Procedono paralleli, da oltre un ventennio, due distinti filoni di ricerca aventi la propria comune origine nella costatazione della crisi irreversibile del compromesso socio-economico di matrice taylorista-fordista. Da una parte, una riflessione provvista di andamento carsico prova a mettere a tema la questione di un reddito di cittadinanza sganciato dal lavoro, come misura d’inclusione sociale nella stagione in cui il lavoro sembra destituito del potere di rappresentare il medium tra nuda vita e cittadinanza piena. Dall’altra, un fitto dibattito dottrinale tematizza la crisi del diritto del lavoro intesa come crisi della capacità regolativa del più novecentesco dei diritti: quello che ha edificato le sue fortune eleggendo a baricentro della propria evoluzione la tutela del maschio adulto bianco impiegato a tempo indeterminato nell’impresa industriale di dimensioni medio-grandi. Tale figura, egemone nel dopoguerra, ha progressivamente perduto centralità politica, economica e sociale, benché del lavoro si siano allargati i confini e sfumati i contorni, fino a comprendere ambiti della vita che un tempo gli erano estranei. Oltre al proliferare di nuovi lavori e nuove forme contrattuali ai “dintorni” della subordinazione (Pedrazzoli, 1989), esistono cambiamenti radicali nell’erogazione della prestazione lavorativa anche “nel cuore” del lavoro subordinato (De Luca Tamaio, 1989). Queste trasformazioni qualitative del lavoro mettono in discussione l’effettività delle tecniche di tutela tradizionali, a partire dagli istituti legati al concetto di mansione, retribuzione e tempo di lavoro, sollecitando in certa misura un loro aggiornamento, in altra parte una loro integrazione. Le trasformazioni della società post-fordista e post-industriale hanno costituito l’occasione per una grande offensiva sul terreno dei diritti del lavoro, nella duplice dimensione individuale e collettiva. Se la “lotta di classe, dopo la lotta di classe” (Gallino, 2012) si è innanzitutto espressa nella de-valorizzazione del lavoro, tanto sul piano economico quanto sul versante della regolazione giuridica, un tassello significativo del “processo al diritto sociale” è stato rappresentato dalla (pretesa) contrapposizione tra diritti nel rapporto di lavoro e diritti nel mercato del lavoro, postulando l’esigenza di uno scambio tra i primi, certi ed esigibili, ed i secondi, ancora di là da venire (Ichino, 1996). Tale paradigma elude e mistifica un aspetto propedeutico alla discussione sul reddito di cittadinanza. I diritti nel rapporto di lavoro e i diritti nel mercato del lavoro, ivi compresa l’auspicabile garanzia di un reddito sganciato dalla prestazione lavorativa, evocano problemi distinti e coinvolgono risorse e soggetti diversi. I diritti nel rapporto (la tutela contro il licenziamento illegittimo, la garanzia di un’equa retribuzione, i diritti sindacali ecc.) suppongono una disparità di potere nell’ambito di una relazione contrattuale a naturale vocazione asimmetrica, imponendo al datore di lavoro di giocare la propria supremazia (economica e giuridica) secondo i canoni, non arbitrari, della razionalità produttiva, nel rispetto della connotazione personalistica della prestazione del debitore di lavoro. I diritti nel mercato hanno invece una funzione che trascende il rapporto bilaterale tra le parti del contratto di lavoro, coinvolgendo le condizioni sistemiche della produzione sociale e la protezione dai rischi che vi sono connessi, tanto più in un contesto di globalizzazione dei mercati e crisi economica. Ciò non vuol dire che la discussione sul reddito di cittadinanza debba rimanere estranea al dibattito giuslavoristico. Al contrario: le principali debolezze che hanno circondato le proposte d’introduzione di una misura di tal fatta derivano proprio dall’indipendenza del discorso sul reddito dal discorso giuslavoristico o, peggio ancora, dall’indebita contrapposizione tra questi due discorsi che sono, invece, complementari.

