Dagli inizi del ‘900 ad oggi, si è verificata una trasformazione dell’uso del territorio collinare e montano che non ha pari nella storia: fino alla fine della seconda guerra mondiale l’Appennino tosco emiliano contava una densità media di 85 abitanti/km2 dedita quasi esclusivamente ad attività agro-silvo-pastorali e pertanto strettamente dipendente dall’uso delle risorse naturali , e massimamente distribuita sul territorio; attualmente la densità è ridotta a meno del 70%, con forte concentrazione nei nuclei urbani sviluppati lungo i fondovalle. L’ agricoltura, fino agli anni ’50, era praticata con mezzi che interessavano il suolo “in superficie”, inoltre erano eseguite sistematicamente le opere di regimazione delle acque, gli appezzamenti erano di dimensioni ridotte e la massima pendenza interrotta da filari, cavedagne e fossi. L’uomo sfruttava il territorio intensamente, anche dal punto di vista energetico, con il disboscamento delle pendici, anche le più erte: cedui a turni brevi, pascolo in bosco, dissodamenti di aree forestali. Tutto questo potrebbe fare pensare che i fenomeni erosivi e l’instabilità dei versanti fossero sotto controllo o perlomeno la situazione fosse migliore rispetto all’attualità. Diverse teorie si sono alternate su questo fronte; infatti, l’apparente sostenibilità dell’uso del suolo risulta spesso in contrasto con la documentazione dell’epoca. L’analisi del materiale fotografico d’epoca, le foto delle pendici e degli alvei torrentizi, le foto aeree del 1954, gli articoli di giornali e le relazioni tecniche, paiono indicare che molto spesso il territorio era eccessivamente sfruttato, nonostante la “superficialità” dei mezzi impiegati (Rapporti fra lo sviluppo e conservazione del suolo in un bacino campione dell’Appennino settentrionale BO, 1983 U. Bagnaresi, Consorzio BM Alto Reno, BO). La testimonianza di frequentissimi eventi di piena negli alvei torrentizi, accompagnati da elevato trasporto solido ed erosione, i fenomeni di dissesto dei versanti, documentati, l’elevata erosione del suolo nelle aree soggette allo sfruttamento, quasi di rapina, dei boschi, testimonia un grave dissesto idrogeologico, in aree intrinsecamente fragili. Questa situazione critica ha portato in estese aree dell’Appennino emiliano-romagnolo alla realizzazione, dai primi anni del 1900, d’importanti e diffusi interventi di regimazione idraulica negli alvei torrentizi e di sistemazioni idraulico forestali sui versanti, oltre che ad iniziative di tipo “politico-legislativo” che hanno permesso lo svolgimento del primo Congresso Forestale, tenutosi a Bologna nel 1909, l’istituzione del Demanio Forestale dello Stato (1910), la legge nazionale sulla sistemazione dei bacini montani (1911) e la redazione della tuttora attuale Legge Forestale del 1923, che ha visto l’istituzione del “vincolo idrogeologico”. Un caso esemplare di questa condizione ed accadimenti è il Rio Maggiore, affluente del Silla, nel bacino del Reno, in Comune di Porretta Terme, dove, a partire dal 1902, data dei primi interventi, vengono realizzate in un periodo di circa 30 anni, intense opere di sistemazione idraulico-forestale: centinaia di briglie (in pietrame e malta ed in pietrame a secco), oltre a drenaggi in pietrame e difese spondali, mentre sui versanti sono effettuati sistematici e capillari rimboschimenti su terrazzamenti realizzati a mano, a copertura dei pascoli estesi, secondo le tecniche proprie delle sistemazioni idraulico-forestali e mediante la realizzazione di storici vivai forestali e di una capillare viabilità forestale. Il Rio Maggiore rappresenta uno dei pochi bacini appenninici ove è possibile, a distanza di un secolo, verificare l’efficacia degli interventi di sistemazione idraulico forestale. Una situazione analoga può essere rilevata anche nel rio Grande, affluente del Sillaro, bacino Reno, nel quale sono state individuate 112 opere trasversali, pari ad 1 intervento ogni 33 metri, la maggior parte realizzate negli ann...
D. Pavanelli, C. Cavazza, A. Bigi, M. Rigotti (2006). Uso del suolo e sistemazioni idraulico-forestali nell’alta valle del Reno: cento anni di trasformazioni ed interventi. CS : NUOVA BIOS.
