Ogni anno in Europa diversi milioni di tonnellate di cibo vengono gettate via. Una stima pubblicata dalla Commissione europea sottolinea come nei 27 Stati membri, 89 milioni di tonnellate di cibo, pari a 179 kg pro capite, sono scartate. Il dato varia notevolmente da paese a paese, ed è distribuito in modo differente lungo i diversi settori della filiera agroalimentare. Le stesse stime evidenziano che, senza l'attuazione di azioni di prevenzione o di misure di riduzione, gli sprechi alimentari raggiungeranno le 126 milioni di tonnellate (un aumento del 40%) entro il 2020. Gli sprechi si verifica per diversi motivi: frutta e verdura sono lasciati a marcire nei campi a causa di eccedenze strutturali e congiunturali; altro cibo è scartata a livello della distribuzione per ragioni economiche o commerciali come stoccaggio inadeguato, il cambio di immagine di una particolare marca, l’imballaggio danneggiato, beni stagionali, residui di attività promozionali, mancato rispetto degli standard estetici o fisici, il raggiungimento delle date di scadenza; altro cibo ancora è sprecato a livello della ristorazione e domestico a causa di errori di pianificazione, porzioni troppo abbondanti, etichette poco chiare, abitudini alimentari sbagliate. Più in generale, gli sprechi alimentari possono essere causati anche dalla mancanza di tecnologie adeguate, difficoltà nella gestione degli alimenti, la mancanza di una legislazione adeguata, il comportamento dei consumatori. Nell'UE la frazione più grande di sprechi alimentari è prodotta a livello familiare: circa il 42% del totale pari a 38 milioni di tonnellate, una media di circa 76 kg pro capite all’anno. Questo ha conseguenze dal punto di vista sociale, economica ed ambientale. Ad esempio, si stima che il cibo sprecato ogni anno nell'Unione Europea produca 170 milioni di tonnellate di CO2 eq. Considerando che il settore alimentare rappresenta il 30-31% del potenziale del riscaldamento globale, risulta essere quasi essenziale ridurre l'impatto ambientale degli sprechi. Inoltre, una comunicazione del 2010 della Commissione Europea sui rifiuti, ha identificato potenziali vantaggi ambientali e finanziari pari a poco più di 4 miliardi di Euro se venissero implementate politiche, “moderatamente ambiziose” di prevenzione dei rifiuti organici biodegradabili. Circa 29 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 potrebbero essere rispariate grazie alla prevenzione dei rifiuti organici biodegradabili. Come dimostrano tali dati, il comportamento dei consumatori gioca un ruolo chiave nella produzione degli sprechi. Il loro comportamento a volte irrazionale, legato a fattori esterni (crisi economica), fattori interni (abitudini e processi cognitivi) e fattori sociali (norme sociali e atteggiamenti culturali), può portare ad un ulteriore aumento della produzione di sprechi. Ma al contempo un corretto comportamento potrebbe portare ad una loro drastica contrazione, per cui in linea con la direttiva quadro sui rifiuti dell'UE (direttiva 2008/98 / CE) il consumatore dovrebbe adottare comportamenti nel rispetto della “gerarchia dei rifiuti (sprechi)” cioè prevenire la loro formazione, laddove ciò non fosse possibile, riutilizzarli a livello domestico, se anche questo fosse difficoltoso attuare azione di riciclaggio e solo in ultima istanza smaltirli come rifiuto.
Falasconi L. (2015). Cibo, ambiente e stili di vita. Milano : BRUNO MONDADORI.
Cibo, ambiente e stili di vita
FALASCONI, LUCA
2015
Abstract
Ogni anno in Europa diversi milioni di tonnellate di cibo vengono gettate via. Una stima pubblicata dalla Commissione europea sottolinea come nei 27 Stati membri, 89 milioni di tonnellate di cibo, pari a 179 kg pro capite, sono scartate. Il dato varia notevolmente da paese a paese, ed è distribuito in modo differente lungo i diversi settori della filiera agroalimentare. Le stesse stime evidenziano che, senza l'attuazione di azioni di prevenzione o di misure di riduzione, gli sprechi alimentari raggiungeranno le 126 milioni di tonnellate (un aumento del 40%) entro il 2020. Gli sprechi si verifica per diversi motivi: frutta e verdura sono lasciati a marcire nei campi a causa di eccedenze strutturali e congiunturali; altro cibo è scartata a livello della distribuzione per ragioni economiche o commerciali come stoccaggio inadeguato, il cambio di immagine di una particolare marca, l’imballaggio danneggiato, beni stagionali, residui di attività promozionali, mancato rispetto degli standard estetici o fisici, il raggiungimento delle date di scadenza; altro cibo ancora è sprecato a livello della ristorazione e domestico a causa di errori di pianificazione, porzioni troppo abbondanti, etichette poco chiare, abitudini alimentari sbagliate. Più in generale, gli sprechi alimentari possono essere causati anche dalla mancanza di tecnologie adeguate, difficoltà nella gestione degli alimenti, la mancanza di una legislazione adeguata, il comportamento dei consumatori. Nell'UE la frazione più grande di sprechi alimentari è prodotta a livello familiare: circa il 42% del totale pari a 38 milioni di tonnellate, una media di circa 76 kg pro capite all’anno. Questo ha conseguenze dal punto di vista sociale, economica ed ambientale. Ad esempio, si stima che il cibo sprecato ogni anno nell'Unione Europea produca 170 milioni di tonnellate di CO2 eq. Considerando che il settore alimentare rappresenta il 30-31% del potenziale del riscaldamento globale, risulta essere quasi essenziale ridurre l'impatto ambientale degli sprechi. Inoltre, una comunicazione del 2010 della Commissione Europea sui rifiuti, ha identificato potenziali vantaggi ambientali e finanziari pari a poco più di 4 miliardi di Euro se venissero implementate politiche, “moderatamente ambiziose” di prevenzione dei rifiuti organici biodegradabili. Circa 29 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 potrebbero essere rispariate grazie alla prevenzione dei rifiuti organici biodegradabili. Come dimostrano tali dati, il comportamento dei consumatori gioca un ruolo chiave nella produzione degli sprechi. Il loro comportamento a volte irrazionale, legato a fattori esterni (crisi economica), fattori interni (abitudini e processi cognitivi) e fattori sociali (norme sociali e atteggiamenti culturali), può portare ad un ulteriore aumento della produzione di sprechi. Ma al contempo un corretto comportamento potrebbe portare ad una loro drastica contrazione, per cui in linea con la direttiva quadro sui rifiuti dell'UE (direttiva 2008/98 / CE) il consumatore dovrebbe adottare comportamenti nel rispetto della “gerarchia dei rifiuti (sprechi)” cioè prevenire la loro formazione, laddove ciò non fosse possibile, riutilizzarli a livello domestico, se anche questo fosse difficoltoso attuare azione di riciclaggio e solo in ultima istanza smaltirli come rifiuto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.