Il tema dei gruppi d'interesse è tornato in auge anche in Italia sia fra studiosi di scienza politica sia fra quelli di politiche pubbliche. Questa rinnovata attenzione, da un lato può beneficiare di una letteratura ampia e aggiornata, che ha come referenti empirici prioritari gli Usa e l'Ue, da un altro lato sconta la scarsità di studi e di conoscenze aggiornate sul caso italiano. Per ripartire con lo studio sistematico del tema è possibile trarre ispirazione dal lavoro di alcuni studiosi stranieri: analisi e indagine empiriche mirate evidenziano tendenze di attivazione mutevoli nel corso del tempo, l’emergere di nuovi tipi di gruppi d’interesse accanto a quelli tradizionali, la differenziazione e la specializzazione in relazione ad ambiti di policy e issues sul tappeto. Ciò che intendiamo proporre in questo paper è la prima fase di un’analisi più ampia sulla presenza pubblica dei grandi gruppi d’interesse in Italia e sulla lenta emersione di nuovi interessi organizzati, non solo quelli diffusi (consumatori e ambientalisti) , ma anche le associazioni di governi locali, le istituzioni educative, bancarie, o altre ancora. Lo strumento che verrà utilizzato nell’indagine empirica sarà quello della misurazione sia della copertura da parte della stampa sia dell’esposizione mediatica di quasi 30 gruppi d'interesse nazionali, in un arco di tempo che va dal 1992 al 2011, utilizzando gli archivi storici di 5 testate giornalistiche (Sole24ore, Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Italia Oggi). Il primo e grossolano obiettivo è quello di quantificare la presenza di ciascun gruppo in assoluto su base annua ed evidenziarne l’andamento nel tempo; il secondo obiettivo è di verificare se vi siano interessi organizzati nuovi che si vanno affiancando a quelli più tradizionali occupando lo spazio sui media. I quesiti di ricerca sono i seguenti: a) quali gruppi d'interesse settoriali tendono a perdere/guadagnare spazio (i gruppi settoriali rispetto a gruppi d'interesse diffuso, gruppi d'interesse economico rispetto a quelli sociali (pensionati, consumatori, ambientalisti); quanto spazio vanno guadagnando i nuovi gruppi d'interesse del tipo public utilities, autorità locali. Il disegno di ricerca presuppone alcune ipotesi analitiche che sono tratte dalla letteratura straniera e che pongono questo lavoro in prospettiva comparata; esse evidenziano come il contesto politico e istituzionale in cui gruppi d’interesse vecchi e nuovi si trovano ad operare condizioni in parte la loro persistenza (inclusione nei processi decisionali o nella concertazione rappresenta un’importante risorsa) ovvero renda più difficoltosa l’emersione e la visibilità di nuovi gruppi e associazioni (che semmai dovranno cercare altri modi per fare arrivare la propria voce al pubblico e ai policy makers). Anche dal punto di vista metodologico sono necessarie alcune specificazioni; ad esempio, quali sono gli interessi organizzati non tradizionali da rilevare accanto a gruppi imprenditoriali e sindacali: interessi diffusi, interessi economici “specialisti” - tipo ABI e public utilities – interessi istituzionali come autorità locali, scuola, università, chiesa? Quali e quante denominazioni hanno questi interessi organizzati di tipo nuovo? Un lavoro di questo tipo è forse utile anche come cornice generale e punto di partenza per altri studi ed indagini più mirate, sia dal punto di vista delle questioni, delle strategie utilizzate e della capacità di influenzare i processi politico-decisionali.
Renata Lizzi, Andrea Pritoni (2012). La visibilità mediatica dei gruppi d’interesse in Italia nel periodo 1992-2011; ipotesi di partenza e analisi dei dati.
La visibilità mediatica dei gruppi d’interesse in Italia nel periodo 1992-2011; ipotesi di partenza e analisi dei dati
LIZZI, RENATA;PRITONI, ANDREA
2012
Abstract
Il tema dei gruppi d'interesse è tornato in auge anche in Italia sia fra studiosi di scienza politica sia fra quelli di politiche pubbliche. Questa rinnovata attenzione, da un lato può beneficiare di una letteratura ampia e aggiornata, che ha come referenti empirici prioritari gli Usa e l'Ue, da un altro lato sconta la scarsità di studi e di conoscenze aggiornate sul caso italiano. Per ripartire con lo studio sistematico del tema è possibile trarre ispirazione dal lavoro di alcuni studiosi stranieri: analisi e indagine empiriche mirate evidenziano tendenze di attivazione mutevoli nel corso del tempo, l’emergere di nuovi tipi di gruppi d’interesse accanto a quelli tradizionali, la differenziazione e la specializzazione in relazione ad ambiti di policy e issues sul tappeto. Ciò che intendiamo proporre in questo paper è la prima fase di un’analisi più ampia sulla presenza pubblica dei grandi gruppi d’interesse in Italia e sulla lenta emersione di nuovi interessi organizzati, non solo quelli diffusi (consumatori e ambientalisti) , ma anche le associazioni di governi locali, le istituzioni educative, bancarie, o altre ancora. Lo strumento che verrà utilizzato nell’indagine empirica sarà quello della misurazione sia della copertura da parte della stampa sia dell’esposizione mediatica di quasi 30 gruppi d'interesse nazionali, in un arco di tempo che va dal 1992 al 2011, utilizzando gli archivi storici di 5 testate giornalistiche (Sole24ore, Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Italia Oggi). Il primo e grossolano obiettivo è quello di quantificare la presenza di ciascun gruppo in assoluto su base annua ed evidenziarne l’andamento nel tempo; il secondo obiettivo è di verificare se vi siano interessi organizzati nuovi che si vanno affiancando a quelli più tradizionali occupando lo spazio sui media. I quesiti di ricerca sono i seguenti: a) quali gruppi d'interesse settoriali tendono a perdere/guadagnare spazio (i gruppi settoriali rispetto a gruppi d'interesse diffuso, gruppi d'interesse economico rispetto a quelli sociali (pensionati, consumatori, ambientalisti); quanto spazio vanno guadagnando i nuovi gruppi d'interesse del tipo public utilities, autorità locali. Il disegno di ricerca presuppone alcune ipotesi analitiche che sono tratte dalla letteratura straniera e che pongono questo lavoro in prospettiva comparata; esse evidenziano come il contesto politico e istituzionale in cui gruppi d’interesse vecchi e nuovi si trovano ad operare condizioni in parte la loro persistenza (inclusione nei processi decisionali o nella concertazione rappresenta un’importante risorsa) ovvero renda più difficoltosa l’emersione e la visibilità di nuovi gruppi e associazioni (che semmai dovranno cercare altri modi per fare arrivare la propria voce al pubblico e ai policy makers). Anche dal punto di vista metodologico sono necessarie alcune specificazioni; ad esempio, quali sono gli interessi organizzati non tradizionali da rilevare accanto a gruppi imprenditoriali e sindacali: interessi diffusi, interessi economici “specialisti” - tipo ABI e public utilities – interessi istituzionali come autorità locali, scuola, università, chiesa? Quali e quante denominazioni hanno questi interessi organizzati di tipo nuovo? Un lavoro di questo tipo è forse utile anche come cornice generale e punto di partenza per altri studi ed indagini più mirate, sia dal punto di vista delle questioni, delle strategie utilizzate e della capacità di influenzare i processi politico-decisionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.