In antitesi ai grandi istituti assistenziali, le comunità residenziali si sono caratterizzate, fin dalla loro nascita, per il tentativo di fornire ai minori un clima quanto più familiare possibile, in cui la centralità della relazione con adulti significativi e le caratteristiche di intimità e accoglienza dell’ambiente di vita costituiscono i punti cardine attraverso cui avviare processi protettivi e riparatori (Emiliani e Bastianoni, 1993). In tali contesti, l’azione educativa e di cura a cui, quotidianamente, l’adulto è chiamato, stimola la presente riflessione sui modi in cui il tema della genitorialità viene vissuto, compreso e re- interpretato in chiave operativa. Nel complesso, l’analisi della realtà attuale ci porta a osservare quanto il modello familiare - inteso in una prospettiva normativa e non ancora pluralista (Fruggeri, 2005) - sia ancor oggi un importante organizzatore dell’intervento di comunità, esercitando la sua influenza sia dall’esterno, attraverso le politiche che regolano gli invii e definiscono la “gerarchia” di interventi da attuare in previsione della definitiva chiusura di tutti gli istituti (nota 1), sia dall’interno, qualificando i termini della proposta relazionale di cui gli adulti si fanno promotori. Da tempo, infatti, sappiamo che i modelli culturali impliciti - fra i quali quello di madre/padre famiglia - sono particolarmente importanti nella costruzione dell’identità professionale degli educatori e nella determinazione dei loro atti educativi (Le Poultier, 1987; Bastianoni e Palareti, 2005; Fyhr, 2001; Moses, 2000) . Ma quali sono, nello specifico, i modelli genitoriali a cui si rivolgono gli educatori? A tale proposito verranno presentati i risultati di un’indagine qualitativa volta a rilevare le immagini simboliche inerenti il ruolo in un campione di donne impegnate nella conduzione di comunità familiari. Per superare la fuorviante e vetusta antinomia fra familiare e professionale e al fine di rimettere al centro dell’intervento educativo i processi funzionali (a scapito di quelli normativi e strutturali) che nei contesti comunitari permettono di svolgere efficacemente il proprio compito educativo, viene sottolineata la necessità di una pratica professionale che si confronta con teorie scientifiche e supportata da adeguati spazi di riflessione. Bastianoni, P.; Palareti, L. (2005), “La comunità per minori: tracce di riflessione e intervento”. In G. Speltini, (a cura di), Minori, disagio e aiuto psicosociale. Bologna: Il Mulino Emiliani, F., Bastianoni, P. (1993), Una normale solitudine. Roma: NIS. Fruggeri, L. (2005), Diverse normalità: psicologia sociale delle relazioni familiari. Roma: Carocci. Fyhr, G. (2001), Residential institutions requesting supervision: a theoretical analysis of an empirically studied problem. Child and family social work, 6, 59-66. Le Poultier, F. (1987) Processus cognitifs et pratique du travail social. In J.L. Beauvois, R.V. Joule e J.M. Monteil (Eds.), Perspectives cognitives et conduits sociales. Théories implicites et conflits cognitifs (pp. 29-43). Cousset : Del Val. Moses, T. (2000), Why people choose to be residential child care workers. Child and youth care forum, 29 (2), 113-126. nota: 1-Cfr. la legge 149/2001 e il “Documento per la stesura di un piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli istituti per minori entro il 2006”, a cura dell’Osservatorio Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Una forma specifica di genitorialità simbolica: il caso delle comunità per minori / F. Emiliani. - STAMPA. - (2006), pp. 20-22. (Intervento presentato al convegno Famiglie e genitorialità oggi. Nuovi significati e prospettive tenutosi a Lecce nel 17-18 novembre 2006).

Una forma specifica di genitorialità simbolica: il caso delle comunità per minori

EMILIANI, FRANCESCA
2006

Abstract

In antitesi ai grandi istituti assistenziali, le comunità residenziali si sono caratterizzate, fin dalla loro nascita, per il tentativo di fornire ai minori un clima quanto più familiare possibile, in cui la centralità della relazione con adulti significativi e le caratteristiche di intimità e accoglienza dell’ambiente di vita costituiscono i punti cardine attraverso cui avviare processi protettivi e riparatori (Emiliani e Bastianoni, 1993). In tali contesti, l’azione educativa e di cura a cui, quotidianamente, l’adulto è chiamato, stimola la presente riflessione sui modi in cui il tema della genitorialità viene vissuto, compreso e re- interpretato in chiave operativa. Nel complesso, l’analisi della realtà attuale ci porta a osservare quanto il modello familiare - inteso in una prospettiva normativa e non ancora pluralista (Fruggeri, 2005) - sia ancor oggi un importante organizzatore dell’intervento di comunità, esercitando la sua influenza sia dall’esterno, attraverso le politiche che regolano gli invii e definiscono la “gerarchia” di interventi da attuare in previsione della definitiva chiusura di tutti gli istituti (nota 1), sia dall’interno, qualificando i termini della proposta relazionale di cui gli adulti si fanno promotori. Da tempo, infatti, sappiamo che i modelli culturali impliciti - fra i quali quello di madre/padre famiglia - sono particolarmente importanti nella costruzione dell’identità professionale degli educatori e nella determinazione dei loro atti educativi (Le Poultier, 1987; Bastianoni e Palareti, 2005; Fyhr, 2001; Moses, 2000) . Ma quali sono, nello specifico, i modelli genitoriali a cui si rivolgono gli educatori? A tale proposito verranno presentati i risultati di un’indagine qualitativa volta a rilevare le immagini simboliche inerenti il ruolo in un campione di donne impegnate nella conduzione di comunità familiari. Per superare la fuorviante e vetusta antinomia fra familiare e professionale e al fine di rimettere al centro dell’intervento educativo i processi funzionali (a scapito di quelli normativi e strutturali) che nei contesti comunitari permettono di svolgere efficacemente il proprio compito educativo, viene sottolineata la necessità di una pratica professionale che si confronta con teorie scientifiche e supportata da adeguati spazi di riflessione. Bastianoni, P.; Palareti, L. (2005), “La comunità per minori: tracce di riflessione e intervento”. In G. Speltini, (a cura di), Minori, disagio e aiuto psicosociale. Bologna: Il Mulino Emiliani, F., Bastianoni, P. (1993), Una normale solitudine. Roma: NIS. Fruggeri, L. (2005), Diverse normalità: psicologia sociale delle relazioni familiari. Roma: Carocci. Fyhr, G. (2001), Residential institutions requesting supervision: a theoretical analysis of an empirically studied problem. Child and family social work, 6, 59-66. Le Poultier, F. (1987) Processus cognitifs et pratique du travail social. In J.L. Beauvois, R.V. Joule e J.M. Monteil (Eds.), Perspectives cognitives et conduits sociales. Théories implicites et conflits cognitifs (pp. 29-43). Cousset : Del Val. Moses, T. (2000), Why people choose to be residential child care workers. Child and youth care forum, 29 (2), 113-126. nota: 1-Cfr. la legge 149/2001 e il “Documento per la stesura di un piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli istituti per minori entro il 2006”, a cura dell’Osservatorio Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
2006
Famiglie e genitorialità oggi. Nuovi significati e prospettive. Volume degli abstract
20
22
Una forma specifica di genitorialità simbolica: il caso delle comunità per minori / F. Emiliani. - STAMPA. - (2006), pp. 20-22. (Intervento presentato al convegno Famiglie e genitorialità oggi. Nuovi significati e prospettive tenutosi a Lecce nel 17-18 novembre 2006).
F. Emiliani
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/41421
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