I racconti di Amanda Olinda Azzurra e le altre di Christiana de Caldas Brito sono il terreno privilegiato per una riflessione sulla soggettività in transito. Il luogo in cui si decide di parlare, adottandone la lingua, rappresenta infatti la forma essenziale dell’identità e si pone come atto politico in una costante definizione e gestione del potere in ambito sociale. Nell’accavallarsi di dati anagrafici e scelte, di vissuto e immaginato, i personaggi della raccolta si trasformano simbolicamente in uno spazio collettivo: sono donne che faticano a parlare e che disperatamente cercano una definizione. Comunicano in portuliano e in un linguaggio frantumato perché la patria per Christiana de Caldas Brito è il luogo dell’infanzia ed è quindi per eccellenza lo spazio dell’apprendimento della parola. Il balbettìo o il silenzio infantile si sovrappongono a quello del migrante, che in una nuova patria è costretto a rimettere in gioco le proprie coordinate identitarie. In questo modo si crea nei racconti un originale codice parodico in cui il fraintendimento e l’errore linguistico diventano il filtro della condizione umana.
L. Michelacci (2013). «Se avete occhi per leggere, ascoltate». Percorsi di lettura e scrittura in "Amanda Olinda Azzurra e le altre "di Christiana de Caldas Brito. SCRITTURE MIGRANTI, 6/2012, 157-171 [10.1400/217340].
«Se avete occhi per leggere, ascoltate». Percorsi di lettura e scrittura in "Amanda Olinda Azzurra e le altre "di Christiana de Caldas Brito.
MICHELACCI, LARA
2013
Abstract
I racconti di Amanda Olinda Azzurra e le altre di Christiana de Caldas Brito sono il terreno privilegiato per una riflessione sulla soggettività in transito. Il luogo in cui si decide di parlare, adottandone la lingua, rappresenta infatti la forma essenziale dell’identità e si pone come atto politico in una costante definizione e gestione del potere in ambito sociale. Nell’accavallarsi di dati anagrafici e scelte, di vissuto e immaginato, i personaggi della raccolta si trasformano simbolicamente in uno spazio collettivo: sono donne che faticano a parlare e che disperatamente cercano una definizione. Comunicano in portuliano e in un linguaggio frantumato perché la patria per Christiana de Caldas Brito è il luogo dell’infanzia ed è quindi per eccellenza lo spazio dell’apprendimento della parola. Il balbettìo o il silenzio infantile si sovrappongono a quello del migrante, che in una nuova patria è costretto a rimettere in gioco le proprie coordinate identitarie. In questo modo si crea nei racconti un originale codice parodico in cui il fraintendimento e l’errore linguistico diventano il filtro della condizione umana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.