Due simboli del Life Style italiano, Marcello e Jep, esemplificano in un certo senso la perfetta parabola della figura del Dandy dalla sua versione originale sette-ottocentesca a quella rivisitata e postmoderna novecentesca. Entrambi i protagonisti delle due pellicole così profondamente intrecciate tra loro, e che hanno così perfettamente cristallizzato una certa idea del Made in Italy visto con lo sguardo internazionale, hanno in comune con il dandy di Baudelaire e di Barbey d’Aurevilly il culto dell’insensibilità, della melanconia-spleen e dell’abulia esistenziale. Essere dandy è uno stile e una filosofia di vita che attraversa e permea ogni aspetto identitario e sociale di chi ha intrapreso questa strada per pochi. Naturale conseguenza di ciò è l’importanza attribuita alla moda e all’abbigliamento, elementi che divengono uno degli strumenti comunicativi privilegiati per l’affermazione visuale del dandy. Il fatto che i protagonisti di due film chiave dell’Italian Way of Life incarnino due modalità di interpretare un fenomeno così interessante come quello del dandysmo non può essere casuale. E se l’indifferenza, la stanchezza, il cinismo sono sia per il Marcello della Dolce vita che per il Jep della Grande bellezza determinanti caratteristiche psicologiche e comportamentali, è pur vero invece che tra le scelte vestimentarie del dandy del 1960 e quelle del suo erede del 2013 c’è tutto la parabola, anche decadente e anche italiana, di una dimensione di arte e di vita che si modifica profondamente dalle sue origini fino ai nostri giorni.
Dandy e Neodandy: Fashion Visual Icons da La dolce vita a La grande bellezza / F. Muzzarelli. - In: BN. - ISSN 0394-008X. - STAMPA. - 581:(2015), pp. 23-32.
Dandy e Neodandy: Fashion Visual Icons da La dolce vita a La grande bellezza
MUZZARELLI, FEDERICA
2015
Abstract
Due simboli del Life Style italiano, Marcello e Jep, esemplificano in un certo senso la perfetta parabola della figura del Dandy dalla sua versione originale sette-ottocentesca a quella rivisitata e postmoderna novecentesca. Entrambi i protagonisti delle due pellicole così profondamente intrecciate tra loro, e che hanno così perfettamente cristallizzato una certa idea del Made in Italy visto con lo sguardo internazionale, hanno in comune con il dandy di Baudelaire e di Barbey d’Aurevilly il culto dell’insensibilità, della melanconia-spleen e dell’abulia esistenziale. Essere dandy è uno stile e una filosofia di vita che attraversa e permea ogni aspetto identitario e sociale di chi ha intrapreso questa strada per pochi. Naturale conseguenza di ciò è l’importanza attribuita alla moda e all’abbigliamento, elementi che divengono uno degli strumenti comunicativi privilegiati per l’affermazione visuale del dandy. Il fatto che i protagonisti di due film chiave dell’Italian Way of Life incarnino due modalità di interpretare un fenomeno così interessante come quello del dandysmo non può essere casuale. E se l’indifferenza, la stanchezza, il cinismo sono sia per il Marcello della Dolce vita che per il Jep della Grande bellezza determinanti caratteristiche psicologiche e comportamentali, è pur vero invece che tra le scelte vestimentarie del dandy del 1960 e quelle del suo erede del 2013 c’è tutto la parabola, anche decadente e anche italiana, di una dimensione di arte e di vita che si modifica profondamente dalle sue origini fino ai nostri giorni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.