Da molte opere del Petrarca la tradizione successiva ha utilizzato temi, sia dalle opere latine sia da quelle in volgare, sia, paradossalmente, da quelle latine passate in forme volgarizzate, ovvero da quelle volgarizzate ritradotte in latino, lingua che era considerata in grado di nobilitare anche il volgare. Petrarca fu talmente amato, citato, parafrasato, copiato, saccheggiato, che lo fu perfino a sproposito. Ad esempio, si collegarono a lui le immagini della pianta o dell’albero, del tronco o del ramo quando rivestivano connotazioni simboliche legate al concetto della morte. L’attività di rielaborazione emblematica e allegorica dell’epoca, che aveva il suo manifesto programmatico nella libertà espressiva e nell’indipendenza immaginifica, cercava sempre i motivi della sua legittimazione nelle fonti di un passato antico o relativamente recente, e Petrarca fu una di queste fonti. La trasposizione in lingua volgare del Petrarca latino e la continua pubblicazione delle sue opere in lingua volgare crearono una tradizione talmente ricca che poco mancò che quest’ultima spingesse nell’oblio la produzione latina. Non ci riuscì, è chiaro, perché è dal Petrarca latino che i creatori d’emblemi attinsero per creare alcuni dei loro più celebri emblemi. In Petrarca infatti essi trovavano passi già pronti a concretizzarsi in ‘oggetti emblematici’, cioè in quelle forme visibili di cui la cultura dell’epoca aveva bisogno per poter dar vita ad uno dei suoi paradossi più propri, quello di voler definire idee astratte dentro forme concrete nascondendole però in aenigmata visivi e linguistici. Ma queste stesse formule potevano anche rimanere solo quello che erano in realtà già divenute, cioè formule passate attraverso la fissità proverbiale. Spesso del Petrarca non rimase che la sola formularità di un verso, a reggere, nell’intitolatura, immagini ed epigrammi che nulla avevano a che fare con lui. E così, gli emblematisti, grandi artisti della prima forma di pubblicità occulta, creatori di immagini legate a parole ed a slogan che dovevano indurre il lettore a pensare a un “qualcosa” di eticamente elevato, furono abilissimi nello stravolgere i temi ereditati dal passato, che inclusero dentro le simbologie più diverse e i temi più consoni a loro stessi e alla loro epoca. Essi seguivano in ciò anche il loro gusto personale, reinventavano il vecchio dentro al nuovo per così dire, ricombinandoli insieme. Così facendo, trasformavano completamente anche il significato originale delle fonti classiche da cui Petrarca stesso aveva attinto. La letteratura rinascimentale finì perciò non solo per immettere nelle propri creazioni simboliche null’altro che la sua inesauribile fantasia, la sua capacità creativa e la sua libertà di espressione, ma anche per tradire - e in più di una occasione - anche la sua fonte trecentesca.
A. Maranini (2006). Echi del Petrarca latino e volgare nella tradizione emblematica del Rinascimento europeo. FIRENZE : Franco Cesati editore.
Echi del Petrarca latino e volgare nella tradizione emblematica del Rinascimento europeo
MARANINI, ANNA
2006
Abstract
Da molte opere del Petrarca la tradizione successiva ha utilizzato temi, sia dalle opere latine sia da quelle in volgare, sia, paradossalmente, da quelle latine passate in forme volgarizzate, ovvero da quelle volgarizzate ritradotte in latino, lingua che era considerata in grado di nobilitare anche il volgare. Petrarca fu talmente amato, citato, parafrasato, copiato, saccheggiato, che lo fu perfino a sproposito. Ad esempio, si collegarono a lui le immagini della pianta o dell’albero, del tronco o del ramo quando rivestivano connotazioni simboliche legate al concetto della morte. L’attività di rielaborazione emblematica e allegorica dell’epoca, che aveva il suo manifesto programmatico nella libertà espressiva e nell’indipendenza immaginifica, cercava sempre i motivi della sua legittimazione nelle fonti di un passato antico o relativamente recente, e Petrarca fu una di queste fonti. La trasposizione in lingua volgare del Petrarca latino e la continua pubblicazione delle sue opere in lingua volgare crearono una tradizione talmente ricca che poco mancò che quest’ultima spingesse nell’oblio la produzione latina. Non ci riuscì, è chiaro, perché è dal Petrarca latino che i creatori d’emblemi attinsero per creare alcuni dei loro più celebri emblemi. In Petrarca infatti essi trovavano passi già pronti a concretizzarsi in ‘oggetti emblematici’, cioè in quelle forme visibili di cui la cultura dell’epoca aveva bisogno per poter dar vita ad uno dei suoi paradossi più propri, quello di voler definire idee astratte dentro forme concrete nascondendole però in aenigmata visivi e linguistici. Ma queste stesse formule potevano anche rimanere solo quello che erano in realtà già divenute, cioè formule passate attraverso la fissità proverbiale. Spesso del Petrarca non rimase che la sola formularità di un verso, a reggere, nell’intitolatura, immagini ed epigrammi che nulla avevano a che fare con lui. E così, gli emblematisti, grandi artisti della prima forma di pubblicità occulta, creatori di immagini legate a parole ed a slogan che dovevano indurre il lettore a pensare a un “qualcosa” di eticamente elevato, furono abilissimi nello stravolgere i temi ereditati dal passato, che inclusero dentro le simbologie più diverse e i temi più consoni a loro stessi e alla loro epoca. Essi seguivano in ciò anche il loro gusto personale, reinventavano il vecchio dentro al nuovo per così dire, ricombinandoli insieme. Così facendo, trasformavano completamente anche il significato originale delle fonti classiche da cui Petrarca stesso aveva attinto. La letteratura rinascimentale finì perciò non solo per immettere nelle propri creazioni simboliche null’altro che la sua inesauribile fantasia, la sua capacità creativa e la sua libertà di espressione, ma anche per tradire - e in più di una occasione - anche la sua fonte trecentesca.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


