Già in passato ci siamo occupati dei danni provocati dalle operazioni di diserbo male eseguite su piante arboree ed arbustive, ma forse è opportuno riprendere l’argomento, dato che sempre più spesso, passeggiando in aree boschive che vorremmo incontaminate, si fanno delle brutte scoperte: noccioli, betulle, frassini, robinie, e tante altre piante ancora appaiono irriconoscibili nel portamento. I rami sono contorti, le foglie malformate e ripiegate su se stesse o verso l’alto, con necrosi ed ingiallimenti nervali. Ci si chiede come possa succedere un simile danno! Erbicidi tossici Una delle spiegazioni plausibili è che, purtroppo, il mezzo chimico è ancora quello più diffuso per contrastare le infestanti, e si dimentica che per Legge l’impiego di erbicidi su strade, sentieri e piazzali è proibito poiché, nel caso di un loro utilizzo in questo ambito, sussiste un rischio di coinvolgimento dell’ambiente (vedi schema allegato). Pochi consigli pratici Nei luoghi boschivi, qualora si debba liberare un sentiero, una mulattiera od una spalletta stradale da infestanti (e solo da quelle), occorre agire in maniera oculata per evitare di danneggiare le piante limitrofe. Un passo avanti è stato certamente fatto abbandonando l’uso del fuoco (abbruciamento) soprattutto per le negative trasformazioni fisico-chimiche del suolo, quali l’innalzamento del pH, con conseguente eccessiva selezione della vegetazione a venire. Ad esempio, la felce aquilina (Pteridium aquilinum), munita di un lungo rizoma, è specie invadente nei pendii erbosi, nei prati, negli incolti, soprattutto percorsi dal fuoco, suo principale alleato, ed ecco perché ha invaso molte aree prative montane periodicamente interessate da incendi. Contro la felce aquilina, ma anche contro rovi e vitalbe, si provvede quindi manualmente. Al taglio delle parti epigee deve però seguire una paziente opera di scalzamento di quelle ipogee, ripetuta più volte nel tempo, dato che alcune porzioni sotterranee, se non accuratamente eliminate, restano idonee a sviluppare nuovi ricacci vegetativi. Per quanto riguarda il diserbo chimico ci siamo già soffermati (vedi Giardini N. 236) parlando del glifosate, prodotto che, come i fosfati inorganici naturalmente presenti nel terreno, è praticamente immobile e poco soggetto al dilavamento: ragione in più per utilizzarlo con cautela. Le immagini che proponiamo dovrebbero ancora una volta insegnarci, più di ogni parola, a rispettare maggiormente il nostro territorio.
M.G.Bellardi (2014). Qualche parola in più sugli erbicidi. GIARDINI, 269, 62-63.
Qualche parola in più sugli erbicidi
BELLARDI, MARIA GRAZIA
2014
Abstract
Già in passato ci siamo occupati dei danni provocati dalle operazioni di diserbo male eseguite su piante arboree ed arbustive, ma forse è opportuno riprendere l’argomento, dato che sempre più spesso, passeggiando in aree boschive che vorremmo incontaminate, si fanno delle brutte scoperte: noccioli, betulle, frassini, robinie, e tante altre piante ancora appaiono irriconoscibili nel portamento. I rami sono contorti, le foglie malformate e ripiegate su se stesse o verso l’alto, con necrosi ed ingiallimenti nervali. Ci si chiede come possa succedere un simile danno! Erbicidi tossici Una delle spiegazioni plausibili è che, purtroppo, il mezzo chimico è ancora quello più diffuso per contrastare le infestanti, e si dimentica che per Legge l’impiego di erbicidi su strade, sentieri e piazzali è proibito poiché, nel caso di un loro utilizzo in questo ambito, sussiste un rischio di coinvolgimento dell’ambiente (vedi schema allegato). Pochi consigli pratici Nei luoghi boschivi, qualora si debba liberare un sentiero, una mulattiera od una spalletta stradale da infestanti (e solo da quelle), occorre agire in maniera oculata per evitare di danneggiare le piante limitrofe. Un passo avanti è stato certamente fatto abbandonando l’uso del fuoco (abbruciamento) soprattutto per le negative trasformazioni fisico-chimiche del suolo, quali l’innalzamento del pH, con conseguente eccessiva selezione della vegetazione a venire. Ad esempio, la felce aquilina (Pteridium aquilinum), munita di un lungo rizoma, è specie invadente nei pendii erbosi, nei prati, negli incolti, soprattutto percorsi dal fuoco, suo principale alleato, ed ecco perché ha invaso molte aree prative montane periodicamente interessate da incendi. Contro la felce aquilina, ma anche contro rovi e vitalbe, si provvede quindi manualmente. Al taglio delle parti epigee deve però seguire una paziente opera di scalzamento di quelle ipogee, ripetuta più volte nel tempo, dato che alcune porzioni sotterranee, se non accuratamente eliminate, restano idonee a sviluppare nuovi ricacci vegetativi. Per quanto riguarda il diserbo chimico ci siamo già soffermati (vedi Giardini N. 236) parlando del glifosate, prodotto che, come i fosfati inorganici naturalmente presenti nel terreno, è praticamente immobile e poco soggetto al dilavamento: ragione in più per utilizzarlo con cautela. Le immagini che proponiamo dovrebbero ancora una volta insegnarci, più di ogni parola, a rispettare maggiormente il nostro territorio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


