Introduzione. Il ruolo degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nel ridurre la mortalità e la morbilità nei pazienti con scompenso cardiaco (SC) e disfunzione ventricolare sinistra è stato ampiamente convalidato da numerosi studi randomizzati con evidenze di riduzione rispettivamente del 25% e del 35% di mortalità e ri-ospedalizzazione. Anche se, sulla base delle evidenze in possesso, ramipril è considerato il gold standard di questa classe di farmaci, bisogna considerare che esistono differenze tra i numerosi ACE-inibitori attualmente in commercio. Obiettivi: valutare l’impatto di ramipril e zofenopril sulla mortalità cardiovascolare nei pazienti con SC nella pratica clinica. Metodi. Sono stati arruolati prospetticamente 224 pazienti caucasici afferenti per la prima volta all’ambulatorio per la cura dello scompenso cardiaco del Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche dell’Università degli Studi di Bologna da gennaio 2005 a dicembre 2010. Sono stati inclusi tutti i pazienti con età compresa tra 40 e 90 anni, con prima diagnosi di SC (Classe NYHA I-III) in trattamento con ACE-inibitore o sartano da almeno 6 mesi. Risultati: dei pazienti valutati, 102 erano in trattamento con zofenopril (M=64.7%) e con ramipril (M=60.4%). Sono stati seguiti per almeno 4 mesi sino alla comparsa dell’exitus od al termine dello studio. Durante il follow-up si sono osservate 46 morti nel gruppo zofenopril e 48 in quello ramipril (p=0.251). Nel modello di regressione di Cox, gli Ace-inibitori non si sono mostrati un fattore predittivo significativo di eventi cardiovascolari e sia zofenopril che ramipril sono stati equivalenti nei confronti dell’impatto sulla mortalità CV in tutto il campione. Gli unici predittori di mortalità significativi tra le variabili considerate sono stati l’età (OR 1.08. 95% IC 1.03-1.07). Considerando come cut-off i 76 anni (OR 0.56, 95% CI 0.35-0.91) ma non in quelli più giovani (OR 1.38, 95% CI 0.34-5.61). Medesimo risultato è stato osservato per il sesso maschile (OR 0.57, 85% CI 0.30-0.98), ma non per quello femminile (OR 0.66, 95% IC 0.30.1.46), Inoltre, considerando una frazione di eiezione (FE) del 54% come cut-off, il trattamento ocn zofenopril si è dimostrato un fattore predittore positivo nei pazienti con FE inferiore (OR o.52, 95%CI 0.26-0.97). Conclusioni. Nella pratica clinica ramipril e zofenopril sembrano avere il medesimo effetto sulla mortalità CV. Tuttavia, i nostri dati suggeriscono che zofenopril potrebbe essere più efficace nei pazienti anziani, nei maschi e nei pazienti con bassa FE, ma ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati.
Cosentino E.R., Rinaldi E.R., Degli Esposti D., Bacchelli S., Veronesi M., Cicero AF, et al. (2012). Ruolo delle statine sulla mortalità in pazienti affetti da insufficienza cardiaca. IPERTENSIONE E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE, 19(3), 159-159.
Ruolo delle statine sulla mortalità in pazienti affetti da insufficienza cardiaca.
COSENTINO, EUGENIO ROBERTO;DEGLI ESPOSTI, DANIELA;BACCHELLI, STEFANO;VERONESI, MADDALENA;CICERO, ARRIGO FRANCESCO GIUSEPPE;BORGHI, CLAUDIO
2012
Abstract
Introduzione. Il ruolo degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nel ridurre la mortalità e la morbilità nei pazienti con scompenso cardiaco (SC) e disfunzione ventricolare sinistra è stato ampiamente convalidato da numerosi studi randomizzati con evidenze di riduzione rispettivamente del 25% e del 35% di mortalità e ri-ospedalizzazione. Anche se, sulla base delle evidenze in possesso, ramipril è considerato il gold standard di questa classe di farmaci, bisogna considerare che esistono differenze tra i numerosi ACE-inibitori attualmente in commercio. Obiettivi: valutare l’impatto di ramipril e zofenopril sulla mortalità cardiovascolare nei pazienti con SC nella pratica clinica. Metodi. Sono stati arruolati prospetticamente 224 pazienti caucasici afferenti per la prima volta all’ambulatorio per la cura dello scompenso cardiaco del Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche dell’Università degli Studi di Bologna da gennaio 2005 a dicembre 2010. Sono stati inclusi tutti i pazienti con età compresa tra 40 e 90 anni, con prima diagnosi di SC (Classe NYHA I-III) in trattamento con ACE-inibitore o sartano da almeno 6 mesi. Risultati: dei pazienti valutati, 102 erano in trattamento con zofenopril (M=64.7%) e con ramipril (M=60.4%). Sono stati seguiti per almeno 4 mesi sino alla comparsa dell’exitus od al termine dello studio. Durante il follow-up si sono osservate 46 morti nel gruppo zofenopril e 48 in quello ramipril (p=0.251). Nel modello di regressione di Cox, gli Ace-inibitori non si sono mostrati un fattore predittivo significativo di eventi cardiovascolari e sia zofenopril che ramipril sono stati equivalenti nei confronti dell’impatto sulla mortalità CV in tutto il campione. Gli unici predittori di mortalità significativi tra le variabili considerate sono stati l’età (OR 1.08. 95% IC 1.03-1.07). Considerando come cut-off i 76 anni (OR 0.56, 95% CI 0.35-0.91) ma non in quelli più giovani (OR 1.38, 95% CI 0.34-5.61). Medesimo risultato è stato osservato per il sesso maschile (OR 0.57, 85% CI 0.30-0.98), ma non per quello femminile (OR 0.66, 95% IC 0.30.1.46), Inoltre, considerando una frazione di eiezione (FE) del 54% come cut-off, il trattamento ocn zofenopril si è dimostrato un fattore predittore positivo nei pazienti con FE inferiore (OR o.52, 95%CI 0.26-0.97). Conclusioni. Nella pratica clinica ramipril e zofenopril sembrano avere il medesimo effetto sulla mortalità CV. Tuttavia, i nostri dati suggeriscono che zofenopril potrebbe essere più efficace nei pazienti anziani, nei maschi e nei pazienti con bassa FE, ma ulteriori studi sono necessari per confermare questi risultati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.