L’equilibrio, staticamente o dinamicamente inteso, è la manifestazione del fatto che un compito di “stabilizzazione” è stato eseguito con successo da parte del nostro sistema di controllo posturale. Tale intervento è essenziale ed imprescindibile perchè la biomeccanica del corpo umano è tale da renderlo intrinsecamente instabile, sotto l’azione della forza di gravità. La misura del successo del controllo posturale deve considerare una molteplicità di aspetti biomeccanici che comprendono il controllo del centro di massa (CoM) corporeo sulla base d’appoggio, il mantenimento della verticalità del tronco, la stabilità della testa e degli arti, la capacità di eseguire movimenti efficienti ed efficaci del corpo e degli arti. Un buon esame dell’equilibrio deve valutare come le strategie di controllo si modificano al variare delle caratteristiche dell’appoggio (solido e fermo, cedevole, in movimento) e delle condizioni sensoriali, con le attese, lo stato cognitivo e l’esperienza del soggetto, con le specifiche del compito assegnato. Deve inoltre investigare i diversi meccanismi coinvolti nel controllo posturale, che possono essere diversamente affetti dalla patologia: la abilità di reagire a perturbazioni esterne inattese (meccanismo reattivo), la abilità di anticipare le esigenze posturali nell’esecuzione di movimenti volontari (meccanismo anticipativo), la abilità di muovere volontariamente ed efficientemente il CoM (Horak e Shupert, 2000). Nessuno strumento di indagine clinica è attualmente sufficientemente comprensivo da contemplare tutti questi aspetti. Considerato che l’obiettivo di una valutazione clinica dell’equilibrio è raramente la diagnosi (diagnosi diverse possono implicare uguali limitazioni all’equilibrio; diagnosi uguali possono tradursi in limitazioni dell’equilibrio diverse), la sua applicazione più frequente investe 1) la predizione del rischio di caduta e la valutazione della necessità e dell’efficacia di un trattamento, e 2) la determinazione delle cause responsabili delle alterazioni dell’equilibrio allo scopo di rendere più efficace e mirato il trattamento stesso (Horak 1997). In questa prospettiva, gli strumenti clinici più consolidati prevedono, rispettivamente, un approccio funzionale, di tipo performance-based (Baratto et al., 2003), e un approccio per sistemi, di tipo impairment-based (Woollacott e Shumway-Cook, 1990), che possono essere utilizzati separatamente o sinergisticamente. Esiste poi un terzo approccio, quello strumentale, che è utile per supportare ed integrare entrambi i precedenti e che sarà l’oggetto centrale di questa comunicazione.

Potenzialità e limiti dell’analisi posturografica strumentale: una prospettiva metodologica

CHIARI, LORENZO
2005

Abstract

L’equilibrio, staticamente o dinamicamente inteso, è la manifestazione del fatto che un compito di “stabilizzazione” è stato eseguito con successo da parte del nostro sistema di controllo posturale. Tale intervento è essenziale ed imprescindibile perchè la biomeccanica del corpo umano è tale da renderlo intrinsecamente instabile, sotto l’azione della forza di gravità. La misura del successo del controllo posturale deve considerare una molteplicità di aspetti biomeccanici che comprendono il controllo del centro di massa (CoM) corporeo sulla base d’appoggio, il mantenimento della verticalità del tronco, la stabilità della testa e degli arti, la capacità di eseguire movimenti efficienti ed efficaci del corpo e degli arti. Un buon esame dell’equilibrio deve valutare come le strategie di controllo si modificano al variare delle caratteristiche dell’appoggio (solido e fermo, cedevole, in movimento) e delle condizioni sensoriali, con le attese, lo stato cognitivo e l’esperienza del soggetto, con le specifiche del compito assegnato. Deve inoltre investigare i diversi meccanismi coinvolti nel controllo posturale, che possono essere diversamente affetti dalla patologia: la abilità di reagire a perturbazioni esterne inattese (meccanismo reattivo), la abilità di anticipare le esigenze posturali nell’esecuzione di movimenti volontari (meccanismo anticipativo), la abilità di muovere volontariamente ed efficientemente il CoM (Horak e Shupert, 2000). Nessuno strumento di indagine clinica è attualmente sufficientemente comprensivo da contemplare tutti questi aspetti. Considerato che l’obiettivo di una valutazione clinica dell’equilibrio è raramente la diagnosi (diagnosi diverse possono implicare uguali limitazioni all’equilibrio; diagnosi uguali possono tradursi in limitazioni dell’equilibrio diverse), la sua applicazione più frequente investe 1) la predizione del rischio di caduta e la valutazione della necessità e dell’efficacia di un trattamento, e 2) la determinazione delle cause responsabili delle alterazioni dell’equilibrio allo scopo di rendere più efficace e mirato il trattamento stesso (Horak 1997). In questa prospettiva, gli strumenti clinici più consolidati prevedono, rispettivamente, un approccio funzionale, di tipo performance-based (Baratto et al., 2003), e un approccio per sistemi, di tipo impairment-based (Woollacott e Shumway-Cook, 1990), che possono essere utilizzati separatamente o sinergisticamente. Esiste poi un terzo approccio, quello strumentale, che è utile per supportare ed integrare entrambi i precedenti e che sarà l’oggetto centrale di questa comunicazione.
2005
L. Chiari
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