La città, distrutta, deformata, rinata dalle proprie ceneri, al tempo stesso metafora e nemesi di un sistema e di un potere fatalmente votati a un destino di implosione/esplosione, è senz’altro una delle immagini più potenti, disturbanti e presenti del cinema di animazione giapponese contemporaneo. Da Akira di Katsuhiro Otomo (1988) a Metropolis di Rintaro (2001), per limitarci agli esempi più famosi, la metropoli si costruisce come fulcro della narrazione del fallimento della modernità, lo stesso che ha condannato l’umanità a vivere nel limbo sospeso dell’era post-atomica. Edifici che dovrebbero racchiudere e proteggere le vite degli individui e della comunità, articolare gli spazi del pubblico e del privato, si rivelano inadeguati, ambigui, inospitali, porosi. E il rapporto fra l’uomo e l’architettura urbana si fa incerto, e fragile. La mappa metropolitana di Tokyo – riferimento ossessivamente presente, citazione esplicita o metonimia – si fa ora cartografia di uno spazio simbolico, e in gioco non è solo la distribuzione architettonica delle aree urbane, quanto la rappresentazione iconica del controllo sullo spazio geografico e sulla comunità che lo abita a opera dei meccanismi politici, e la costruzione di nuove gerarchie, valori e poteri.
Scrolavezza, P. (2012). Cartografie della post-apocalissi: rappresentazioni della metropoli post-atomica nel cinema d’animazione giapponese contemporaneo. CINERGIE, 2, 140-147 [10.6092/issn.2280-9481/7460].
Cartografie della post-apocalissi: rappresentazioni della metropoli post-atomica nel cinema d’animazione giapponese contemporaneo
SCROLAVEZZA, PAOLA
2012
Abstract
La città, distrutta, deformata, rinata dalle proprie ceneri, al tempo stesso metafora e nemesi di un sistema e di un potere fatalmente votati a un destino di implosione/esplosione, è senz’altro una delle immagini più potenti, disturbanti e presenti del cinema di animazione giapponese contemporaneo. Da Akira di Katsuhiro Otomo (1988) a Metropolis di Rintaro (2001), per limitarci agli esempi più famosi, la metropoli si costruisce come fulcro della narrazione del fallimento della modernità, lo stesso che ha condannato l’umanità a vivere nel limbo sospeso dell’era post-atomica. Edifici che dovrebbero racchiudere e proteggere le vite degli individui e della comunità, articolare gli spazi del pubblico e del privato, si rivelano inadeguati, ambigui, inospitali, porosi. E il rapporto fra l’uomo e l’architettura urbana si fa incerto, e fragile. La mappa metropolitana di Tokyo – riferimento ossessivamente presente, citazione esplicita o metonimia – si fa ora cartografia di uno spazio simbolico, e in gioco non è solo la distribuzione architettonica delle aree urbane, quanto la rappresentazione iconica del controllo sullo spazio geografico e sulla comunità che lo abita a opera dei meccanismi politici, e la costruzione di nuove gerarchie, valori e poteri.| File | Dimensione | Formato | |
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