Premessa: La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia più frequente nella popolazione, con una prevalenza che aumenta con l’avanzare dell’età, passando da <0.5% nella fascia di età compresa tra 40 e 50 anni al 5-15% e oltre, a seconda delle stime epidemiologiche, nei soggetti di età avanzata (≥ 80 anni), interessando più frequentemente gli uomini rispetto alle donne. Nella popolazione anziana, inoltre, secondo alcuni autori, la FA è predittore indipendente di tutte le cause di mortalità. Come noto, peraltro, tale aritmia è gravata da elevata morbilità e mortalità per complicanze trombo-emboliche ed emodinamiche. Da qui la pubblicazione di linee guida, continuamente aggiornate, per il corretto trattamento. Obiettivo: Verifica in fibrillanti anziani di: 1. Adeguatezza della profilassi anti-trombembolica e del “rate control” 2. Correlazione fra terapia di “rate control” e presenza di pause patologiche e/o aritmie ventricolari Risultati: È stato revisionato il database di tutte le registrazioni ECG-holter del nostro Ambulatorio di Cardiologia dal 1°ottobre 2010 al 31 maggio 2014, per un totale di 2401 registrazioni di pazienti con età compresa tra 5 e 98 anni (55% donne, 45% uomini). L’analisi statistica è stata condotta mediante Test Chi-quadrato. I soggetti in studio sono stati suddivisi per sesso ed età (Gruppo A:< 65 anni, Gruppo B: 65-79 anni, Gruppo C: >79 anni); di questi, 379 sono risultati affetti da fibrillazione atriale (15,8%), con un’incidenza che aumenta con l’avanzare dell’età (negli uomini, rispettivamente 9,3% nel gruppo A, 13,3% nel gruppo B e 30,8% nel gruppo C; nelle donne 3,7% nel gruppo A, 13,2% nel gruppo B e 25,5% nel gruppo C). In tutti i gruppi, in accordo con i dati della letteratura, la fibrillazione atriale è risultata più frequente nei soggetti di sesso maschile. In merito alla profilassi anti-tromboembolica, abbiamo osservato una minor percentuale di soggetti trattati nella popolazione femminile (84% delle donne in profilassi, di cui solo il 65,2% in terapia anticoagulante orale-TAO-; 100% degli uomini in profilassi, di cui solo il 66,1% in TAO).avanzata (70,8% nel gruppo C vs 55,6% nel gruppo A e 55,1% nel gruppo B) e negli uomini di età intermedia (82,4% nel gruppo B vs 43,8% nel gruppo A e 65,1% nel gruppo C). Il trattamento con antiaggregante (ASA) appare più frequente nella popolazione giovane, sia per gli uomini (46,9% nel gruppo A vs 27,5% nel gruppo B e 36,7% nel gruppo C) che per le donne (22,2% nel gruppo A vs 18,4% nel gruppo B e 18,3% nel gruppo C), probabilmente per un minore punteggio minore ottenuto al CHA2DS2VASC. Anche in tal caso, il sesso femminile appare sotto-trattato rispetto al maschile. In merito al “rate control”abbiamo puntato l’attenzione esclusivamente sui pazienti di età più avanzata (ovvero: gruppi B e C). I risultati hanno mostrato come i beta-bloccanti siano i farmaci più utilizzati (nel 53,5% delle donne e nel 55,2% degli uomini) seguiti da calcio-antagonisti non di-idropiridinici (42,2% delle donne e 35,9% degli uomini) e dalla digitale (11,2 % delle donne e 23,5% degli uomini). Da notare che con l’avanzare dell’età è più frequente il ricorso all’associazione dei farmaci delle tre classi citate per ottenere un adeguato “rate control”. In particolare, nella fascia di età intermedia, ciò avviene nel 24,5% delle donne e nel 23,5% degli uomini, con una prevalenza analoga nei due sessi, nei soggetti anziani la terapia di associazione è invece significativamente più elevata (p<0,001) negli uomini (45%) rispetto alle donne (12,5%). L’analisi statistica ha poi mostrato come l’associazione di almeno due dei farmaci prima citati in qualsiasi combinazione