LIBERTA’, VERITA’ e POVERTA’ (se si ha paura di quest’ultima si è ben lontani dalle altre due): ecco tre parole che gli intellettuali dovrebbero avere sempre davanti agli occhi, come i sovrani la parola POSTERITA’. Lo scriveva d’Alembert nel 1753, ed era, insieme, una professione di ragione, una dichiarazione d’intenti e un imperativo filosofico. Erano tempi difficili per i Philosophes, attori di una filosofia della ragione e autori di opere d’impegno filosofico oggetto di critiche e di attacchi da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche legate alla tradizione. Due date soltanto: del 1749 è la prigionia di Diderot nella torre di Vincennes a seguito della condanna dei suoi primi scritti; del 1752 è la prima crisi dell’Encyclopédie e la sua prima soppressione a seguito della censura dei due primi volumi e della condanna della tesi dell’abbé de Prades. Ma proprio durante questa “grande tempesta” che si era scatenata contro di loro, in “tempi in cui la causa delle lettere e della filosofia era attaccata con gli strumenti della retorica”, della censura e del ridicolo ed era “difesa con luoghi comuni”, come scrivevano i Philosophes stessi, in tempi in cui gli autori “avevano tanti falsi amici pronti a blandirli per vanità, ma pronti a sacrificarli senza vergogna e senza rimorsi”per ambizione o per interesse, come lamentavano, d’Alembert, il Philosophe-géomètre, come lo chiamavano, co-editore dell’Encyclopédie e autore del Discours Préliminaire, sentiva vivamente il dovere di dare voce alle ragioni della filosofia, per riflettere da autore, da enciclopedista e da scienziato sulla figura e sul ruolo dell’intellettuale nella cultura del tempo, richiamandolo con fierezza agli imperativi della ragione e dell’azione "éclairée".
M. SPALLANZANI (2010). Libertà, verità e povertà”. Le tre parole del filosofo. Bologna : Pàtron editore.
Libertà, verità e povertà”. Le tre parole del filosofo
SPALLANZANI, MARIAFRANCA
2010
Abstract
LIBERTA’, VERITA’ e POVERTA’ (se si ha paura di quest’ultima si è ben lontani dalle altre due): ecco tre parole che gli intellettuali dovrebbero avere sempre davanti agli occhi, come i sovrani la parola POSTERITA’. Lo scriveva d’Alembert nel 1753, ed era, insieme, una professione di ragione, una dichiarazione d’intenti e un imperativo filosofico. Erano tempi difficili per i Philosophes, attori di una filosofia della ragione e autori di opere d’impegno filosofico oggetto di critiche e di attacchi da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche legate alla tradizione. Due date soltanto: del 1749 è la prigionia di Diderot nella torre di Vincennes a seguito della condanna dei suoi primi scritti; del 1752 è la prima crisi dell’Encyclopédie e la sua prima soppressione a seguito della censura dei due primi volumi e della condanna della tesi dell’abbé de Prades. Ma proprio durante questa “grande tempesta” che si era scatenata contro di loro, in “tempi in cui la causa delle lettere e della filosofia era attaccata con gli strumenti della retorica”, della censura e del ridicolo ed era “difesa con luoghi comuni”, come scrivevano i Philosophes stessi, in tempi in cui gli autori “avevano tanti falsi amici pronti a blandirli per vanità, ma pronti a sacrificarli senza vergogna e senza rimorsi”per ambizione o per interesse, come lamentavano, d’Alembert, il Philosophe-géomètre, come lo chiamavano, co-editore dell’Encyclopédie e autore del Discours Préliminaire, sentiva vivamente il dovere di dare voce alle ragioni della filosofia, per riflettere da autore, da enciclopedista e da scienziato sulla figura e sul ruolo dell’intellettuale nella cultura del tempo, richiamandolo con fierezza agli imperativi della ragione e dell’azione "éclairée".I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.