Nel 1893 Bizzozero ha dimostrato la presenza di organismi spiraliformi nello stomaco animale. Tali organismi furono in seguito ritrovati anche nello stomaco umano, ma poiché considerati commensali e non fu data loro alcuna importanza. Poco più di cento anni dopo, la pubblicazione di una lettera su Lancet, nel 1983, da parte di Warren e Marshall (1983), in cui si richiamava l’attenzione del mondo scientifico sull’associazione tra la presenza di batteri ricurvi nello stomaco e la gastrite istologica, avrebbe rivoluzionato il mondo gastroenterologico. A distanza di quasi venti anni e dopo innumerevoli studi, abbiamo imparato molto sull’Helicobacter pylori (H pylori). Disponiamo infatti di due intere sequenze genomiche (provenienti da due distinti ceppi) e conosciamo bene alcuni suoi geni come ad esempio cagA, vacA, ice A o UreI. Studi clinici hanno dimostrato che l’H pylori è il principale agente patogeno della malattia peptica (Vaira 2003), delle gastriti croniche istologiche e continue evidenze epidemiologiche lo correlano al meccanismo etiopatogenetico del cancro gastrico (IARC 1994). Durante questi anni, diverse metodiche sono state sviluppate per diagnosticare l’infezione da H pylori. Questa può infatti essere accertata sia attraverso metodiche invasive (ovvero richiedenti l’esame endoscopico e i campioni bioptici) sia non invasive. Sebbene le diverse tecniche diagnostiche hanno dimostrato una buona accuratezza, almeno quando utilizzate in centri specializzati per l’infezione, è oramai chiaro che nessun singolo test è ottimale per la diagnosi e che solo una combinazione di più metodiche è in grado di determinare una elevata accuratezza diagnostica (Malfertheinher 2002). Tuttavia nella “ clinical practice” la diagnosi di infezione da H pylori è spesso effettuata con un solo test, per cui la scelta di questo diventa fondamentale. Quando si considera un test diagnostico, bisogna valutare alcune importanti caratteristiche tecniche quali sensibilità, specificità e likelihood per un test positivo e negativo che forniscono informazioni rispettivamente su quanto efficace è il test nel diagnosticare/non diagnosticare l’infezione quando questa è/non è presente e riguardo le probabilità che un risultato ottenuto sia atteso in un paziente con/senza infezione. Bisogna inoltre valutare la situazione clinica, ovvero la prevalenza dell’infezione nella popolazione considerata, l’età dei pazienti testati, i loro sintomi e la loro storia clinica. Infine, non meno importante, è il capitolo dei costi ovvero della costo-efficacia: questi studi infatti identificano e paragonano efficacia e costi delle diverse strategie nel diagnosticare o gestire l’infezione da H pylori. Diverse linee-guida, in riferimento alla gestione del paziente dispeptico, raccomandano, come approccio iniziale, l’uso di tests non invasivi per la diagnosi di infezione da H pylori. Questa strategia, ampiamente testata, si è dimostrata efficace sia sul piano clinico che su quello economico (Lassen 2000, Mc Coll 2002).
Vaira D, Zullo A, Gatta L, Ricci C, Bernabucci V, Cavina M, et al. (2005). Diagnosi non invasiva e terapia per Helicobacter Pylori. PATOLOGO CLINICO, 1, 14-18.
Diagnosi non invasiva e terapia per Helicobacter Pylori
VAIRA, BERARDINO;GATTA, LUIGI;RICCI, CHIARA;BERNABUCCI, VERONICA;PERNA, FEDERICO;MIGLIOLI, MARIO
2005
Abstract
Nel 1893 Bizzozero ha dimostrato la presenza di organismi spiraliformi nello stomaco animale. Tali organismi furono in seguito ritrovati anche nello stomaco umano, ma poiché considerati commensali e non fu data loro alcuna importanza. Poco più di cento anni dopo, la pubblicazione di una lettera su Lancet, nel 1983, da parte di Warren e Marshall (1983), in cui si richiamava l’attenzione del mondo scientifico sull’associazione tra la presenza di batteri ricurvi nello stomaco e la gastrite istologica, avrebbe rivoluzionato il mondo gastroenterologico. A distanza di quasi venti anni e dopo innumerevoli studi, abbiamo imparato molto sull’Helicobacter pylori (H pylori). Disponiamo infatti di due intere sequenze genomiche (provenienti da due distinti ceppi) e conosciamo bene alcuni suoi geni come ad esempio cagA, vacA, ice A o UreI. Studi clinici hanno dimostrato che l’H pylori è il principale agente patogeno della malattia peptica (Vaira 2003), delle gastriti croniche istologiche e continue evidenze epidemiologiche lo correlano al meccanismo etiopatogenetico del cancro gastrico (IARC 1994). Durante questi anni, diverse metodiche sono state sviluppate per diagnosticare l’infezione da H pylori. Questa può infatti essere accertata sia attraverso metodiche invasive (ovvero richiedenti l’esame endoscopico e i campioni bioptici) sia non invasive. Sebbene le diverse tecniche diagnostiche hanno dimostrato una buona accuratezza, almeno quando utilizzate in centri specializzati per l’infezione, è oramai chiaro che nessun singolo test è ottimale per la diagnosi e che solo una combinazione di più metodiche è in grado di determinare una elevata accuratezza diagnostica (Malfertheinher 2002). Tuttavia nella “ clinical practice” la diagnosi di infezione da H pylori è spesso effettuata con un solo test, per cui la scelta di questo diventa fondamentale. Quando si considera un test diagnostico, bisogna valutare alcune importanti caratteristiche tecniche quali sensibilità, specificità e likelihood per un test positivo e negativo che forniscono informazioni rispettivamente su quanto efficace è il test nel diagnosticare/non diagnosticare l’infezione quando questa è/non è presente e riguardo le probabilità che un risultato ottenuto sia atteso in un paziente con/senza infezione. Bisogna inoltre valutare la situazione clinica, ovvero la prevalenza dell’infezione nella popolazione considerata, l’età dei pazienti testati, i loro sintomi e la loro storia clinica. Infine, non meno importante, è il capitolo dei costi ovvero della costo-efficacia: questi studi infatti identificano e paragonano efficacia e costi delle diverse strategie nel diagnosticare o gestire l’infezione da H pylori. Diverse linee-guida, in riferimento alla gestione del paziente dispeptico, raccomandano, come approccio iniziale, l’uso di tests non invasivi per la diagnosi di infezione da H pylori. Questa strategia, ampiamente testata, si è dimostrata efficace sia sul piano clinico che su quello economico (Lassen 2000, Mc Coll 2002).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.