L’articolata disciplina per la conclusione degli accordi internazionali tra l’Unione europea ed i Paesi terzi, nonché le organizzazioni internazionali, è contemplata agli artt. 218, 219 e 207 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), coinvolgendo tutte le istituzioni del processo legislativo dell’Unione, la Corte di giustizia, e l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Mentre l’art. 219 TFUE è dedicato agli accordi in materia di regime monetario o valutario, e l’art. 207 TFUE indica la procedura da seguirsi per la conclusione degli accordi di politica commerciale comune, l’art. 218 TFUE stabilisce la disciplina di carattere generale, dunque da applicarsi per tutte le politiche dell’Unione, inclusa la Politica estera e di sicurezza comune –rispetto alla quale, comunque, la disposizione in oggetto mantiene un approccio marcatamente intergovernativo, incentrando sull’Alto Rappresentante e sul Consiglio dell’Unione i negoziati e l’approvazione degli accordi PESC. L’art. 218 TFUE si occupa delle diverse fasi della vita di un accordo internazionale, quindi i negoziati, la firma, la conclusione, alcuni aspetti dell’esecuzione, nonché la sospensione degli impegni pattizi sottoscritti dall’Unione europea. Rispetto alla formulazione originaria del Trattato di Roma del 1957, il diritto primario ora dedicato alla procedura degli accordi internazionali è stato notevolmente ampliato, riflettendo la sempre più rilevante ed estesa attività di treaty-maker dell’Unione, nonché l’esigenza di dare risposta a diversi nodi irrisolti di carattere politico-istituzionale: si tratta, in particolare, della necessità di maggiore precisione e trasparenza per il ruolo e le attività delle varie istituzioni europee nella definizione ed esecuzione degli impegni pattizi, anche al fine di garantire una chiara rappresentanza dell’Unione sul piano internazionale; e della doverosità di un maggiore coinvolgimento, per la connotazione democratica delle relazioni esterne, del Parlamento europeo. Pare, quindi, più che opportuno compiere un’analisi della disposizione di diritto primario così significativamente rivista dal Trattato di Lisbona –entrato in vigore il 1 dicembre 2009- per verificarne l’impatto sulla rappresentanza unitaria dell’Unione nelle relazioni internazionali e sulle dinamiche interistituzionali del triangolo decisionale europeo, con particolare riferimento al ruolo del Parlamento europeo

L’Unione europea e la procedura di conclusione degli accordi internazionali dopo il Trattato di Lisbona

BARONCINI, ELISA
2013

Abstract

L’articolata disciplina per la conclusione degli accordi internazionali tra l’Unione europea ed i Paesi terzi, nonché le organizzazioni internazionali, è contemplata agli artt. 218, 219 e 207 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), coinvolgendo tutte le istituzioni del processo legislativo dell’Unione, la Corte di giustizia, e l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Mentre l’art. 219 TFUE è dedicato agli accordi in materia di regime monetario o valutario, e l’art. 207 TFUE indica la procedura da seguirsi per la conclusione degli accordi di politica commerciale comune, l’art. 218 TFUE stabilisce la disciplina di carattere generale, dunque da applicarsi per tutte le politiche dell’Unione, inclusa la Politica estera e di sicurezza comune –rispetto alla quale, comunque, la disposizione in oggetto mantiene un approccio marcatamente intergovernativo, incentrando sull’Alto Rappresentante e sul Consiglio dell’Unione i negoziati e l’approvazione degli accordi PESC. L’art. 218 TFUE si occupa delle diverse fasi della vita di un accordo internazionale, quindi i negoziati, la firma, la conclusione, alcuni aspetti dell’esecuzione, nonché la sospensione degli impegni pattizi sottoscritti dall’Unione europea. Rispetto alla formulazione originaria del Trattato di Roma del 1957, il diritto primario ora dedicato alla procedura degli accordi internazionali è stato notevolmente ampliato, riflettendo la sempre più rilevante ed estesa attività di treaty-maker dell’Unione, nonché l’esigenza di dare risposta a diversi nodi irrisolti di carattere politico-istituzionale: si tratta, in particolare, della necessità di maggiore precisione e trasparenza per il ruolo e le attività delle varie istituzioni europee nella definizione ed esecuzione degli impegni pattizi, anche al fine di garantire una chiara rappresentanza dell’Unione sul piano internazionale; e della doverosità di un maggiore coinvolgimento, per la connotazione democratica delle relazioni esterne, del Parlamento europeo. Pare, quindi, più che opportuno compiere un’analisi della disposizione di diritto primario così significativamente rivista dal Trattato di Lisbona –entrato in vigore il 1 dicembre 2009- per verificarne l’impatto sulla rappresentanza unitaria dell’Unione nelle relazioni internazionali e sulle dinamiche interistituzionali del triangolo decisionale europeo, con particolare riferimento al ruolo del Parlamento europeo
2013
E. Baroncini
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