Gli addetti all’allevamento, alla zooiatria, alla macellazione, alla lavorazione di alimenti di origine animale ed al trattamento dei sottoprodotti sopportano un livello di rischio biologico (RB) che dipende essenzialmente da due fattori: (i) le caratteristiche epidemiologiche degli agenti, in particolare le modalità di trasmissione e le fonti di contagio; (ii) le concrete possibilità di esposizione “efficace” a detti agenti durante il lavoro, determinabile attraverso l’esame dei processi produttivi e delle manualità adottate. Tra le categorie lavorative, quella degli addetti alla macellazione è particolarmente esposta al rischio di infezione (come riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), comportando le loro attività una vasta gamma di contatti con materiali potenzialmente infettanti: animali vivi, carcasse, organi, feci, urine, sangue. In Italia, gli interventi sanitari effettuati negli anni sul bestiame hanno notevolmente ridotto l'incidenza di patologie zoonosiche in allevatori e macellatori. Tuttavia, la segnalazione di casi di zoonosi occupazionali (ad es. leptospirosi, brucellosi, mal rosso, carbonchio ematico) ed alcune indagini epidemiologiche realizzate soprattutto su addetti alla macellazione in Nord-Italia, evidenziano l’attualità del problema. Per condurre una valutazione del RB nelle attività di produzione zootecnica (e non solo in queste) si dovrebbero conoscere numerosi dati, quali ad es.: incidenza delle zoonosi occorse negli anni suddivise per settore occupazionale, tipo di diagnosi, mansione dell’addetto, tipo di esposizione, danni provocati in termini di giornate di malattia, numero di decessi e di invalidità. Questo tipo di approccio non è oggi applicabile al RB per la mancanza dei dati fondamentali sui quali si dovrebbe basare. Ma anche la semplice valutazione qualitativa si presenta, per molte patologie, difficoltosa, a causa della carenza dei dati epidemiologici a disposizione relativi agli animali e ai loro prodotti, del numero esiguo delle indagini realizzate sugli addetti, delle scarse conoscenze dei processi produttivi, della tipologia e del numero dei contatti dei lavoratori con animali e prodotti di origine animale potenzialmente infetti. Nonostante le difficoltà ad esprimere per un lavoratore il rischio di contrarre una zoonosi occupazionale, è possibile formulare alcune considerazioni. Negli ultimi decenni, in Italia, sono migliorate : (i) le condizioni sanitarie del bestiame allevato; (ii) le condizioni di lavoro negli allevamenti; (iii) l’igiene del lavoro nei mattatoi, soprattutto per la necessità di rispettare la normativa sull’igiene delle carni. Nonostante questo, alcuni elementi inducono a ritenere che il rischio di esposizione rimanga elevato. Tra questi citiamo, soprattutto con riferimento alle attività di macellazione: (i) le particolari condizioni ambientali e di lavoro nei macelli e negli impianti di trattamento dei sottoprodotti; (ii) il contatto continuo con animali vivi, organi e prodotti biologici; (iii) la tipologia degli interventi e delle mansioni da effettuare che limita l’uso dei dispositivi di protezione individuale; (iv) la scarsa formazione e la difficoltà di percepire il RB da parte degli addetti; (v) la sempre maggiore presenza di personale immigrato, addetto alle mansioni più pericolose, con basso livello di educazione sanitaria e fortemente “motivato” all’accettazione del rischio.

I rischi biologici occupazionali nelle produzioni zootecniche / Ghinzelli M.; Battelli G.. - STAMPA. - ISTISAN Congressi 06/C4:(2006), pp. 12-13. (Intervento presentato al convegno Workshop Nazionale di Epidemiologia Veterinaria tenutosi a Perugia nel 12-13 Giugno 2006).

I rischi biologici occupazionali nelle produzioni zootecniche.