sia correlato in modo significativo (p < 0,002) con il rischio di comparsa di pause > 3 secondi, per entrambi sessi e per tutte le fasce di età. E la significatività aumenta nei pazienti in triplice terapia (p<0,001). Infine, le aritmie ventricolari sono presenti in tutti i soggetti fibrillanti di età avanzata, con un grado di severità statisticamente evidente negli uomini rispetto alle donne; in particolare, battiti ectopici ventricolari (BEV) polifocali si manifestano nel 64,2% degli uomini vs 31,7% delle donne (p<0,01) e run ventricolari nel 18,3% degli uomini vs 7,5% delle donne (p<0,02). Conclusione: I risultati ottenuti hanno mostrato come, a dispetto delle linee guida per la FA, ancora un’elevata percentuale di pazienti non sia adeguatamente profilassata con TAO. Se ciò può essere comprensibile nella fascia d’età più giovane ed in particolare nel sesso maschile, ove il punteggio del CHA2DS2VASC è minore, appare invece meno spiegabile nel gruppo di donne di età intermedia e negli uomini di età avanzata. Un’altra osservazione di rilievo è quella relativa al rischio di indurre bradiaritmie severe con pause ≥3 sec e/o favorire l’innesco di aritmie ventricolari, potenzialmente maligne, ogni qual volta per ottenere un apparente buon “rate control” si ricorra all’associazione di più farmaci. E ciò è tanto più vero quanto più è avanzata l’età del paziente. In tal senso si conferma l’utilità della registrazione Holter non solo per il riconoscimento di aritmie clinicamente silenti, ma anche per un adeguato monitoraggio della terapia e ciò particolarmente nel paziente anziano notoriamente più vulnerabile

FIBRILLAZIONE ATRIALE: OSSERVAZIONI SULL’APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA ED EFFETTI DEL TRATTAMENTO DI “RATE CONTROL” MEDIANTE ECG HOLTER NELL’ANZIANO

LEGA, MARIA VITTORIA;ARNÒ, RAFFAELLA;CORVALLI, GIULIA;BIANCHI, GIAMPAOLO;ZOLI, MARCO;BASTAGLI, LUCIANA
2014

Abstract

Premessa: La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia più frequente nella popolazione, con una prevalenza che aumenta con l’avanzare dell’età, passando da <0.5% nella fascia di età compresa tra 40 e 50 anni al 5-15% e oltre, a seconda delle stime epidemiologiche, nei soggetti di età avanzata (≥ 80 anni), interessando più frequentemente gli uomini rispetto alle donne. Nella popolazione anziana, inoltre, secondo alcuni autori, la FA è predittore indipendente di tutte le cause di mortalità. Come noto, peraltro, tale aritmia è gravata da elevata morbilità e mortalità per complicanze trombo-emboliche ed emodinamiche. Da qui la pubblicazione di linee guida, continuamente aggiornate, per il corretto trattamento. Obiettivo: Verifica in fibrillanti anziani di: 1. Adeguatezza della profilassi anti-trombembolica e del “rate control” 2. Correlazione fra terapia di “rate control” e presenza di pause patologiche e/o aritmie ventricolari Risultati: È stato revisionato il database di tutte le registrazioni ECG-holter del nostro Ambulatorio di Cardiologia dal 1°ottobre 2010 al 31 maggio 2014, per un totale di 2401 registrazioni di pazienti con età compresa tra 5 e 98 anni (55% donne, 45% uomini). L’analisi statistica è stata condotta mediante Test Chi-quadrato. I soggetti in studio sono stati suddivisi per sesso ed età (Gruppo A:< 65 anni, Gruppo B: 65-79 anni, Gruppo C: >79 anni); di questi, 379 sono risultati affetti da fibrillazione atriale (15,8%), con un’incidenza che aumenta con l’avanzare dell’età (negli uomini, rispettivamente 9,3% nel gruppo A, 13,3% nel gruppo B e 30,8% nel gruppo C; nelle donne 3,7% nel gruppo A, 13,2% nel gruppo B e 25,5% nel gruppo C). In tutti i gruppi, in accordo con i dati della letteratura, la