Lo stretto rapporto che intercorre tra la musica e la matematica fu scoperto sin dall'antichità: un esempio classico è dato dalla Scuola Pitagorica, a cui si deve la scoperta secondo la quale i differenti toni di una scala sono legati ai rapporti fra numeri interi: una corda dimezzata suona l'ottava superiore, ridotta ai suoi 3/4 la quarta, ridotta ai suoi 2/3 la quinta, e così via. Molta matematica applicata in campo musicale deriva infatti dallo studio dell'acustica e dai problemi ad essa collegata, ma bisogna ricordare che per trovare un approccio di tipo fisico-matematico ai problemi della consonanza degli intervalli è necessario arrivare ad epoche relativamente recenti, mentre per molti secoli dopo Pitagora il problema della consonanza ed in generale della suddivisione della scala musicale era trattato secondo principi esclusivamente aritmetici, se non puramente numerologici. Già Pitagora si era però accorto che il suo sistema non era perfetto, utilizzando parallelamente due monocordi sul primo dei quali ottenne sette ottave e sul secondo, a partire dallo stesso suono fondamentale, dodici quinte perfette. Verificò che i due suoni ultimi non coincidevano affatto e che anzi l’ultima quinta era più alta dell’ultima ottava, di una differenza udibile all’orecchio umano e chiamata per l’appunto comma pitagorico. In realtà questa imperfezione, legata all’impossibilità di due numeri primi diversi di avere un multiplo in comune per quante volte li si voglia moltiplicare, non turbava più di tanto il mondo musicale greco, che si esprimeva attraverso canti ed armonie abbastanza semplici. Il problema emerse invece in maniera evidente attorno al XV secolo, con l’inizio della polifonia e della modulazione, allorquando la mancata chiusura del circolo delle quinte e l’asprezza di certi intervalli eseguiti armonicamente posero ai compositori ostacoli di difficile superamento. Contributo fondamentale allo studio ed alla risoluzione del problema della consonanza venne da Gioseffo Zarlino che, con i suoi due trattati sul temperamento, trovò una soluzione estendendo a 6 i numeri generatori ovvero i numeri con i rapporti fra i quali esprimere gli intervalli fra i gradi della scala. Da un punto di vista acustico, sono proprio le indicazioni di Zarlino ad offrire le osservazioni più interessanti riguardo alla consonanza, come si vedrà nel seguito. Nei decenni a seguire, altri studiosi si dedicarono all’elaborazione di metodi per il temperamento della scala tesi a coniugare le esigenze della consonanza con quelle della regolarità della suddivisione ed in particolare con la necessità di contenere in numero limitato i suoni costituenti la scala stessa e la necessità di poter suonare indifferentemente in un numero maggiore di tonalità.
R. FURLAN, L. TRONCHIN (2007). il temperamento degli strumenti: alla ricerca di una definizione fisico-matematica della consonanza. ROMA : AIA.
il temperamento degli strumenti: alla ricerca di una definizione fisico-matematica della consonanza
TRONCHIN, LAMBERTO
2007
Abstract
Lo stretto rapporto che intercorre tra la musica e la matematica fu scoperto sin dall'antichità: un esempio classico è dato dalla Scuola Pitagorica, a cui si deve la scoperta secondo la quale i differenti toni di una scala sono legati ai rapporti fra numeri interi: una corda dimezzata suona l'ottava superiore, ridotta ai suoi 3/4 la quarta, ridotta ai suoi 2/3 la quinta, e così via. Molta matematica applicata in campo musicale deriva infatti dallo studio dell'acustica e dai problemi ad essa collegata, ma bisogna ricordare che per trovare un approccio di tipo fisico-matematico ai problemi della consonanza degli intervalli è necessario arrivare ad epoche relativamente recenti, mentre per molti secoli dopo Pitagora il problema della consonanza ed in generale della suddivisione della scala musicale era trattato secondo principi esclusivamente aritmetici, se non puramente numerologici. Già Pitagora si era però accorto che il suo sistema non era perfetto, utilizzando parallelamente due monocordi sul primo dei quali ottenne sette ottave e sul secondo, a partire dallo stesso suono fondamentale, dodici quinte perfette. Verificò che i due suoni ultimi non coincidevano affatto e che anzi l’ultima quinta era più alta dell’ultima ottava, di una differenza udibile all’orecchio umano e chiamata per l’appunto comma pitagorico. In realtà questa imperfezione, legata all’impossibilità di due numeri primi diversi di avere un multiplo in comune per quante volte li si voglia moltiplicare, non turbava più di tanto il mondo musicale greco, che si esprimeva attraverso canti ed armonie abbastanza semplici. Il problema emerse invece in maniera evidente attorno al XV secolo, con l’inizio della polifonia e della modulazione, allorquando la mancata chiusura del circolo delle quinte e l’asprezza di certi intervalli eseguiti armonicamente posero ai compositori ostacoli di difficile superamento. Contributo fondamentale allo studio ed alla risoluzione del problema della consonanza venne da Gioseffo Zarlino che, con i suoi due trattati sul temperamento, trovò una soluzione estendendo a 6 i numeri generatori ovvero i numeri con i rapporti fra i quali esprimere gli intervalli fra i gradi della scala. Da un punto di vista acustico, sono proprio le indicazioni di Zarlino ad offrire le osservazioni più interessanti riguardo alla consonanza, come si vedrà nel seguito. Nei decenni a seguire, altri studiosi si dedicarono all’elaborazione di metodi per il temperamento della scala tesi a coniugare le esigenze della consonanza con quelle della regolarità della suddivisione ed in particolare con la necessità di contenere in numero limitato i suoni costituenti la scala stessa e la necessità di poter suonare indifferentemente in un numero maggiore di tonalità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.