La formazione continua, nella sua esplicazione per le persone che lavorano, oggi in Italia riesce ad affermarsi quale processo di sviluppo delle persone intese in un’ottica di superamento della tradizionale concezione delle ‘Risorse Umane’, a favore del concetto di persona come volume totale dell’essere1 ? Leggendo i rapporti sulla formazione in azienda, sfogliando i quotidiani che in questi mesi di crisi parlano di formazione obbligatoria per i lavoratori sospesi o in cassa integrazione, ascoltando i telegiornali che ci mostrano lavoratori in mobilità o in sciopero per scongiurarla, ma anche più semplicemente facendo riferimento alla formazione che noi stessi o nostri conoscenti hanno avuto durante il loro servizio lavorativo, non possiamo non essere stati sfiorati da diverse domande. La formazione proposta ai lavoratori, intesi più come persone che come risorse da far rientrare in un bilancio aziendale, risponde realmente ai bisogni formativi? Si guarda ai bisogni dell’azienda? E a quelli della persona? È possibile trovare un incontro tra queste due entità: organizzazione aziendale e persone che lavorano? Come viene progettata questa formazione? Si parte dalla voce dei lavoratori o solo dai vertici aziendali? La si propone per riempire dei buchi temporali in attesa di sapere se i lavoratori saranno o meno licenziati? Oppure è utilizzata solo perché in quel dato momento sono disponibili dei fondi? E poi, chi la progetta? Che competenze ha?
Valeria Friso (2011). La formazione in azienda: cosa ne pensano le persone che lavorano. PERSONE & CONOSCENZE, 74, 10-15.
La formazione in azienda: cosa ne pensano le persone che lavorano.
FRISO, VALERIA
2011
Abstract
La formazione continua, nella sua esplicazione per le persone che lavorano, oggi in Italia riesce ad affermarsi quale processo di sviluppo delle persone intese in un’ottica di superamento della tradizionale concezione delle ‘Risorse Umane’, a favore del concetto di persona come volume totale dell’essere1 ? Leggendo i rapporti sulla formazione in azienda, sfogliando i quotidiani che in questi mesi di crisi parlano di formazione obbligatoria per i lavoratori sospesi o in cassa integrazione, ascoltando i telegiornali che ci mostrano lavoratori in mobilità o in sciopero per scongiurarla, ma anche più semplicemente facendo riferimento alla formazione che noi stessi o nostri conoscenti hanno avuto durante il loro servizio lavorativo, non possiamo non essere stati sfiorati da diverse domande. La formazione proposta ai lavoratori, intesi più come persone che come risorse da far rientrare in un bilancio aziendale, risponde realmente ai bisogni formativi? Si guarda ai bisogni dell’azienda? E a quelli della persona? È possibile trovare un incontro tra queste due entità: organizzazione aziendale e persone che lavorano? Come viene progettata questa formazione? Si parte dalla voce dei lavoratori o solo dai vertici aziendali? La si propone per riempire dei buchi temporali in attesa di sapere se i lavoratori saranno o meno licenziati? Oppure è utilizzata solo perché in quel dato momento sono disponibili dei fondi? E poi, chi la progetta? Che competenze ha?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.