Diritto e reddito di cittadinanza

MARTELLONI, FEDERICO
2013

Abstract

Procedono paralleli, da oltre un ventennio, due distinti filoni di ricerca aventi la propria comune origine nella costatazione della crisi irreversibile del compromesso socio-economico di matrice taylorista-fordista. Da una parte, una riflessione provvista di andamento carsico prova a mettere a tema la questione di un reddito di cittadinanza sganciato dal lavoro, come misura d’inclusione sociale nella stagione in cui il lavoro sembra destituito del potere di rappresentare il medium tra nuda vita e cittadinanza piena. Dall’altra, un fitto dibattito dottrinale tematizza la crisi del diritto del lavoro intesa come crisi della capacità regolativa del più novecentesco dei diritti: quello che ha edificato le sue fortune eleggendo a baricentro della propria evoluzione la tutela del maschio adulto bianco impiegato a tempo indeterminato nell’impresa industriale di dimensioni medio-grandi. Tale figura, egemone nel dopoguerra, ha progressivamente perduto centralità politica, economica e sociale, benché del lavoro si siano allargati i confini e sfumati i contorni, fino a comprendere ambiti della vita che un tempo gli erano estranei. Oltre al proliferare di nuovi lavori e nuove forme contrattuali ai “dintorni” della subordinazione (Pedrazzoli, 1989), esistono cambiamenti radicali nell’erogazione della prestazione lavorativa anche “nel cuore” del lavoro subordinato (De Luca Tamaio, 1989). Queste trasformazioni qualitative del lavoro mettono in discussione l’effettività delle tecniche di tutela tradizionali, a partire dagli istituti legati al concetto di mansione, retribuzione e tempo di lavoro, sollecitando in certa misura un loro aggiornamento, in altra parte una loro integrazione. Le trasformazioni della società post-fordista e post-industriale hanno costituito l’occasione per una grande offensiva sul terreno dei diritti del lavoro, nella duplice dimensione individuale e collettiva. Se la “lotta di classe, dopo la lotta di classe” (Gallino, 2012) si è innanzitutto espressa nella de-valorizzazione del lavoro, tanto sul piano economico quanto sul versante della regolazione giuridica, un tassello significativo del “processo al diritto sociale” è stato rappresentato dalla (pretesa) contrapposizione tra diritti nel rapporto di lavoro e diritti nel mercato del lavoro, postulando l’esigenza di uno scambio tra i primi, certi ed esigibili, ed i secondi, ancora di là da venire (Ichino, 1996). Tale paradigma elude e mistifica un aspetto propedeutico alla discussione sul reddito di cittadinanza. I diritti nel rapporto di lavoro e i diritti nel mercato del lavoro, ivi compresa l’auspicabile garanzia di un reddito sganciato dalla prestazione lavorativa, evocano problemi distinti e coinvolgono risorse e soggetti diversi. I diritti nel rapporto (la tutela contro il licenziamento illegittimo, la garanzia di un’equa retribuzione, i diritti sindacali ecc.) suppongono una disparità di potere nell’ambito di una relazione contrattuale a naturale vocazione asimmetrica, imponendo al datore di lavoro di giocare la propria supremazia (economica e giuridica) secondo i canoni, non arbitrari, della razionalità produttiva, nel rispetto della connotazione personalistica della prestazione del debitore di lavoro. I diritti nel mercato hanno invece una funzione che trascende il rapporto bilaterale tra le parti del contratto di lavoro, coinvolgendo le condizioni sistemiche della produzione sociale e la protezione dai rischi che vi sono connessi, tanto più in un contesto di globalizzazione dei mercati e crisi economica. Ciò non vuol dire che la discussione sul reddito di cittadinanza debba rimanere estranea al dibattito giuslavoristico. Al contrario: le principali debolezze che hanno circondato le proposte d’introduzione di una misura di tal fatta derivano proprio dall’indipendenza del discorso sul reddito dal discorso giuslavoristico o, peggio ancora, dall’indebita contrapposizione tra questi due discorsi che sono, invece, complementari.
2013
F. Martelloni
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/216863
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact