Fino a ieri il nostro ciclamino mostrava una sgargiante fioritura, mentre oggi giace avvizzito sul balcone. Quando la morte di una pianta è repentina, è buona norma appurare al più presto che non si tratti di un’infezione parassitaria. Esame visivo ed olfattivo - Avvicinandoci, notiamo che il terriccio è troppo umido e che le foglie sono giallognole; prendendone una in mano, vediamo che i piccioli sono neri, di consistenza molle e che, sul pagina inferiore, le nervature sono anch’esse molto scure. Inoltre, all’inserzione del picciolo sulla foglia, è presente una macchia triangolare brunastra. Esaminiamo ora il tubero: mentre il rivestimento fibroso sembra intatto, all’interno il tessuto è molle, marcescente, quasi liquefatto, e l’odore che emana è decisamente sgradevole. Non c’è dubbio: il ciclamino ha subito un violento attacco da una batteriosi. Il patogeno responsabile è Erwinia corotovora subsp. carotovora che infetta molte specie ornamentali propagate per tubero, rizoma e bulbo: iris, lilium, tulipano, ecc., penetrando attraverso ferite e lenticelle, in condizioni di elevata umidità e temperatura (35 °C). Consigli utili - Questo batterio spesso contamina il terriccio in quanto si localizza nei residui della vegetazione: come prima cosa, la pianta infetta e il vaso che la contiene devono essere eliminati. Non esistono possibilità di cura, perciò occorre prevenire la malattia evitando: - l’invasatura fonda - gli eccessi di acqua e di azoto - gli sbalzi termici. Volendo, si possono irrorare i tuberi prima di interrarli con prodotti batteriostatici a base di rame o comunque disinfettanti (formalina al 2% per 60 min.); ma se temiamo di avere utilizzato come substrato un terriccio contenente residui infetti teniamo conto che la progressiva degradazione dei tessuti interrati porta comunque alla riduzione della carica batterica. Volendo, possiamo renderlo più sicuro con una solarizzazione, una pratica semplice che consiste nella copertura del terriccio con un film plastico in modo da provocare un’azione di "pastorizzazione" ad opera del calore solare. Richiede però tempi piuttosto lunghi (anche 2 mesi) e prolungati periodi di insolazione. Il risultato varia in funzione di molti parametri (consistenza e struttura del terreno, quantità di acqua in esso presente, qualità del film plastico, periodo dell'anno, ecc.). Da sola, generalmente, la solarizzazione non è in grado di assicurare una completa disinfezione, ma se il problema è solo l’Erwinia, il successo è assicurato.

Un ciclamino maleodorante

BELLARDI, MARIA GRAZIA
2014

Abstract

Fino a ieri il nostro ciclamino mostrava una sgargiante fioritura, mentre oggi giace avvizzito sul balcone. Quando la morte di una pianta è repentina, è buona norma appurare al più presto che non si tratti di un’infezione parassitaria. Esame visivo ed olfattivo - Avvicinandoci, notiamo che il terriccio è troppo umido e che le foglie sono giallognole; prendendone una in mano, vediamo che i piccioli sono neri, di consistenza molle e che, sul pagina inferiore, le nervature sono anch’esse molto scure. Inoltre, all’inserzione del picciolo sulla foglia, è presente una macchia triangolare brunastra. Esaminiamo ora il tubero: mentre il rivestimento fibroso sembra intatto, all’interno il tessuto è molle, marcescente, quasi liquefatto, e l’odore che emana è decisamente sgradevole. Non c’è dubbio: il ciclamino ha subito un violento attacco da una batteriosi. Il patogeno responsabile è Erwinia corotovora subsp. carotovora che infetta molte specie ornamentali propagate per tubero, rizoma e bulbo: iris, lilium, tulipano, ecc., penetrando attraverso ferite e lenticelle, in condizioni di elevata umidità e temperatura (35 °C). Consigli utili - Questo batterio spesso contamina il terriccio in quanto si localizza nei residui della vegetazione: come prima cosa, la pianta infetta e il vaso che la contiene devono essere eliminati. Non esistono possibilità di cura, perciò occorre prevenire la malattia evitando: - l’invasatura fonda - gli eccessi di acqua e di azoto - gli sbalzi termici. Volendo, si possono irrorare i tuberi prima di interrarli con prodotti batteriostatici a base di rame o comunque disinfettanti (formalina al 2% per 60 min.); ma se temiamo di avere utilizzato come substrato un terriccio contenente residui infetti teniamo conto che la progressiva degradazione dei tessuti interrati porta comunque alla riduzione della carica batterica. Volendo, possiamo renderlo più sicuro con una solarizzazione, una pratica semplice che consiste nella copertura del terriccio con un film plastico in modo da provocare un’azione di "pastorizzazione" ad opera del calore solare. Richiede però tempi piuttosto lunghi (anche 2 mesi) e prolungati periodi di insolazione. Il risultato varia in funzione di molti parametri (consistenza e struttura del terreno, quantità di acqua in esso presente, qualità del film plastico, periodo dell'anno, ecc.). Da sola, generalmente, la solarizzazione non è in grado di assicurare una completa disinfezione, ma se il problema è solo l’Erwinia, il successo è assicurato.
2014
M.G.Bellardi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/276711
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