BATTELLI, GIORGIO
2006

Abstract

Gli addetti all’allevamento, alla zooiatria, alla macellazione, alla lavorazione di alimenti di origine animale ed al trattamento dei sottoprodotti sopportano un livello di rischio biologico (RB) che dipende essenzialmente da due fattori: (i) le caratteristiche epidemiologiche degli agenti, in particolare le modalità di trasmissione e le fonti di contagio; (ii) le concrete possibilità di esposizione “efficace” a detti agenti durante il lavoro, determinabile attraverso l’esame dei processi produttivi e delle manualità adottate. Tra le categorie lavorative, quella degli addetti alla macellazione è particolarmente esposta al rischio di infezione (come riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), comportando le loro attività una vasta gamma di contatti con materiali potenzialmente infettanti: animali vivi, carcasse, organi, feci, urine, sangue. In Italia, gli interventi sanitari effettuati negli anni sul bestiame hanno notevolmente ridotto l'incidenza di patologie zoonosiche in allevatori e macellatori. Tuttavia, la segnalazione di casi di zoonosi occupazionali (ad es. leptospirosi, brucellosi, mal rosso, carbonchio ematico) ed alcune indagini epidemiologiche realizzate soprattutto su addetti alla macellazione in Nord-Italia, evidenziano l’attualità del problema. Per condurre una valutazione del RB nelle attività di produzione zootecnica (e non solo in queste) si dovrebbero conoscere numerosi dati, quali ad es.: incidenza delle zoonosi occorse negli anni suddivise per settore occupazionale, tipo di diagnosi, mansione dell’addetto, tipo di esposizione, danni provocati in termini di giornate di malattia, numero di decessi e di invalidità. Questo tipo di approccio non è oggi applicabile al RB per la mancanza dei dati fondamentali sui quali si dovrebbe basare. Ma anche la semplice valutazione qualitativa si presenta, per molte patologie, difficoltosa, a causa della carenza dei dati epidemiologici a disposizione relativi agli animali e ai loro prodotti, del numero esiguo delle indagini realizzate sugli addetti, delle scarse conoscenze dei processi produttivi, della tipologia e del numero dei contatti dei lavoratori con animali e prodotti di origine animale potenzialmente infetti. Nonostante le difficoltà ad esprimere per un lavoratore il rischio di contrarre una zoonosi occupazionale, è possibile formulare alcune considerazioni. Negli ultimi decenni, in Italia, sono migliorate : (i) le condizioni sanitarie del bestiame allevato; (ii) le condizioni di lavoro negli allevamenti; (iii) l’igiene del lavoro nei mattatoi, soprattutto per la necessità di rispettare la normativa sull’igiene delle carni. Nonostante questo, alcuni elementi inducono a ritenere che il rischio di esposizione rimanga elevato. Tra questi citiamo, soprattutto con riferimento alle attività di macellazione: (i) le particolari condizioni ambientali e di lavoro nei macelli e negli impianti di trattamento dei sottoprodotti; (ii) il contatto continuo con animali vivi, organi e prodotti biologici; (iii) la tipologia degli interventi e delle mansioni da effettuare che limita l’uso dei dispositivi di protezione individuale; (iv) la scarsa formazione e la difficoltà di percepire il RB da parte degli addetti; (v) la sempre maggiore presenza di personale immigrato, addetto alle mansioni più pericolose, con basso livello di educazione sanitaria e fortemente “motivato” all’accettazione del rischio.
2006
Medicina umana, medicina veterinaria e tutela dell'ambiente: possibili sinergie in sanità pubblica
12
13
I rischi biologici occupazionali nelle produzioni zootecniche / Ghinzelli M.; Battelli G.. - STAMPA. - ISTISAN Congressi 06/C4:(2006), pp. 12-13. (Intervento presentato al convegno Workshop Nazionale di Epidemiologia Veterinaria tenutosi a Perugia nel 12-13 Giugno 2006).
Ghinzelli M.; Battelli G.
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