fibrillazione atriale è risultata più frequente nei soggetti di sesso maschile. In merito alla profilassi anti-tromboembolica, abbiamo osservato una minor percentuale di soggetti trattati nella popolazione femminile (84% delle donne in profilassi, di cui solo il 65,2% in terapia anticoagulante orale-TAO-; 100% degli uomini in profilassi, di cui solo il 66,1% in TAO).avanzata (70,8% nel gruppo C vs 55,6% nel gruppo A e 55,1% nel gruppo B) e negli uomini di età intermedia (82,4% nel gruppo B vs 43,8% nel gruppo A e 65,1% nel gruppo C). Il trattamento con antiaggregante (ASA) appare più frequente nella popolazione giovane, sia per gli uomini (46,9% nel gruppo A vs 27,5% nel gruppo B e 36,7% nel gruppo C) che per le donne (22,2% nel gruppo A vs 18,4% nel gruppo B e 18,3% nel gruppo C), probabilmente per un minore punteggio minore ottenuto al CHA2DS2VASC. Anche in tal caso, il sesso femminile appare sotto-trattato rispetto al maschile. In merito al “rate control”abbiamo puntato l’attenzione esclusivamente sui pazienti di età più avanzata (ovvero: gruppi B e C). I risultati hanno mostrato come i beta-bloccanti siano i farmaci più utilizzati (nel 53,5% delle donne e nel 55,2% degli uomini) seguiti da calcio-antagonisti non di-idropiridinici (42,2% delle donne e 35,9% degli uomini) e dalla digitale (11,2 % delle donne e 23,5% degli uomini). Da notare che con l’avanzare dell’età è più frequente il ricorso all’associazione dei farmaci delle tre classi citate per ottenere un adeguato “rate control”. In particolare, nella fascia di età intermedia, ciò avviene nel 24,5% delle donne e nel 23,5% degli uomini, con una prevalenza analoga nei due sessi, nei soggetti anziani la terapia di associazione è invece significativamente più elevata (p<0,001) negli uomini (45%) rispetto alle donne (12,5%). L’analisi statistica ha poi mostrato come l’associazione di almeno due dei farmaci prima citati in qualsiasi combinazione sia correlato in modo significativo (p < 0,002) con il rischio di comparsa di pause > 3 secondi, per entrambi sessi e per tutte le fasce di età. E la significatività aumenta nei pazienti in triplice terapia (p<0,001). Infine, le aritmie ventricolari sono presenti in tutti i soggetti fibrillanti di età avanzata, con un grado di severità statisticamente evidente negli uomini rispetto alle donne; in particolare, battiti ectopici ventricolari (BEV) polifocali si manifestano nel 64,2% degli uomini vs 31,7% delle donne (p<0,01) e run ventricolari nel 18,3% degli uomini vs 7,5% delle donne (p<0,02). Conclusione: I risultati ottenuti hanno mostrato come, a dispetto delle linee guida per la FA, ancora un’elevata percentuale di pazienti non sia adeguatamente profilassata con TAO. Se ciò può essere comprensibile nella fascia d’età più giovane ed in particolare nel sesso maschile, ove il punteggio del CHA2DS2VASC è minore, appare invece meno spiegabile nel gruppo di donne di età intermedia e negli uomini di età avanzata. Un’altra osservazione di rilievo è quella relativa al rischio di indurre bradiaritmie severe con pause ≥3 sec e/o favorire l’innesco di aritmie ventricolari, potenzialmente maligne, ogni qual volta per ottenere un apparente buon “rate control” si ricorra all’associazione di più farmaci. E ciò è tanto più vero quanto più è avanzata l’età del paziente. In tal senso si conferma l’utilità della registrazione Holter non solo per il riconoscimento di aritmie clinicamente silenti, ma anche per un adeguato monitoraggio della terapia e ciò particolarmente nel paziente anziano notoriamente più vulnerabile
2014
Lega M.V.; Arnò R; Corvalli G.; Bianchi G.; Zoli M.; Bastagli L.
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