Terminata in Ungheria l’occupazione ottomana, tra gli studenti e gli intellettuali si divulgò a poco a poco la consuetudine di ritrovarsi al caffè. Negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento i caffè erano ormai diventati un’istituzione di successo, ma erano ancora arredati in maniera semplice e pratica. Dagli anni Ottanta (dopo l’unificazione di Buda, Óbuda e Pest) aumentarono di numero e cominciarono a essere arredati e decorati con lusso, di pari passo con i preparativi dei festeggiamenti del 1896, con cui gli Ungheresi celebrarono il millesimo anniversario del loro stanziamento nel bacino carpatico. Tra i più noti caffè di Budapest sorti all’epoca del Compromesso tra Austria e Ungheria figurano: il caffè Schodl (frequentato dal poeta József Kiss e dallo scrittore Zsigmond Móricz); il caffè Fiume (in cui si recavano il poeta Gyula Reviczky e gli scrittori Béla Tóth e Zoltán Ambrus, oltre che diversi attori teatrali); il caffè Központi (frequentato da scrittori, come Dezső Szabó, da poeti, come Mihály Babits, Dezső Kosztolányi, Árpád Tóth, e da linguisti, archeologi, storici dell’arte e artisti); il New York, ora conosciuto come Caffè Hungaria (in cui si recavano diversi scrittori e poeti, come: Kálmán Mikszáth, Sándor Bródy, Géza Gárdonyi, Jenő Heltai, Ferenc Molnár, Gyula Krúdy, Lajos Nagy, Ernő Szép, Dezső Kosztolányi, Endre Ady, Árpád Tóth); il Japán (la sede preferita di famosi personaggi, come i pittori Pál Szinyei Merse, Károly Kernstok, Jules Pascin, lo storico dell’arte Julius Meier-Graefe, gli scrittori Ferenc Molnár, Lajos Nagy, Jenő Tersánszky, Sándor Hunyadi). La storia degli anni di maggior splendore di quei caffè (vale a dire quelli della cosiddetta belle époque) getta luce sulla trasformazione sociale di Budapest, quando bastava recarsi nei migliori caffè per conoscere scrittori e artisti o altri personaggi di rilievo, ungheresi o stranieri e anche un modesto lavoratore poteva permettersi di trascorrere qualche ora in un ambiente gradevole, in certi casi lussuoso e, al tempo stesso, formativo dal punto di vista dell’informazione. Non dobbiamo dimenticare, però, che i lussuosi caffè erano anche eloquente espressione di uno sviluppo solo di facciata, frutto di un processo storico che avrebbe lasciato incompiute tante aspirazioni degli Ungheresi destinate all’insuccesso, come già previsto da László Arany nel suo romanzo in versi Délibábok hőse (‘Eroe dei miraggi’) del 1872. La dolorosa fine di queste aspirazioni è ben simboleggiata, tra l’altro, dalla triste e conturbante dimensione notturna di Budapest che nel buio si smaschera, illustrata da Endre Ady nella lirica Budapest éjszakája szól (‘Parla la notte di Budapest’). In essa il poeta fa emergere la fantasmagorica confusione dei ruoli dei luoghi di ritrovo della città (compresi i caffè e i teatri), con parole che sembrano gridate come una denuncia.

La vita di caffè a Budapest

CORRADI, CARLA
2013

Abstract

Terminata in Ungheria l’occupazione ottomana, tra gli studenti e gli intellettuali si divulgò a poco a poco la consuetudine di ritrovarsi al caffè. Negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento i caffè erano ormai diventati un’istituzione di successo, ma erano ancora arredati in maniera semplice e pratica. Dagli anni Ottanta (dopo l’unificazione di Buda, Óbuda e Pest) aumentarono di numero e cominciarono a essere arredati e decorati con lusso, di pari passo con i preparativi dei festeggiamenti del 1896, con cui gli Ungheresi celebrarono il millesimo anniversario del loro stanziamento nel bacino carpatico. Tra i più noti caffè di Budapest sorti all’epoca del Compromesso tra Austria e Ungheria figurano: il caffè Schodl (frequentato dal poeta József Kiss e dallo scrittore Zsigmond Móricz); il caffè Fiume (in cui si recavano il poeta Gyula Reviczky e gli scrittori Béla Tóth e Zoltán Ambrus, oltre che diversi attori teatrali); il caffè Központi (frequentato da scrittori, come Dezső Szabó, da poeti, come Mihály Babits, Dezső Kosztolányi, Árpád Tóth, e da linguisti, archeologi, storici dell’arte e artisti); il New York, ora conosciuto come Caffè Hungaria (in cui si recavano diversi scrittori e poeti, come: Kálmán Mikszáth, Sándor Bródy, Géza Gárdonyi, Jenő Heltai, Ferenc Molnár, Gyula Krúdy, Lajos Nagy, Ernő Szép, Dezső Kosztolányi, Endre Ady, Árpád Tóth); il Japán (la sede preferita di famosi personaggi, come i pittori Pál Szinyei Merse, Károly Kernstok, Jules Pascin, lo storico dell’arte Julius Meier-Graefe, gli scrittori Ferenc Molnár, Lajos Nagy, Jenő Tersánszky, Sándor Hunyadi). La storia degli anni di maggior splendore di quei caffè (vale a dire quelli della cosiddetta belle époque) getta luce sulla trasformazione sociale di Budapest, quando bastava recarsi nei migliori caffè per conoscere scrittori e artisti o altri personaggi di rilievo, ungheresi o stranieri e anche un modesto lavoratore poteva permettersi di trascorrere qualche ora in un ambiente gradevole, in certi casi lussuoso e, al tempo stesso, formativo dal punto di vista dell’informazione. Non dobbiamo dimenticare, però, che i lussuosi caffè erano anche eloquente espressione di uno sviluppo solo di facciata, frutto di un processo storico che avrebbe lasciato incompiute tante aspirazioni degli Ungheresi destinate all’insuccesso, come già previsto da László Arany nel suo romanzo in versi Délibábok hőse (‘Eroe dei miraggi’) del 1872. La dolorosa fine di queste aspirazioni è ben simboleggiata, tra l’altro, dalla triste e conturbante dimensione notturna di Budapest che nel buio si smaschera, illustrata da Endre Ady nella lirica Budapest éjszakája szól (‘Parla la notte di Budapest’). In essa il poeta fa emergere la fantasmagorica confusione dei ruoli dei luoghi di ritrovo della città (compresi i caffè e i teatri), con parole che sembrano gridate come una denuncia.
2013
Storia, letteratura, cultura dei popoli del Regno d’Ungheria all’epoca della Monarchia austro-ungarica (1867-1918)
261
273
Carla, Corradi Musi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/147864
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