Uso del suolo e sistemazioni idraulico-forestali nell’alta valle del Reno: cento anni di trasformazioni ed interventi
PAVANELLI, DONATELLA;CAVAZZA, CLAUDIO;BIGI, ALESSANDRO;RIGOTTI, MARCO
2006
Abstract
Dagli inizi del ‘900 ad oggi, si è verificata una trasformazione dell’uso del territorio collinare e montano che non ha pari nella storia: fino alla fine della seconda guerra mondiale l’Appennino tosco emiliano contava una densità media di 85 abitanti/km2 dedita quasi esclusivamente ad attività agro-silvo-pastorali e pertanto strettamente dipendente dall’uso delle risorse naturali , e massimamente distribuita sul territorio; attualmente la densità è ridotta a meno del 70%, con forte concentrazione nei nuclei urbani sviluppati lungo i fondovalle. L’ agricoltura, fino agli anni ’50, era praticata con mezzi che interessavano il suolo “in superficie”, inoltre erano eseguite sistematicamente le opere di regimazione delle acque, gli appezzamenti erano di dimensioni ridotte e la massima pendenza interrotta da filari, cavedagne e fossi. L’uomo sfruttava il territorio intensamente, anche dal punto di vista energetico, con il disboscamento delle pendici, anche le più erte: cedui a turni brevi, pascolo in bosco, dissodamenti di aree forestali. Tutto questo potrebbe fare pensare che i fenomeni erosivi e l’instabilità dei versanti fossero sotto controllo o perlomeno la situazione fosse migliore rispetto all’attualità. Diverse teorie si sono alternate su questo fronte; infatti, l’apparente sostenibilità dell’uso del suolo risulta spesso in contrasto con la documentazione dell’epoca. L’analisi del materiale fotografico d’epoca, le foto delle pendici e degli alvei torrentizi, le foto aeree del 1954, gli articoli di giornali e le relazioni tecniche, paiono indicare che molto spesso il territorio era eccessivamente sfruttato, nonostante la “superficialità” dei mezzi impiegati (Rapporti fra lo sviluppo e conservazione del suolo in un bacino campione dell’Appennino settentrionale BO, 1983 U. Bagnaresi, Consorzio BM Alto Reno, BO). La testimonianza di frequentissimi eventi di piena negli alvei torrentizi, accompagnati da elevato trasporto solido ed erosione, i fenomeni di dissesto dei versanti, documentati, l’elevata erosione del suolo nelle aree soggette allo sfruttamento, quasi di rapina, dei boschi, testimonia un grave dissesto idrogeologico, in aree intrinsecamente fragili. Questa situazione critica ha portato in estese aree dell’Appennino emiliano-romagnolo alla realizzazione, dai primi anni del 1900, d’importanti e diffusi interventi di regimazione idraulica negli alvei torrentizi e di sistemazioni idraulico forestali sui versanti, oltre che ad iniziative di tipo “politico-legislativo” che hanno permesso lo svolgimento del primo Congresso Forestale, tenutosi a Bologna nel 1909, l’istituzione del Demanio Forestale dello Stato (1910), la legge nazionale sulla sistemazione dei bacini montani (1911) e la redazione della tuttora attuale Legge Forestale del 1923, che ha visto l’istituzione del “vincolo idrogeologico”. Un caso esemplare di questa condizione ed accadimenti è il Rio Maggiore, affluente del Silla, nel bacino del Reno, in Comune di Porretta Terme, dove, a partire dal 1902, data dei primi interventi, vengono realizzate in un periodo di circa 30 anni, intense opere di sistemazione idraulico-forestale: centinaia di briglie (in pietrame e malta ed in pietrame a secco), oltre a drenaggi in pietrame e difese spondali, mentre sui versanti sono effettuati sistematici e capillari rimboschimenti su terrazzamenti realizzati a mano, a copertura dei pascoli estesi, secondo le tecniche proprie delle sistemazioni idraulico-forestali e mediante la realizzazione di storici vivai forestali e di una capillare viabilità forestale. Il Rio Maggiore rappresenta uno dei pochi bacini appenninici ove è possibile, a distanza di un secolo, verificare l’efficacia degli interventi di sistemazione idraulico forestale. Una situazione analoga può essere rilevata anche nel rio Grande, affluente del Sillaro, bacino Reno, nel quale sono state individuate 112 opere trasversali, pari ad 1 intervento ogni 33 metri, la maggior parte realizzate negli ann...I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.