Il mito che l’interprete sia invisibile, un semplice canale che trasferisce i messaggi da una lingua all’altra tanto più efficace quanto meno intrusiva è la sua presenza, è già stato messo in discussione da molti autori. È stato evidenziato come attraverso scelte linguistiche e atti pragmatici egli/ella contribuisca a co-costruire il significato degli enunciati e a coordinare gli scambi comunicativi tra gli interlocutori, diventandone a tutti gli effetti un partecipante attivo. Naturalmente il grado di formalità degli incontri mediati dagli interpreti, che si tratti cioè di vertici tra capi di stato o, viceversa, di dialoghi tra persone straniere e funzionari dei servizi pubblici, determina il livello di maggiore o minore protagonismo dell’interprete, che è dettato nel primo caso anche dal protocollo poiché si tratta di un evento caratterizzato dalla massima formalità in un continuum di situazioni comunicative possibili. Numerosi sono ormai gli studi che hanno contribuito a ripercorrere la storia dell’interpretazione, le specificità di ogni situazione comunicativa interlinguistica e interculturale, nonché il contributo effettivo degli interpreti alle stesse, rendendone spesso note le identità. La mostra Cent’anni di solitudine dell’interprete: tra storia e memoria, però, costituisce una novità assoluta poiché per la prima volta vengono mostrate le immagini non tanto di interpreti all’opera, ma di individui con nome e cognome, oltre che con un’esperienza di vita e professionale, i quali hanno contribuito dai primi del Novecento ad oggi a realizzare le finalità degli incontri per cui sono stati ingaggiati, almeno quanto i protagonisti che dalle loro parole dipendevano: che si trattasse dei funzionari di Ellis Island che dovevano interrogare gli immigrati, o di Nixon e Mao Tse-tung impegnati in una delicata interazione diplomatica. Taluni interpreti divennero poi famosi nel corso della loro vita come ad esempio l’italo-americano Fiorello La Guardia, sindaco di New York, che lavorò per tre anni (1907-1910) proprio come interprete a Ellis Island. Altri, invece, sono rimasti ignoti al grande pubblico pur avendo perso la vita proprio per aver svolto mansioni di interprete nei teatri di guerra. La mostra è il risultato di una rigorosa ricostruzione storiografica e di una meticolosa ricerca di archivio realizzate dagli studenti del Departamento de Traducción e Interpretación dell’Universidad de Salamanca sotto la guida dei loro docenti Icíar Alonso Araguás e Jesús Baigorri Jalón, fondatori del Gruppo di ricerca internazionale sull’interpretazione Alfaqueque con cui il Dipartimento di Interpretazione e Traduzione del Campus di Forlì collabora da tempo sia per la ricerca che per la didattica. Questa mostra, dove i nostri studenti della Sezione di spagnolo iscritti alla Laurea magistrale in Interpretazione hanno realizzato la traduzione di tutti i materiali, ne è un eccellente esempio. Dopo essere stata ospitata in diverse sedi in Spagna e in Europa, l’esposizione fotografica per la prima volta in Italia approda a Forlì e qui, in un rapporto dialettico con il territorio, ha ampliato la sua raccolta di immagini e “narrazioni” fornendo anche una testimonianza sulle competenze linguistiche di Benito Mussolini, vissuto per alcuni anni in questa città, e dei suoi rapporti con gli interpreti. Con questa iniziativa abbiamo desiderato offrire un’opportunità ai cittadini della Provincia di Forlì-Cesena di cogliere il contributo alla società offerto da coloro che esercitano questa impegnativa e affascinante professione.

Cent'anni di solitudine dell'interprete: tra Storia e Memoria / Russo, Mariachiara. - (2014).

Cent'anni di solitudine dell'interprete: tra Storia e Memoria

RUSSO, MARIACHIARA
2014

Abstract

Il mito che l’interprete sia invisibile, un semplice canale che trasferisce i messaggi da una lingua all’altra tanto più efficace quanto meno intrusiva è la sua presenza, è già stato messo in discussione da molti autori. È stato evidenziato come attraverso scelte linguistiche e atti pragmatici egli/ella contribuisca a co-costruire il significato degli enunciati e a coordinare gli scambi comunicativi tra gli interlocutori, diventandone a tutti gli effetti un partecipante attivo. Naturalmente il grado di formalità degli incontri mediati dagli interpreti, che si tratti cioè di vertici tra capi di stato o, viceversa, di dialoghi tra persone straniere e funzionari dei servizi pubblici, determina il livello di maggiore o minore protagonismo dell’interprete, che è dettato nel primo caso anche dal protocollo poiché si tratta di un evento caratterizzato dalla massima formalità in un continuum di situazioni comunicative possibili. Numerosi sono ormai gli studi che hanno contribuito a ripercorrere la storia dell’interpretazione, le specificità di ogni situazione comunicativa interlinguistica e interculturale, nonché il contributo effettivo degli interpreti alle stesse, rendendone spesso note le identità. La mostra Cent’anni di solitudine dell’interprete: tra storia e memoria, però, costituisce una novità assoluta poiché per la prima volta vengono mostrate le immagini non tanto di interpreti all’opera, ma di individui con nome e cognome, oltre che con un’esperienza di vita e professionale, i quali hanno contribuito dai primi del Novecento ad oggi a realizzare le finalità degli incontri per cui sono stati ingaggiati, almeno quanto i protagonisti che dalle loro parole dipendevano: che si trattasse dei funzionari di Ellis Island che dovevano interrogare gli immigrati, o di Nixon e Mao Tse-tung impegnati in una delicata interazione diplomatica. Taluni interpreti divennero poi famosi nel corso della loro vita come ad esempio l’italo-americano Fiorello La Guardia, sindaco di New York, che lavorò per tre anni (1907-1910) proprio come interprete a Ellis Island. Altri, invece, sono rimasti ignoti al grande pubblico pur avendo perso la vita proprio per aver svolto mansioni di interprete nei teatri di guerra. La mostra è il risultato di una rigorosa ricostruzione storiografica e di una meticolosa ricerca di archivio realizzate dagli studenti del Departamento de Traducción e Interpretación dell’Universidad de Salamanca sotto la guida dei loro docenti Icíar Alonso Araguás e Jesús Baigorri Jalón, fondatori del Gruppo di ricerca internazionale sull’interpretazione Alfaqueque con cui il Dipartimento di Interpretazione e Traduzione del Campus di Forlì collabora da tempo sia per la ricerca che per la didattica. Questa mostra, dove i nostri studenti della Sezione di spagnolo iscritti alla Laurea magistrale in Interpretazione hanno realizzato la traduzione di tutti i materiali, ne è un eccellente esempio. Dopo essere stata ospitata in diverse sedi in Spagna e in Europa, l’esposizione fotografica per la prima volta in Italia approda a Forlì e qui, in un rapporto dialettico con il territorio, ha ampliato la sua raccolta di immagini e “narrazioni” fornendo anche una testimonianza sulle competenze linguistiche di Benito Mussolini, vissuto per alcuni anni in questa città, e dei suoi rapporti con gli interpreti. Con questa iniziativa abbiamo desiderato offrire un’opportunità ai cittadini della Provincia di Forlì-Cesena di cogliere il contributo alla società offerto da coloro che esercitano questa impegnativa e affascinante professione.
2014
Cent'anni di solitudine dell'interprete: tra Storia e Memoria / Russo, Mariachiara. - (2014).
Russo, Mariachiara
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/524474
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact