Anche a seguito della pubblicazione (1990) di Qu’est-ce que la critique? di Michel Foucault, è ripresa negli ultimi tre decenni la discussione sul senso e la portata della nozione di «critica» tra coloro che a vario titolo si richiamano all’eredità francofortese. L’articolo discute la ricerca di Michele Salonia – allievo di Axel Honneth – che si propone di offrire una prospettiva unitaria sul pensiero di Walter Benjamin a partire dal problema della critica e di immettere nel discorso filosofico attuale l’effetto dirompente di un esempio paradigmatico di critica che sfugge alla riduzione a giudizio secondo criteri prestabiliti. La ricostruzione così risultante può lasciare a tratti perplessi e insoddisfatti, ma mostra grande efficacia nel fornire una prospettiva sistematica sul percorso di Benjamin e nel farla agire in direzione contraria anche all’idea di critica prevalente nell’ambiente francofortese in cui il lavoro è radicato: contrappone il momento critico della rottura delle dinamiche discorsive alla riaffermazione habermasiana del linguaggio come medium dell’agire comunicativo orientato al consenso; distingue il procedimento honnethiano di critica immanente, che applica all’oggetto i criteri da esso ricavati, da quello benjaminiano, che si limita a svolgere l’idea dell’arte che l’opera d’arte in sé custodisce; fa propria l’idea secondo la quale «tutta la filosofia benjaminiana può essere detta “critica” proprio in quanto cerca sempre di rendere giustizia a ciò che si presenta nel segno dell’incompiutezza e di una creaturale caducità».

Michele Salonia – Walter Benjamins Theorie der Kritik

BORSARI, ANDREA
2012

Abstract

Anche a seguito della pubblicazione (1990) di Qu’est-ce que la critique? di Michel Foucault, è ripresa negli ultimi tre decenni la discussione sul senso e la portata della nozione di «critica» tra coloro che a vario titolo si richiamano all’eredità francofortese. L’articolo discute la ricerca di Michele Salonia – allievo di Axel Honneth – che si propone di offrire una prospettiva unitaria sul pensiero di Walter Benjamin a partire dal problema della critica e di immettere nel discorso filosofico attuale l’effetto dirompente di un esempio paradigmatico di critica che sfugge alla riduzione a giudizio secondo criteri prestabiliti. La ricostruzione così risultante può lasciare a tratti perplessi e insoddisfatti, ma mostra grande efficacia nel fornire una prospettiva sistematica sul percorso di Benjamin e nel farla agire in direzione contraria anche all’idea di critica prevalente nell’ambiente francofortese in cui il lavoro è radicato: contrappone il momento critico della rottura delle dinamiche discorsive alla riaffermazione habermasiana del linguaggio come medium dell’agire comunicativo orientato al consenso; distingue il procedimento honnethiano di critica immanente, che applica all’oggetto i criteri da esso ricavati, da quello benjaminiano, che si limita a svolgere l’idea dell’arte che l’opera d’arte in sé custodisce; fa propria l’idea secondo la quale «tutta la filosofia benjaminiana può essere detta “critica” proprio in quanto cerca sempre di rendere giustizia a ciò che si presenta nel segno dell’incompiutezza e di una creaturale caducità».
2012
A. Borsari
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