Il titolo duale di questo saggio non è casuale. Lo scopo del mio intervento è infatti di mostrare come una sorta di antinomicità determini, almeno in parte, l’andamento non conclusivo del pensiero di Gadamer. In primo luogo, si tratta di capire in quali termini Gadamer non metta del tutto a fuoco l’opzione tra processualità formativa e statuto ontico dell’opera d’arte, e tenda quindi a sovrapporre con una certa schematicità al piano dei rilievi fenomenologici griglie di matrice ontologica. Questo perché, malgrado le aperture dichiarate al vivo movimento della pratica dell’arte, in Gadamer agisce pur sempre la fedeltà a un residuo punto d’ancoraggio sostanzialista ed essenzialista. In tal modo egli finisce addirittura per travisare in senso ontico(-metafisico) la dimensione processuale e pienamente verbale delle stesse nozioni cruciali coniate da Heideg-ger cui egli fa esplicito riferimento nel corso delle sue analisi. Già parlare di «ontologia dell’opera d’arte» significa far scadere inavvertitamente il progetto iper-ontologico heideggeriano in una ontologia formale circoscritta alla dimensione ontica. In secondo luogo, e di conseguenza, si vorrebbe contribuire a comprendere quale genere di ontologia sia quella di Gadamer e perché essa si prospetti come analisi ontica centrata sul valore della Sebstdarstellung dell’ente-testo. Rispetto a ciò la regione dell’arte costituisce una sorta di nucleo germinale. È infatti secondo cerchi concentrici – che si diffondo-no ampliando il nucleo dell’esperienza dell’opera d’arte dapprima in orizzonte della storicità e infine in universo onnicomprensivo della linguisticità – che appare strutturata l’opera più celebre di Gadamer, Wahrheit und Methode, come rivela la semplice considerazione delle tre parti di cui essa si compone.

Processi formativi e ontologia dell'arte

MATTEUCCI, GIOVANNI
2004

Abstract

Il titolo duale di questo saggio non è casuale. Lo scopo del mio intervento è infatti di mostrare come una sorta di antinomicità determini, almeno in parte, l’andamento non conclusivo del pensiero di Gadamer. In primo luogo, si tratta di capire in quali termini Gadamer non metta del tutto a fuoco l’opzione tra processualità formativa e statuto ontico dell’opera d’arte, e tenda quindi a sovrapporre con una certa schematicità al piano dei rilievi fenomenologici griglie di matrice ontologica. Questo perché, malgrado le aperture dichiarate al vivo movimento della pratica dell’arte, in Gadamer agisce pur sempre la fedeltà a un residuo punto d’ancoraggio sostanzialista ed essenzialista. In tal modo egli finisce addirittura per travisare in senso ontico(-metafisico) la dimensione processuale e pienamente verbale delle stesse nozioni cruciali coniate da Heideg-ger cui egli fa esplicito riferimento nel corso delle sue analisi. Già parlare di «ontologia dell’opera d’arte» significa far scadere inavvertitamente il progetto iper-ontologico heideggeriano in una ontologia formale circoscritta alla dimensione ontica. In secondo luogo, e di conseguenza, si vorrebbe contribuire a comprendere quale genere di ontologia sia quella di Gadamer e perché essa si prospetti come analisi ontica centrata sul valore della Sebstdarstellung dell’ente-testo. Rispetto a ciò la regione dell’arte costituisce una sorta di nucleo germinale. È infatti secondo cerchi concentrici – che si diffondo-no ampliando il nucleo dell’esperienza dell’opera d’arte dapprima in orizzonte della storicità e infine in universo onnicomprensivo della linguisticità – che appare strutturata l’opera più celebre di Gadamer, Wahrheit und Methode, come rivela la semplice considerazione delle tre parti di cui essa si compone.
2004
Gadamer: bilanci e prospettive
133
155
G. Matteucci
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