omogeneo, se il lavoro erogato nel tempo della vita non è misurabile in termini orari, allora la forma salario risulta insufficiente, poiché retribuisce soltanto un segmento del lavoro sociale produttivo di valore-utilità. In questa chiave il basic income si profila non solo e non tanto come «misura contro l’esclusione sociale», bensì quale forma di riconoscimento di quelle attitudini e facoltà comuni impiegate all’interno del ciclo produttivo, ma al di fuori del tempo di lavoro in senso stretto: una sorta di compenso forfettario e generalizzato del lavoro sociale svolto da una determinata comunità la quale garantisce valori e qualità non riconducibili al tempo-orario di lavoro del singolo o – se si preferisce – un dividendo sociale sulla ricchezza prodotta dal sistema economico in un determinato contestoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.