Il Roman de Philosophie è un’opera anglonormanna della fine del XII secolo (1180 ca.) dovuta alla mano ed alla personalità spiccata e originale di un chierico: Simund de Freine. Autore anche di altri componimenti letterari e personalità significativa della corte episcopale di Hereford, Simund appare compreso profondamente entro quella complessa dialettica che contrappone e lega i centri di cultura clericali agli ambienti laici nell’Inghilterra plantageneta. Il testo, che costituisce il più antico adattamento della Consolatio philosophiae di Boezio in lingua d’oïl, appare costruito con cura quasi architettonica ed è ‘firmato’ dal suo autore con un acrostico incastonato nei primi venti versi dell’opera. Le considerazioni che si propongono nascono dall’esperienza di una nuova edizione critica e dunque anzitutto dall’osservazione della forma testuale entro la tradizione manoscritta che la trasmette. Peraltro, a partire dal fatto che l’autore opera rispetto alla sua fonte non solo una trasposizione linguistica, ma una profonda riorganizzazione e risemantizzazione del sistema narrativo, si analizzeranno in particolare l’organizzazione del lessico, anche nei termini della modalità di resa, e le strategie specifiche impiegate sia per la strutturazione del testo volgare sia per la riorganizzazione dei contenuti.
Brunetti G. (2007). Lessico, discorso e sistemi narrativi nel "Roman de Philosophie" di Simund de Freine. ROMA : Viella.
Lessico, discorso e sistemi narrativi nel "Roman de Philosophie" di Simund de Freine
BRUNETTI, GIUSEPPINA
2007
Abstract
Il Roman de Philosophie è un’opera anglonormanna della fine del XII secolo (1180 ca.) dovuta alla mano ed alla personalità spiccata e originale di un chierico: Simund de Freine. Autore anche di altri componimenti letterari e personalità significativa della corte episcopale di Hereford, Simund appare compreso profondamente entro quella complessa dialettica che contrappone e lega i centri di cultura clericali agli ambienti laici nell’Inghilterra plantageneta. Il testo, che costituisce il più antico adattamento della Consolatio philosophiae di Boezio in lingua d’oïl, appare costruito con cura quasi architettonica ed è ‘firmato’ dal suo autore con un acrostico incastonato nei primi venti versi dell’opera. Le considerazioni che si propongono nascono dall’esperienza di una nuova edizione critica e dunque anzitutto dall’osservazione della forma testuale entro la tradizione manoscritta che la trasmette. Peraltro, a partire dal fatto che l’autore opera rispetto alla sua fonte non solo una trasposizione linguistica, ma una profonda riorganizzazione e risemantizzazione del sistema narrativo, si analizzeranno in particolare l’organizzazione del lessico, anche nei termini della modalità di resa, e le strategie specifiche impiegate sia per la strutturazione del testo volgare sia per la riorganizzazione dei contenuti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.