a) Lo sviluppo della società industriale moderna ha considerevolmente aumentato le occasioni di danno cui potenzialmente sono esposte persone e beni. Ciò ha determinato l’emersione, accanto alla generale «responsabilità da condotta», di una «responsabilità da accadimento», che sembra trovare ispirazione nell’antico precetto germanico del «wer schaden tut, mus schaden bessern» («chi fa un danno, deve risarcirlo»). In questo senso la regola della responsabilità oggettiva risponde ad un generale principio di equità e giustizia, che vuole il rischio di danni a terzi, inevitabilmente connesso ad un’attività o ad una res, essere sopportato da chi esercita quell’attività o utilizza quella cosa. b) Le eccezioni alla regola generale ex art. 2043 c.c. sono tali e tante che, oggi, appare più estesa l’area della responsabilità oggettiva, di quanto lo sia quella della responsabilità per colpa. Nell’attuale sistema della responsabilità civile, invero, il giudizio sulla colpa e quello sulla illiceità del fatto vengono condotti separatamente: l’eventus damni ha assunto una posizione di primizia, cosı` come la condotta del soggetto agente, svincolata dal profilo soggettivo della voluntas di questi, quale mero strumento, causa o criterio di collegamento tra un individuo chiamato ope legis a rispondere di un fatto ed un certo danno da risarcire. c) «Ubi commoda, ibi incommoda». Non si può`, del resto, negare che l’odierna coscienza sociale avverte fortemente la necessità di addebitare al soggetto che trae vantaggio da una qualche situazione, la responsabilità dei rischi che da essa derivano, a prescindere da ogni sua colpa. Cosı`, chi esercita un’attività pericolosa è chiamato al risarcimento del danno causato, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’eventus damni; analogamente chi ha in custodia una cosa o è proprietario ovvero utilizzatore di un animale, è responsabile dal danno da questi cagionato, salva la prova del fortuito. d) L’art. 2043 c.c. assume carattere residuale, trovando applicazione solo in assenza di altri criteri di imputazione della responsabilità`. Questi altri criteri sono quelli individuati dagli artt. 2050-2054 c.c., ovverosia la custodia, la proprietà o l’utilizzazione di un animale, la proprietà di un edificio, la conduzione e la proprietà di un veicolo, la distribuzione commerciale di un prodotto difettoso. L’interprete dovrà`, pertanto, valutare preventivamente se un certo fatto, causa di un danno ingiusto, possa o meno essere ricondotto ad una delle ipotesi di responsabilità oggettiva; solo in caso di risposta negativa, dovrà procedere oltre per accertare se la condotta dell’autore sia dolosa o colposa ai sensi dell’art. 2043 c.c.

BELLI GUIDO (2011). La responsabilità oggettiva. LA RESPONSABILITÀ CIVILE, 5, 373-379.

La responsabilità oggettiva

BELLI, GUIDO
2011

Abstract

a) Lo sviluppo della società industriale moderna ha considerevolmente aumentato le occasioni di danno cui potenzialmente sono esposte persone e beni. Ciò ha determinato l’emersione, accanto alla generale «responsabilità da condotta», di una «responsabilità da accadimento», che sembra trovare ispirazione nell’antico precetto germanico del «wer schaden tut, mus schaden bessern» («chi fa un danno, deve risarcirlo»). In questo senso la regola della responsabilità oggettiva risponde ad un generale principio di equità e giustizia, che vuole il rischio di danni a terzi, inevitabilmente connesso ad un’attività o ad una res, essere sopportato da chi esercita quell’attività o utilizza quella cosa. b) Le eccezioni alla regola generale ex art. 2043 c.c. sono tali e tante che, oggi, appare più estesa l’area della responsabilità oggettiva, di quanto lo sia quella della responsabilità per colpa. Nell’attuale sistema della responsabilità civile, invero, il giudizio sulla colpa e quello sulla illiceità del fatto vengono condotti separatamente: l’eventus damni ha assunto una posizione di primizia, cosı` come la condotta del soggetto agente, svincolata dal profilo soggettivo della voluntas di questi, quale mero strumento, causa o criterio di collegamento tra un individuo chiamato ope legis a rispondere di un fatto ed un certo danno da risarcire. c) «Ubi commoda, ibi incommoda». Non si può`, del resto, negare che l’odierna coscienza sociale avverte fortemente la necessità di addebitare al soggetto che trae vantaggio da una qualche situazione, la responsabilità dei rischi che da essa derivano, a prescindere da ogni sua colpa. Cosı`, chi esercita un’attività pericolosa è chiamato al risarcimento del danno causato, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’eventus damni; analogamente chi ha in custodia una cosa o è proprietario ovvero utilizzatore di un animale, è responsabile dal danno da questi cagionato, salva la prova del fortuito. d) L’art. 2043 c.c. assume carattere residuale, trovando applicazione solo in assenza di altri criteri di imputazione della responsabilità`. Questi altri criteri sono quelli individuati dagli artt. 2050-2054 c.c., ovverosia la custodia, la proprietà o l’utilizzazione di un animale, la proprietà di un edificio, la conduzione e la proprietà di un veicolo, la distribuzione commerciale di un prodotto difettoso. L’interprete dovrà`, pertanto, valutare preventivamente se un certo fatto, causa di un danno ingiusto, possa o meno essere ricondotto ad una delle ipotesi di responsabilità oggettiva; solo in caso di risposta negativa, dovrà procedere oltre per accertare se la condotta dell’autore sia dolosa o colposa ai sensi dell’art. 2043 c.c.
2011
BELLI GUIDO (2011). La responsabilità oggettiva. LA RESPONSABILITÀ CIVILE, 5, 373-379.
BELLI GUIDO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/151852
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