Stiamo vivendo, e siamo destinati a vivere per molti anni a venire, la peggior crisi economica dai tempi della Grande Depressione. L’Italia è stata relativamente protetta dai disastri della prima fase “bancaria” della crisi per effetto della arretratezza del suo sistema finanziario “che non sa parlare inglese”. Questo ha portato un ingiustificato senso di autocompiacimento che per qualche tempo ha indotto a sostenere che “non-puòsuccedere- qui”. Al contrario, l’Italia è stata duramente colpita dalla terza fase della crisi dei debiti sovrani che ha provocato una recessione economica profonda e prolungata, a causa del suo declino decennale e degli altissimi livelli di debito pubblico. L’impatto sociale della crisi combina quindi le conseguenze delle drastiche misure di austerità imposte alla spesa pubblica e alla tassazione con elevati livelli di disoccupazione e compressione dei salati e delle pensioni. Entrambi questi ordini di effetti aumentano la domanda di protezione sociale proprio nel momento in cui le istituzioni del welfare sono sotto attacco in quanto costituiscono una delle principali fonti di spesa pubblica. Questo si aggiunge agli alti costi umani “diretti” delle crisi economiche, come dimostrano sia le lezioni della storia del New Deal e della implosione della Unione Sovietica sia recenti evidenze empiriche. La risposta in termini di politiche sociali e sanitarie in particolare è stata finora insoddisfacente nel rafforzare la rete di protezione sociale per proteggere la crescente frazione di popolazione vulnerabile e rafforzare la coesione sociale. I motivi principali sono indicati nella “finanziarizzazione” della politiche sanitarie nell’ambito delle inappropriate istituzioni del federalismo sanitario dello Stato e nella ripresa del tema della insostenibilità di un Servizio sanitario nazionale di impianto universalistico ed equitativo sotto la spinta dell’invecchiamento della popolazione.

Sopravvivere alla crisi? Politiche e istituzioni sanitarie in Italia

TARONI, FRANCESCO
2013

Abstract

Stiamo vivendo, e siamo destinati a vivere per molti anni a venire, la peggior crisi economica dai tempi della Grande Depressione. L’Italia è stata relativamente protetta dai disastri della prima fase “bancaria” della crisi per effetto della arretratezza del suo sistema finanziario “che non sa parlare inglese”. Questo ha portato un ingiustificato senso di autocompiacimento che per qualche tempo ha indotto a sostenere che “non-puòsuccedere- qui”. Al contrario, l’Italia è stata duramente colpita dalla terza fase della crisi dei debiti sovrani che ha provocato una recessione economica profonda e prolungata, a causa del suo declino decennale e degli altissimi livelli di debito pubblico. L’impatto sociale della crisi combina quindi le conseguenze delle drastiche misure di austerità imposte alla spesa pubblica e alla tassazione con elevati livelli di disoccupazione e compressione dei salati e delle pensioni. Entrambi questi ordini di effetti aumentano la domanda di protezione sociale proprio nel momento in cui le istituzioni del welfare sono sotto attacco in quanto costituiscono una delle principali fonti di spesa pubblica. Questo si aggiunge agli alti costi umani “diretti” delle crisi economiche, come dimostrano sia le lezioni della storia del New Deal e della implosione della Unione Sovietica sia recenti evidenze empiriche. La risposta in termini di politiche sociali e sanitarie in particolare è stata finora insoddisfacente nel rafforzare la rete di protezione sociale per proteggere la crescente frazione di popolazione vulnerabile e rafforzare la coesione sociale. I motivi principali sono indicati nella “finanziarizzazione” della politiche sanitarie nell’ambito delle inappropriate istituzioni del federalismo sanitario dello Stato e nella ripresa del tema della insostenibilità di un Servizio sanitario nazionale di impianto universalistico ed equitativo sotto la spinta dell’invecchiamento della popolazione.
2013
Taroni F.
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