a) L’illegalità nel mondo «virtuale». Alle origini l’operatività degli internet service providers si è caratterizzata per una sostanziale libertà d’azione, evidenziata dalla mancanza di una disciplina specifica di regolazione. Di lı` a poco, tuttavia, l’emersione, sempre più evidente, delle istanze di tutela dei fruitori, del diritto d’autore, della libertà di espressione, dell’onore, ecc., ha indotto il legislatore nazionale, anche sulla scorta delle precoci sollecitazioni della Commissione Europea, ad adottare una normativa puntuale delle attività dei providers, sı` da accogliere l’affermazione che «ciò che è illegale fuori dalla rete rimane illegale anche sulla rete». b) La tutela dei minori esposti alle insidie della Rete. La diffusione dei c.d. social networks è stata accompagnata dalla necessità, sempre più pressante, di approntare idonei strumenti a tutela dei minori, quali soggetti maggiormente esposti alle insidie della Rete. Decisiva e` stata, al riguardo, l’elaborazione di un codice deontologico da parte dall’Anof, l’associazione nazionale che riunisce i fornitori di informazioni video ed audio, atto ad individuare una puntuale serie di obblighi d’informazione cui devono adempiere i prestatori. A tale misura ha fatto seguito una vera e propria campagna di «sensibilizzazione» dei soggetti tenuti alla vigilanza dei minori cibernauti, all’adozione di appositi strumenti capaci di limitare l’accesso a determinati contenuti. c) Verso l’affermazione della responsabilità degli ISP. La giurisprudenza di merito si è dimostrata mutevole nell’affermare la responsabilità civile dei service providers. Ad ogni modo, la tendenza generale è quella di valutare l’attività concretamente esercitata, nel senso di chiamare a rispondere l’ISP ogniqualvolta la sua opera consista non già nella semplice fornitura del servizio di accesso alla Rete o di uno spazio di hosting sul quale terzi memorizzano informazioni, bensì` nella creazione, gestione e manutenzione di siti, o di newsgroup moderati. Con particolare riguardo al c.d. hosting provider, l’art. 17 del d.lg. 9.4.2004, n. 70, esclude che il prestatore sia tenuto ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, cosı` come pure a ricercare attivamente fatti o circostanze sintomatiche della presenza di attività illecite, potendo egli essere ritenuto responsabile solo per un fatto proprio, ovvero di un proprio ausiliario, e non per un illecito consumato da terzi.

La responsabilità civile dei service providers

BELLI, GUIDO
2011

Abstract

a) L’illegalità nel mondo «virtuale». Alle origini l’operatività degli internet service providers si è caratterizzata per una sostanziale libertà d’azione, evidenziata dalla mancanza di una disciplina specifica di regolazione. Di lı` a poco, tuttavia, l’emersione, sempre più evidente, delle istanze di tutela dei fruitori, del diritto d’autore, della libertà di espressione, dell’onore, ecc., ha indotto il legislatore nazionale, anche sulla scorta delle precoci sollecitazioni della Commissione Europea, ad adottare una normativa puntuale delle attività dei providers, sı` da accogliere l’affermazione che «ciò che è illegale fuori dalla rete rimane illegale anche sulla rete». b) La tutela dei minori esposti alle insidie della Rete. La diffusione dei c.d. social networks è stata accompagnata dalla necessità, sempre più pressante, di approntare idonei strumenti a tutela dei minori, quali soggetti maggiormente esposti alle insidie della Rete. Decisiva e` stata, al riguardo, l’elaborazione di un codice deontologico da parte dall’Anof, l’associazione nazionale che riunisce i fornitori di informazioni video ed audio, atto ad individuare una puntuale serie di obblighi d’informazione cui devono adempiere i prestatori. A tale misura ha fatto seguito una vera e propria campagna di «sensibilizzazione» dei soggetti tenuti alla vigilanza dei minori cibernauti, all’adozione di appositi strumenti capaci di limitare l’accesso a determinati contenuti. c) Verso l’affermazione della responsabilità degli ISP. La giurisprudenza di merito si è dimostrata mutevole nell’affermare la responsabilità civile dei service providers. Ad ogni modo, la tendenza generale è quella di valutare l’attività concretamente esercitata, nel senso di chiamare a rispondere l’ISP ogniqualvolta la sua opera consista non già nella semplice fornitura del servizio di accesso alla Rete o di uno spazio di hosting sul quale terzi memorizzano informazioni, bensì` nella creazione, gestione e manutenzione di siti, o di newsgroup moderati. Con particolare riguardo al c.d. hosting provider, l’art. 17 del d.lg. 9.4.2004, n. 70, esclude che il prestatore sia tenuto ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, cosı` come pure a ricercare attivamente fatti o circostanze sintomatiche della presenza di attività illecite, potendo egli essere ritenuto responsabile solo per un fatto proprio, ovvero di un proprio ausiliario, e non per un illecito consumato da terzi.
2011
BELLI GUIDO
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