L’idea di Europa (1) viene dibattuta nella storiografia occidentale a partire dalla equazione fra Europa e Occidente che la meditazione di Spengler Der Untergang des Abendlandes impose alla cultura europea attorno al 1920 (2). Nei nostri paesi occidentali, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per scelte politiche governative, l’Europa ha preso la forma di una comunità economica tendente ad una comunità politica, (1949 Consiglio d’Europa; 1950 Comunità dei Sei; 1951 CECA; 1957 Trattati di Roma: Euratom e CEE; 1992, Trattato di Maastricht e 1993 la CEE diventa UE; 1995 Convenzione di Schengen; 1997, Trattato di Amsterdam; 1998 BCE; 1999 nascita dell’euro; 2000-2001 Trattato di Nizza) nella speranza di creare una camera di compensazione delle microcoflittualità regionali, che dal 1914 al 1945 ebbero a coinvolgere tutti gli stati nazionali in conflitti rovinosi, senza contare i più recenti conflitti fra Grecia e Turchia (1955, 1963-1964) e la guerra del Kossovo (1999). Questa unità dell’Europa, che stenta ad imporsi sui nazionalismi culturali, veniva concepita dopo il 1945 come antidoto ai guasti dei nazionalismi e come contrappeso alle grandi potenze di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica, con la Germania smembrata e le potenze coloniali di Francia e Gran Bretagna in declino politico ed economico, destinato ad accentuarsi con la fine dell’età dei colonialismi nel corso degli anni ’50. Non occorre ricordare che negli anni ’50 si guardava all’India e alla Cina come a paesi demograficamente e territorialmente giganteschi ma paralizzati dai propri problemi sociali e politici, non come a potenze emergenti, tanto più che le regioni estrattive del petrolio (Persia, Iraq e Arabia) cioè i paesi che costituiscono il nucleo delle potenze islamiche tendenzialmente contrarie a Israele, visto come pseudopodo europeo in Palestina, erano prevalentemente sotto controllo statunitense e inglese, il nord-Africa era sotto controllo inglese e francese; gli Italiani, nel costruire in Libia le loro strade imperiali di romana memoria, non si erano accorti di avere un lago di petrolio sotto i piedi. Ma nel 1947 Toynbee affermava, con l’animo di un lettore cresciuto nella meditazione di Spengler (1920) Der Untergang des Abendlandes, e di fronte alla evidenza che il baricentro della economia e della politica mondiale si era spostato verso l’Oceano Pacifico, fra Stati Uniti e Cina, prima che il maoismo ritardasse questo processo di circa sessant’anni: “Misurata su un’attività economica di queste dimensioni, un’unità europea, quand’anche riunisse l’intera Europa, rappresenterebbe un’unità economica quasi altrettanto inadeguata quanto potrebbe esserlo uno stato nazionale sul tipo della Francia, o una città-stato sul tipo della Venezia medioevale. Sul piano della visione economica, una “Pan-Europa” è già diventata anacronistica, prima ancora che noi abbiamo avuto la possibilità crearla. E gli Europei Occidentali non devono dolersi che la “Pan-Europa” sia nata morta, se ora vien data loro l’altra possibilità di entrare in un complesso che abbraccia pressoché tutto il mondo”, cioè il dominio economico mondiale degli Stati Uniti che poteva apparire molto più certo ai tempi del Piano Marshall di quanto non appaia ora in tempi di contestazione “antimperiale” da Gore Vidal a Hardt e Negri e in tempi di concorrenza globale (3).
A. CARILE, P.M. COSTA, F. MARTELLI, P. OGNIBENE, A.M. ORSELLI, A. VANOLI (2007). L' Europa fuori dall'Europa. Atti del Convegno. Ravenna, 9-10 febbraio 2007. MILANO : MIMESIS ISIAO.
L' Europa fuori dall'Europa. Atti del Convegno. Ravenna, 9-10 febbraio 2007
CARILE, ANTONIO ROCCO;MARTELLI, FABIO;OGNIBENE, PAOLO;ORSELLI, ALBA;
2007
Abstract
L’idea di Europa (1) viene dibattuta nella storiografia occidentale a partire dalla equazione fra Europa e Occidente che la meditazione di Spengler Der Untergang des Abendlandes impose alla cultura europea attorno al 1920 (2). Nei nostri paesi occidentali, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per scelte politiche governative, l’Europa ha preso la forma di una comunità economica tendente ad una comunità politica, (1949 Consiglio d’Europa; 1950 Comunità dei Sei; 1951 CECA; 1957 Trattati di Roma: Euratom e CEE; 1992, Trattato di Maastricht e 1993 la CEE diventa UE; 1995 Convenzione di Schengen; 1997, Trattato di Amsterdam; 1998 BCE; 1999 nascita dell’euro; 2000-2001 Trattato di Nizza) nella speranza di creare una camera di compensazione delle microcoflittualità regionali, che dal 1914 al 1945 ebbero a coinvolgere tutti gli stati nazionali in conflitti rovinosi, senza contare i più recenti conflitti fra Grecia e Turchia (1955, 1963-1964) e la guerra del Kossovo (1999). Questa unità dell’Europa, che stenta ad imporsi sui nazionalismi culturali, veniva concepita dopo il 1945 come antidoto ai guasti dei nazionalismi e come contrappeso alle grandi potenze di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica, con la Germania smembrata e le potenze coloniali di Francia e Gran Bretagna in declino politico ed economico, destinato ad accentuarsi con la fine dell’età dei colonialismi nel corso degli anni ’50. Non occorre ricordare che negli anni ’50 si guardava all’India e alla Cina come a paesi demograficamente e territorialmente giganteschi ma paralizzati dai propri problemi sociali e politici, non come a potenze emergenti, tanto più che le regioni estrattive del petrolio (Persia, Iraq e Arabia) cioè i paesi che costituiscono il nucleo delle potenze islamiche tendenzialmente contrarie a Israele, visto come pseudopodo europeo in Palestina, erano prevalentemente sotto controllo statunitense e inglese, il nord-Africa era sotto controllo inglese e francese; gli Italiani, nel costruire in Libia le loro strade imperiali di romana memoria, non si erano accorti di avere un lago di petrolio sotto i piedi. Ma nel 1947 Toynbee affermava, con l’animo di un lettore cresciuto nella meditazione di Spengler (1920) Der Untergang des Abendlandes, e di fronte alla evidenza che il baricentro della economia e della politica mondiale si era spostato verso l’Oceano Pacifico, fra Stati Uniti e Cina, prima che il maoismo ritardasse questo processo di circa sessant’anni: “Misurata su un’attività economica di queste dimensioni, un’unità europea, quand’anche riunisse l’intera Europa, rappresenterebbe un’unità economica quasi altrettanto inadeguata quanto potrebbe esserlo uno stato nazionale sul tipo della Francia, o una città-stato sul tipo della Venezia medioevale. Sul piano della visione economica, una “Pan-Europa” è già diventata anacronistica, prima ancora che noi abbiamo avuto la possibilità crearla. E gli Europei Occidentali non devono dolersi che la “Pan-Europa” sia nata morta, se ora vien data loro l’altra possibilità di entrare in un complesso che abbraccia pressoché tutto il mondo”, cioè il dominio economico mondiale degli Stati Uniti che poteva apparire molto più certo ai tempi del Piano Marshall di quanto non appaia ora in tempi di contestazione “antimperiale” da Gore Vidal a Hardt e Negri e in tempi di concorrenza globale (3).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.