Il miglioramento delle condizioni che limitano la relazione tra le madri detenute ed i propri figli è stato oggetto di numerosi interventi legislativi a cominciare dalla riforma penitenziaria del 1975, sino alla più recente promulgazione della legge n. 40 dell’8 marzo 2001. La normativa vigente, infatti, prevede l’adozione di misure alternative (detenzione domiciliare speciale o l’assistenza all’esterno dei propri figli) anche da parte di quelle madri che devono scontare una pena superiore ai 4 anni ed estende la possibilità di godere di tali benefici anche se i figli hanno un’età superiore ai dieci anni (art. 3, legge 8 marzo 2001 n. 40). Nei confronti del padre detenuto, invece, la legislazione non prevede gli stessi benefici, se non in casi eccezionali (ibidem , comma 7). Questa scarsa rilevanza mostrata dai legislatori nei confronti della funzione genitoriale paterna rende conto della dimensione del fenomeno: dai dati pubblicati dal ministero della Giustizia riferiti al 31 dicembre 2005 si deduce che i minori con il padre detenuto sono più di 44.400 unità (http://www.giustizia.it/statistiche/statistiche_dap/det/2005/DIC/figli.xls). Questo dato appare alquanto allarmante se si considera che da tempo la letteratura riconosce che la deprivazione paterna (presenza di modelli di comportamento paterno insufficienti o assenza vera e propria del padre) costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo dell’individuo (Biller, 1974; Friedman e Esselstyn, 1965; Anderson, 1966; Hassin, 1979; Gabel, 1992; Beaty, 1995; Katz, Costa, 1996). Muovendoci da queste considerazioni e con l’obiettivo di evidenziare quali sono gli elementi di maggiore ostacolo alla costruzione ed al mantenimento di una relazione equilibrata tra figlio e padre detenuto è stata condotta una ricerca che ha coinvolto un gruppo di 52 padri detenuti nella Casa Circondariale di Reggio Emilia. I risultati evidenziano che il setting nel quale si svolge il colloquio in carcere non favorisce il recupero ed il mantenimento del rapporto “interrotto” tra padre detenuto e figlio. Al termine della visita questi genitori percepiscono una situazione di impotenza di fronte al distacco dai loro cari e provano un senso di vergogna nei loro confronti, nonché il timore di non rappresentare “un buon esempio” agli occhi dei figli.
G. Melotti, G. Maestri (2006). Genitorialità in carcere: una ricerca sui padri detenuti nella Casa Circondariale di Reggio Emilia. LECCE : s.n.
Genitorialità in carcere: una ricerca sui padri detenuti nella Casa Circondariale di Reggio Emilia
MELOTTI, GIANNINO;
2006
Abstract
Il miglioramento delle condizioni che limitano la relazione tra le madri detenute ed i propri figli è stato oggetto di numerosi interventi legislativi a cominciare dalla riforma penitenziaria del 1975, sino alla più recente promulgazione della legge n. 40 dell’8 marzo 2001. La normativa vigente, infatti, prevede l’adozione di misure alternative (detenzione domiciliare speciale o l’assistenza all’esterno dei propri figli) anche da parte di quelle madri che devono scontare una pena superiore ai 4 anni ed estende la possibilità di godere di tali benefici anche se i figli hanno un’età superiore ai dieci anni (art. 3, legge 8 marzo 2001 n. 40). Nei confronti del padre detenuto, invece, la legislazione non prevede gli stessi benefici, se non in casi eccezionali (ibidem , comma 7). Questa scarsa rilevanza mostrata dai legislatori nei confronti della funzione genitoriale paterna rende conto della dimensione del fenomeno: dai dati pubblicati dal ministero della Giustizia riferiti al 31 dicembre 2005 si deduce che i minori con il padre detenuto sono più di 44.400 unità (http://www.giustizia.it/statistiche/statistiche_dap/det/2005/DIC/figli.xls). Questo dato appare alquanto allarmante se si considera che da tempo la letteratura riconosce che la deprivazione paterna (presenza di modelli di comportamento paterno insufficienti o assenza vera e propria del padre) costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo dell’individuo (Biller, 1974; Friedman e Esselstyn, 1965; Anderson, 1966; Hassin, 1979; Gabel, 1992; Beaty, 1995; Katz, Costa, 1996). Muovendoci da queste considerazioni e con l’obiettivo di evidenziare quali sono gli elementi di maggiore ostacolo alla costruzione ed al mantenimento di una relazione equilibrata tra figlio e padre detenuto è stata condotta una ricerca che ha coinvolto un gruppo di 52 padri detenuti nella Casa Circondariale di Reggio Emilia. I risultati evidenziano che il setting nel quale si svolge il colloquio in carcere non favorisce il recupero ed il mantenimento del rapporto “interrotto” tra padre detenuto e figlio. Al termine della visita questi genitori percepiscono una situazione di impotenza di fronte al distacco dai loro cari e provano un senso di vergogna nei loro confronti, nonché il timore di non rappresentare “un buon esempio” agli occhi dei figli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.