La recensione discute criticamente la prospettiva fornita dagli autori sull'antropologia, intesa come comprensione profonda e diretta del mondo, coinvolgimento concreto e profondo all’interno del “mondo sensibile” (un’antropologia appunto engagée), capace “di prossimità” e vicinanza con gli attori sociali, di tradurre lingue e linguaggi diversi e, al tempo stesso, di decentrare lo sguardo e de-familiarizzarsi dalle proprie categorie di esperienza ordinaria del mondo. Un’antropologia non egemone vuole essere sia un’antropologia “consapevole degli egemonismi che l’hanno marcata a lungo”, cosciente della sua storia e decisa oggi a mobilitarsi tanto sul piano teorico quanto sul piano della ricerca di terreno, sia un’antropologia relazionale, dialogica, multilocale, attenta ai mutamenti globali e ai “luoghi di enunciazione dei particolarismi culturali” e dei loro saperi, alle pratiche e visioni condivise quanto ai conflitti, alle gerarchie e ai rapporti di forza che plasmano le relazioni sociali, politiche, economiche.
Federica Tarabusi (2012). Saillant F., Kilani M., Bideau F. G. (a cura di), Manifeste de Lausanne. Pour une anthropologie non hégémonique. REPÈRES-DORIF, 2, 1-4.
Saillant F., Kilani M., Bideau F. G. (a cura di), Manifeste de Lausanne. Pour une anthropologie non hégémonique
TARABUSI, FEDERICA
2012
Abstract
La recensione discute criticamente la prospettiva fornita dagli autori sull'antropologia, intesa come comprensione profonda e diretta del mondo, coinvolgimento concreto e profondo all’interno del “mondo sensibile” (un’antropologia appunto engagée), capace “di prossimità” e vicinanza con gli attori sociali, di tradurre lingue e linguaggi diversi e, al tempo stesso, di decentrare lo sguardo e de-familiarizzarsi dalle proprie categorie di esperienza ordinaria del mondo. Un’antropologia non egemone vuole essere sia un’antropologia “consapevole degli egemonismi che l’hanno marcata a lungo”, cosciente della sua storia e decisa oggi a mobilitarsi tanto sul piano teorico quanto sul piano della ricerca di terreno, sia un’antropologia relazionale, dialogica, multilocale, attenta ai mutamenti globali e ai “luoghi di enunciazione dei particolarismi culturali” e dei loro saperi, alle pratiche e visioni condivise quanto ai conflitti, alle gerarchie e ai rapporti di forza che plasmano le relazioni sociali, politiche, economiche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.