In questa introduzione si inquadrano gli aspetti principali del progetto e del processo di traduzione che ha prodotto la versione italiana di Faustin and Out. La scrittura di Elfriede Jelinek, premio Nobel per la letteratura nel 2004, è generalmente considerata estremamente ostica non solo per chi tenti la messa in scena dei suoi testi teatrali, ma soprattutto per chi ne affronti la traduzione. Produrre una versione italiana per una concreta rappresentazione in teatri italiani implica in particolare il tentativo di superare, almeno in parte, due diversi scogli. In primo luogo la sistematica e caratteristica dissoluzione del tessuto sintattico e semantico del testo, che si presenta come una combinazione di lunghe ed estenuanti espansioni di enunciati pieni di doppi e tripli sensi, variazioni morfologiche e fonetiche, giochi di parole e modi di dire decostruiti e risemantizzati. Dal punto di vista della struttura testuale, poi, si sciogliono e si fondono le identità dei personaggi in una successione intricata di diversi orizzonti discorsivi, in cui interagiscono i richiami a vicende della prima versione del Faust di Goethe, fatti di cronaca nera austriaca, episodi di sfruttamento del lavoro femminile, critica del capitalismo, della religione e della filosofia contemporanea. Il progetto di traduzione deve quindi ricontestualizzare per un pubblico italiano quanto più possibile degli orizzonti di riferimento proposti e rielaborati dall'autrice per il pubblico di lingua e cultura tedesca. La portata, le strategie e i limiti di questo lavoro di gruppo, in cui hanno interagito traduttori, regista e attrici, sono discussi sistematicamente in questa introduzione, con un'analisi esaustiva delle opzioni metodologiche e un cospicuo numero di esempi.
E. Balboni, M. Soffritti (2014). Introduzione. Corazzano : Titivillus edizioni.
Introduzione
SOFFRITTI, MARCELLO
2014
Abstract
In questa introduzione si inquadrano gli aspetti principali del progetto e del processo di traduzione che ha prodotto la versione italiana di Faustin and Out. La scrittura di Elfriede Jelinek, premio Nobel per la letteratura nel 2004, è generalmente considerata estremamente ostica non solo per chi tenti la messa in scena dei suoi testi teatrali, ma soprattutto per chi ne affronti la traduzione. Produrre una versione italiana per una concreta rappresentazione in teatri italiani implica in particolare il tentativo di superare, almeno in parte, due diversi scogli. In primo luogo la sistematica e caratteristica dissoluzione del tessuto sintattico e semantico del testo, che si presenta come una combinazione di lunghe ed estenuanti espansioni di enunciati pieni di doppi e tripli sensi, variazioni morfologiche e fonetiche, giochi di parole e modi di dire decostruiti e risemantizzati. Dal punto di vista della struttura testuale, poi, si sciogliono e si fondono le identità dei personaggi in una successione intricata di diversi orizzonti discorsivi, in cui interagiscono i richiami a vicende della prima versione del Faust di Goethe, fatti di cronaca nera austriaca, episodi di sfruttamento del lavoro femminile, critica del capitalismo, della religione e della filosofia contemporanea. Il progetto di traduzione deve quindi ricontestualizzare per un pubblico italiano quanto più possibile degli orizzonti di riferimento proposti e rielaborati dall'autrice per il pubblico di lingua e cultura tedesca. La portata, le strategie e i limiti di questo lavoro di gruppo, in cui hanno interagito traduttori, regista e attrici, sono discussi sistematicamente in questa introduzione, con un'analisi esaustiva delle opzioni metodologiche e un cospicuo numero di esempi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.