Il lavoro dell'interprete in un incarico di intercettazioni racchiude senza dubbio di una notevole complessità. Si tratta di svolgere un compito che richiede non solo una solida formazione nelle diverse modalità dell'interpretazione, ma anche una certa esperienza professionale in campo giudiziario. Inoltre, può rivelarsi utile contare su un background metodologico interdisciplinare - con elementi di antropologia organizzativa, tecniche e parametri di analisi della comunicazione non verbale, nonché di mediazione interculturale (González Rodríguez, 2014) - che permetta all'interprete di affrontare e gestire questioni che possono diventare anche decisive nella sua performance operativa, lavorando con una serie di competenze e/o abilità che vanno oltre ciò che può essere considerato "prototipico" dell'interpretariato. La figura dell'interprete in un'operazione di intercettazione ha acquistato una certa visibilità sociale solo negli ultimi decenni, come, ad esempio, attraverso episodi legati alla lotta al terrorismo internazionale o alla criminalità organizzata, veri e propri ‘fenomeni globali’ che, assieme allo sviluppo vertiginoso delle nuove tecnologie (TIC) hanno comportato un aumento esponenziale del volume di intercettazioni delle comunicazioni, in cui l'interprete gioca un ruolo chiave. Si tratta, quindi, di uno scenario in piena espansione a cui si dedica sempre di più la letteratura giuridica e la linguistica forense, mentre, invece, l’ambito dell’interpretazione registra una scarsa o quasi inesistente produzione di studi scientifici incentrati sull’interpreti di intercettazioni -soltanto nominato come ‘una delle mansioni’ dell’interprete giudiziario. Di fronte a questa situazione, la magistratura è stata ed è ancora costretta a ricorrere spesso a personale non qualificato per svolgere il lavoro dell'interprete di intercettazioni, o addirittura a interpellare a persone che semplicemente parlano una determinata lingua o dialetto per collaborare come traduttori e/o interpreti per intercettazioni e procedimenti giudiziari. In queste circostanze, sarebbe utile riflettere su possibili ipotesi di formazione per interpreti giudiziari e, parallelamente, immaginare anche percorsi programmatici rivolti a collaboratori interlinguistici non qualificati come interpreti, ma che vengono interpellati come tali dalla giustizia, come succede ad esempio per certe lingue africane o asiatiche. A questo punto, si rende necessario analizzare in dettaglio questo profilo professionale dell’interprete d’intercettazioni (González Rodríguez, 2015) per, successivamente, poter individuare le competenze e le abilità da acquisire in un possibile percorso di formazione specifica rivolto a mediatori/interpreti non qualificati. Questo studio presenta una esperienza pilota in questa linea.
González Rodríguez, M. (2015). Interpretación para escuchas telefónicas: de la experiencia profesional a su didáctica. Geneva : Editions Tradulex.
Interpretación para escuchas telefónicas: de la experiencia profesional a su didáctica
GONZALEZ RODRIGUEZ, MARIA JESUS
2015
Abstract
Il lavoro dell'interprete in un incarico di intercettazioni racchiude senza dubbio di una notevole complessità. Si tratta di svolgere un compito che richiede non solo una solida formazione nelle diverse modalità dell'interpretazione, ma anche una certa esperienza professionale in campo giudiziario. Inoltre, può rivelarsi utile contare su un background metodologico interdisciplinare - con elementi di antropologia organizzativa, tecniche e parametri di analisi della comunicazione non verbale, nonché di mediazione interculturale (González Rodríguez, 2014) - che permetta all'interprete di affrontare e gestire questioni che possono diventare anche decisive nella sua performance operativa, lavorando con una serie di competenze e/o abilità che vanno oltre ciò che può essere considerato "prototipico" dell'interpretariato. La figura dell'interprete in un'operazione di intercettazione ha acquistato una certa visibilità sociale solo negli ultimi decenni, come, ad esempio, attraverso episodi legati alla lotta al terrorismo internazionale o alla criminalità organizzata, veri e propri ‘fenomeni globali’ che, assieme allo sviluppo vertiginoso delle nuove tecnologie (TIC) hanno comportato un aumento esponenziale del volume di intercettazioni delle comunicazioni, in cui l'interprete gioca un ruolo chiave. Si tratta, quindi, di uno scenario in piena espansione a cui si dedica sempre di più la letteratura giuridica e la linguistica forense, mentre, invece, l’ambito dell’interpretazione registra una scarsa o quasi inesistente produzione di studi scientifici incentrati sull’interpreti di intercettazioni -soltanto nominato come ‘una delle mansioni’ dell’interprete giudiziario. Di fronte a questa situazione, la magistratura è stata ed è ancora costretta a ricorrere spesso a personale non qualificato per svolgere il lavoro dell'interprete di intercettazioni, o addirittura a interpellare a persone che semplicemente parlano una determinata lingua o dialetto per collaborare come traduttori e/o interpreti per intercettazioni e procedimenti giudiziari. In queste circostanze, sarebbe utile riflettere su possibili ipotesi di formazione per interpreti giudiziari e, parallelamente, immaginare anche percorsi programmatici rivolti a collaboratori interlinguistici non qualificati come interpreti, ma che vengono interpellati come tali dalla giustizia, come succede ad esempio per certe lingue africane o asiatiche. A questo punto, si rende necessario analizzare in dettaglio questo profilo professionale dell’interprete d’intercettazioni (González Rodríguez, 2015) per, successivamente, poter individuare le competenze e le abilità da acquisire in un possibile percorso di formazione specifica rivolto a mediatori/interpreti non qualificati. Questo studio presenta una esperienza pilota in questa linea.File | Dimensione | Formato | |
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